G20, il futuro fa paura a tutti

A Cannes i problemi in gioco sembrano essere soprattutto europei. In realtà riguardano tutti, anche Stati Uniti e Cina. Serve un compromesso tra la ricetta tedesca e quella di Obama.

L'ormai celebre "spread" sui "Bund" tedeschi

03/11/2011


Se il Bund riconosce tassi del 3%, uno spread di 400 punti significa tassi del 7%, cioè superiori di 4 punti percentuali. Attualmente il tasso greco ha uno spread di circa 2600 punti, quello portoghese di mille, quello irlandese intorno a 660. Quello italiano ha superato il 450 e lo spagnolo è sceso al 375. Si tratta di tassi di interesse piuttosto elevati rispetto alle medie del mercato finanziario. Più alto è il rischio che un paese possa non pagare il debito e più alto è l'interesse che i finanziatori vogliono riconosciuto, per 'pagare' quel rischio.

Apparentemente gli operatori si sono fatti pagare il rischio di insolvenza chiedendo tassi di interesse sempre maggiori. In realtà l'impressione è che sia avvenuto un gioco speculativo alle spalle delle finanze pubbliche europee. Non sono stati i risparmiatori ad acquistare i titoli rischiosi, bensì gli operatori professionali, contando sul fatto che prima o poi l'Europa sarebbe intervenuta. L'Europa infatti non vuole né può permettersi il fallimento dell'euro. Non solo, i fondamentali economici non sono cosi negativi da giustificare un crollo, né la dimensione della Grecia è tale da determinare davvero un pericolo. Non per nulla l'Euro ha continuato a tenere alto il suo valore di cambio con il dollaro e le altre valute. Non c'è un vero timore di tenuta europea. Piuttosto c'è un gioco speculativo in cui gli operatori inducono cadute dei valori di borsa, con operazioni di vendita particolarmente pubblicizzate. Queste inducono nei cosiddetti followers (coloro che 'seguono', imitando il comportamento dei leader del mercato) a ulteriori vendite, che amplificano i ribassi. E' opportuno chiedersi a chi vendono i followers. Nella maggior parte dei casi vendono a quegli stessi operatori che hanno avviato le prime vendite per indurre i ribassi. Questi ora acquistano a basso prezzo, contando di vendere quando le borse riprendano, magari inducendo essi stessi, annunciando nuovi acquisti, i rialzi. Questo è quanto avvenuto tra il 1 e il 2 novembre. E' stato indotto un trend di vendita che ha fatto crollare gli indici e il giorno successivo i valori sono stati fatti risalire e sono stati venduti i titoli acquistati il giorno prima a prezzi stracciati. Analoga spregiudicatezza si consuma intorno ai titoli pubblici. Gli speculatori acquistano i titoli apparentemente rischiosi sapendo bene che l'Europa prima o poi interverrà.


Il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria

Di intervento europeo si parla dal novembre 2009. Solo durante gli ultimi mesi si è raggiunto un consenso per la creazione del Fondo europeo di stabilità finanziaria. Il Fondo ha ora raccolto circa 250 miliardi e ne dovrebbe ricevere dagli stati europei altri 200, più altri contributi internazionali che lo porteranno ad un valore intorno ai mille miliardi. Le risorse del Fondo permetteranno di pagare i titoli dei paesi in difficoltà. Le esitazioni dei leader, soprattutto quelle della Cancelliera tedesca, in ultima analisi hanno fatto si che il costo di un meccanismo istituzionale di sicurezza finanziaria europea sia decuplicato rispetto al costo necessario per intervenire el 2009 o nei primi mesi del 2010. Come abbiamo visto, inoltre, queste risorse sono un regalo agli speculatori che hanno lucidamente giocato sul fatto che nessuno in Europa pensa seriamente alla chiusura dell'euro o all'uscita di un paese dal suo sistema valutario. Intervenire subito avrebbe richiesto meno risorse e avrebbe strozzato il gioco degli speculatori, legittimato proprio dalle esitazioni dei leader: “se i governi non trovano l'accordo significa che la situazione è grave, e gli interessi devono pagare l'alto rischio...”

Riccardo Moro
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