24/04/2013
Enrico Letta al Quirinale (Reuters).
I politologi ci spiegheranno perché e percome, e in che senso e cosa c'è dietro. Al banale cittadino pare che nella scelta di Enrico Letta quale premier incaricato, rispetto all'altro nome che si faceva, quello di Giuliano Amato, possa aver pesato, oltre alla sostanza, anche l'immagine, quel venticello di novità che porta con sé la decisione di scegliere un uomo di 47 anni (Letta) invece che uno di 75 (Amato), un uomo relativamente nuovo rispetto a un uomo relativamente vecchio, nel senso almeno delle alte cariche e dei posti di responsabilità.
Tutto vero, ma tutto anche molto italiano. Perché solo da noi, e per le ragioni che tante volte abbiamo analizzato, un uomo di 46 anni è considerato un "giovane". In tutto il resto del mondo, a quell'età sei una persona matura. Se sei in carriera (politica, spettacolo, affari, non c'è differenza), a 46 anni hai dimostrato quel che vali e stai in alto, se no hai già perso il treno.
Qualche esempio. Barack Obama è nato nel 1961; è diventato senatore (negli Usa ce ne sono 100 in tutto) nel 1997, quindi all'età di 36 anni; Presidente per la prima volta nel 2008, quindi a 47 anni; e Presidente per la seconda volta nel 2012, quindi a 51 anni.
Ma si sa, gli Usa sono un Paese veloce, a vent'anni con l'idea giusta sei miliardario, non possiamo paragonare. Prendiamo la Francia. Sarkozy, nato nel 1955, fu ministro per la prima volta nel 1993, quindi a 38 anni; e Presidente nel 2007, a 55 anni. In Gran Bretagna, l'attuale premier David Cameron, classe 1966 come Letta, divenne leader dei conservatori a 39 anni e primo ministro cinque anni dopo, nel 2010, a 44 anni. Precoce poco meno di un altro grande leader conservatore, Anthony Eden, che negli anni Trenta fu deputato a 26 anni, ministro a 37 e premier a 58. Tra i laburisti, Tony Blair (classe 1953) fu primo ministro a 46 anni, dopo essere stato eletto deputato nel 1983, cioè a 30 anni.
Insomma, ciò che da noi fa eccezione e, anzi, testimonia di una situazione eccezionale per cui occorre prendere provvedimenti nuovi e un po' clamorosi, altrove è la norma, per non dire la routine. Solo in Italia scambiamo per giovani coloro che non lo sono (più) e che comunque meritano di essere considerati per ciò che sono. Soprattutto quando, com'è il caso di Letta, hanno già un brillante avvenire dietro le spalle, nel senso che non solo non sono nati ieri ma non hanno cominciato ieri a fare politica: Letta è sulla scena da un pezzo, è stato ministro per la prima volta nel 1998 (a 32 anni, il più giovane nella storia della Repubblica) e ha avuto incarichi importanti anche dentro il suo partito.
Per cui non può essere considerato, oggi, un giovane. Al massimo un giovane vecchio. I giovani, in Italia, per lo più emigrano o fanno i disoccupati, mica salgono al Quirinale.
Fulvio Scaglione