L'Africa che spera 4-Il Ruanda rinasce

Il Paese delle mille colline dopo il genocidio è ripartito da zero. Resta molta povertà, ma sugli Obiettivi del Millennio ha fatto passi da gigante. E con le donne "in prima linea".

Donne in prima linea

18/09/2010
Alcuni bambini della Garderie, l'asilo-doposcuola realizzato per i figli delle lavoratrici di Amizero, insieme alla volontaria di Amici dei Popoli Francesca Stanchina.
Alcuni bambini della Garderie, l'asilo-doposcuola realizzato per i figli delle lavoratrici di Amizero, insieme alla volontaria di Amici dei Popoli Francesca Stanchina.

Kigali, Ruanda

Le donne, nel Parlamento ruandese, sono oltre il 56 per cento. La percentuale più alta del mondo. Per molti versi, la politica e l’economia ruandese sono “al femminile”.

   All’inizio, subito dopo il genocidio, la crescente intraprendenza femminile è stata una sorta di necessità: erano stati uccisi molti più uomini che donne, durante la guerra civile, e il Paese quindi aveva un forte squilibrio quantitativo tra i due generi. Ma di questo il Ruanda ha fatto di necessità virtù: oggi la donna ruandese ha una forte capacità di inserimento nel mondo del lavoro e un’accentuata intraprendenza.

   Un esempio? Amizero. Una rete di cooperative di lavoro – e non solo – fatta tutta di donne e sparsa per tutto il Paese. Amizero significa speranza, in lingua kinyaruanda, e la storia di queste lavoratrici è emblematica: «Amizero è nata prima del genocidio del 1994», dice Winnie Mukamugenga, coordinatrice dell’associazione. «Durante i massacri tre quarti delle donne che ne facevano parte sono state uccise. Ritornata la pace abbiamo deciso di ricominciare. Oggi, siamo 44. Non siamo solo una cooperativa di lavoro. Facciamo anche attività di prevenzione contro l’Aids e sostegno alimentare per i bambini che ne hanno bisogno».

   Le donne di Amizero fanno lavori diversi, prevalentemente in agricoltura. Ma non tutti. Ad esempio, uno dei gruppi di Kigali, chiamato Rugenge, si occupa di riciclaggio di rifiuti. Il loro lavoro è in discarica. Vanno tra le montagne di spazzatura di Kigali, raccolgono materiale bucce di banana, scarti legnosi, vegetali. Poi, conferiscono tutto ciò che hanno messo insieme nel piccolo stabilimento, dove avviene il processo di essiccazione e di produzione di una sorta di polpette combustibili, attraverso alcuni semplici macchinari.

   La giusta miscelazione dei componenti per ottenere un buon combustibile vegetale è stata studiata da Ingegneri senza frontiere-Belgio, che hanno offerto la loro assistenza tecnica. Gli altri forti sostegni alla cooperativa delle donne ruandesi sono italiani: un primo aiuto viene dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha fornito alcuni giochi e strutture e fa sostegno a distanza per molti dei piccoli.

   Una seconda collaborazione è quella di Amici dei Popoli, Ong bolognese, storica presenza di cooperazione in Ruanda fin dal 1978. Le lavoratrici avevano un grosso problema. Molte di loro avevano bambini che non sapevano a chi lasciare: la discarica non è esattamente un luogo salubre. Così, insieme all’organismo non governativo italiano è stata ideata la Garderie, cioè un asilo-doposcuola dove i più piccoli stanno durante il giorno, accuditi da tre “maman”, una insegnante e una volontaria della Ong, e i più grandi si recano dopo aver frequentato la scuola.

   «All’inizio andavano in discarica con i piccoli sulla schiena», racconta Eleonora Sceusa, cooperante a Kigali di Amici dei Popoli. «Finalmente, nel 2005 siamo riusciti a realizzare la Garderie. Ogni giorno è frequentata da 150 bambini, di cui un centinaio in età prescolare e una cinquantina più grandicelli. Ora l’asilo-doposcuola accoglie anche bambini che non sono figli delle lavoratrici della discarica, ma anche altri, provenienti in prevalenza da famiglie povere».

   A breve l’associazione farà un altro passo importante: sta per partire la costruzione del centro polifunzionale, che diverrà sede dell’associazione, centro per le diverse attività e riunioni, e sede più grande e moderna della Garderie.

Luciano Scalettari
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