Caro figlio ti scrivo

Un diario come quelli che andava di moda tenere una volta. Una mamma impegnata in un progetto di sviluppo ad Haiti. Un adolescente che chiede solo di sapere

L'arrivo

28/02/2013

L. è partita a fine gennaio per seguire da vicino i progressi dei progetti della ong ProgettoMondo Mlal ad Haiti. Suo figlio adolescente è rimasto a casa, in Italia, con il papà. Il diario che segue è il regalo più grande che questa mamma poteva scegliere di condividere con lui. Un modo sincero per tenerlo "agganciato" alla realtà di un popolo che vive ancora profondamente lo smarrimento e il dolore per il terremoto che il 12 gennaio 2010 ha messo in ginocchio uno dei Paesi più poveri del pianeta. Quello che segue è il suo racconto.

Ouanaminthe, 2 febbraio 2013 

Ciao! Finalmente stasera ho una camera vera, tutta per me. Ugualmente dal rubinetto non esce acqua e la doccia domattina sarà sempre fredda, ma già mi sento a mio agio in questo Paese del Centroamerica più africano dell'Africa nera. In fondo non sono passati nemmeno duecento anni da quando in quest’isola trovarono rifugio e scampo gli schiavi sfuggiti alle navi negriere... 

... Un territorio impervio per gente che non aveva più niente da perdere. Ancora oggi nella popolazione si riconoscono tratti somatici di tutti i Paesi africani. Non una razza, dunque, ma una colonia di schiavi. Schiavi ieri, e impertinenti e dispettosi oggi nei confronti di chiunque tenti di assoggettarli, dominarli, cambiarli, salvarli: te lo dicono loro stessi con lo sguardo fiero, te lo confermano con il fisico della resistenza e della forza, qualità selezionate accuratamente dai mercanti di schiavi di un tempo... 

... Oggi pomeriggio siamo arrivati a nordovest. A Ouanaminthe, 20 km da Cap Haitienne. Da qui si vede il mare, l'oceano atlantico. Siamo in una frenetica cittadina di frontiera con la Dominicana. La vedo dalla finestra del mio bagno e domani la raggiungerò a piedi, attraversando il ponte che collega questi due paesi così diversi...

... Qui, a differenza dell’altipiano centrale dell’Artibonite, la natura appare benigna. Rispetto alla polverosa Hinche, qui predominano i verdi, e l'aria azzurrina è quasi frizzante, quasi sentisse il mare, l'avventura, la libertà. Invece, fino a ieri, tutto mi appariva predestinato. Un'atmosfera al rallenty con un esercito di rassegnati come protagonisti...

... Stasera ho anche mangiato senza il disgusto dei giorni scorsi. Un banale polletto in salsa ma che mi è sembrato una squisitezza dopo il capretto in umido dei giorni scorsi. Giù ad Hinche la gente mangia per sopravvivere. Abbiamo fatto le riprese nel cortile di una famiglia a ora di pranzo: si cucinava e poi mangiavano 8 bambini dagli 0 agli 10 anni avventati su un paio di scodelle di riso. C’era un'atmosfera irreale di silenzio famelico. I bambini facevano a turno con un cucchiaio e soltanto alla fine si è avvicinato il più grandicello che ha raschiato la pentola. Non avrà mangiato più di 2 cucchiate di riso. La scena che ho seguito con il cuore stretto per una lunga mezz’ora non aveva niente a che fare con un’occasione conviviale o con i rituali di altre latitudini, qui si trattava di una pura faccenda fisiologica e noi eravamo dei guardoni...  

... Più tardi, al mercato di Jakob, ho visto una donna comprare un quadratino di pane: lo ha accarezzato distratta e assaggiato, per poi riporlo in un pezzetto di carta e infilarlo rapida nella borsetta. Come se avesse comprato un chilo di filetto. Aveva uno sguardo dolce da mamma... 

... Ad Haiti non si muore di fame ma la relazione degli haitiani con il cibo ha più implicazioni. Ad esempio, per strada, nella spiccia richiesta di cibo - che, gestualmente, a te straniera rappresentano indicandosi ripetutamente la gola - sembrano associare in realtà un’idea generale di rivendicazione. Come ad accusarci: soltanto la fame vi smuove!...

... Gli haitiani sono generalmente belli. Sguardi dritti, intensi, che nell'obiettivo diventano tristi. Non si mangia né bene né abbastanza. Semplicemente, in tanti secoli di povertà, dominio, occupazione, non hanno costruito il vanto di una propria cucina...

... Stanotte sono stata svegliata alle 4 da un canto proveniente dai campi di cotone. Un coro a onde che ha condotto i miei pensieri al tempo degli schiavi. E in effetti ho riflettuto sul fatto che in meno di 200 anni sono vissute appena 4 generazioni: quindi, quei giorni, non sono ancora e forse non lo saranno mai davvero alle spalle... 

... Qui, sulla frontiera con la Dominicana, l'aria che si respira è quella dell'emergenza, della sopravvivenza. Haitiani e domenicani vanno e vengono sul ponte carichi di ogni cosa. Trascinano o spingono pesantissimi carri carichi di sacchi e caschi di banane, a ogni età portano altissime pile di cesti sulla testa, corrono con cariole riempite all’inverosimile di gabbie, bidoni, mobili, casse. Camminano veloce per farsi strada nella ressa e percorrere più viaggi in un giorno: la frontiera chiude alle 5... 

... Ma l’itinerario del cibo ha una sola direzione: dalla Domenicana ad Haiti. Da Haiti non esce niente, se non uomini, donne, bambini con mani e contenitori vuoti. Scappo. Ti penso! Mami...

Alberto Picci
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