04
lug

Goccia di pioggia a forma di pagnotta

La forma di una goccia di pioggia assomiglia ad una pagnotta.
La forma di una goccia di pioggia assomiglia ad una pagnotta.

I più sono convinti che una goccia di pioggia abbiano una forma più o meno allungata simile ad una mini-pera o ad una lacrima sul viso. In effetti siamo abituati a vederla così rappresentata nei testi di meteorologia, nei libri scolastici, nei manifesti e nei cartelloni pubblicitari, confortati per di più dal fatto che tale è in effetti la forma della goccia di goccia che, sotto i nostri occhi, scivola lentamente verso il basso sul vetro della finestra di casa o sul parabrezza dell’auto. In realtà le cose non stanno proprio così.

Infatti gli scienziati, attraverso l’impiego di macchine fotografe molto sofisticate hanno scoperto che le gocce di pioggia, mentre sono in libera caduta nell’aria, non hanno, come spesso siamo soliti visualizzarla, l’aspetto di una lacrima, bensì la forma di una mini-pagnotta con superficie quasi piatta nella parte rivolta verso il basso. Insomma la goccia sarebbe schiacciata nella sparte inferiore, quella che, nella caduta, avanza verso il suolo. Strano ? Non troppo. Infatti durante la sua caduta, a velocità intorno 3-6 metri al secondo, la goccia viene frenata e contrastata dalla resistenza dell’aria la quale appunto tende a conferirle la tipica forma schiacciata nella parte più avanzata nel senso del moto.

Pubblicato il 04 luglio 2011 - Commenti (0)
21
giu

Organizzazioni meteorologiche internazionali

World Meteorological Organization.
World Meteorological Organization.

Le previsioni del tempo richiedono l’integrazione di tutti i dati meteorologici raccolti sia dalle reti di osservazione dei servizi nazionali sia dai satelliti dedicati. Tutti i dati vengono poi immessi nei complessi modelli fisico-matematici che simulano l’evoluzione del tempo e permettono di ricavare le previsioni meteorologiche. Questo lavoro di sintesi dei dati viene fatto da organizzazioni meteorologiche internazionali. La più importante è l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, o WMO (‘World Meteorological Organization’) che conta 188 Paesi membri e ha sede a Ginevra. La WMO è un’agenzia specializzata dell’ONU che.coordina e stardadizza la raccolta di dati relativi a tutto il nostro Pianeta.

A livello europeo, invece, ci sono tre diverse organizzazioni meteorologiche internazionali: EUMETNET, EUMETSAT e ECMWF. L’EUMETNET (‘EUropean METeorological NETwork’) ha sede a Bruxelles, in Belgio ed è una rete di 24 servizi meteorologici nazionali europei che promuove la cooperazione in ambiti come i sistemi di osservazione, la gestione dei dati e i prodotti di base per le previsioni. EUMETSAT (‘EUropean organisation for the exploitation of METeorological SATellites’), con sede a Darmstadt, in Germania, ha come obiettivo la realizzazione, la manutenzione e lo sfruttamento del sistema europeo di satelliti meteorologici.

È quindi responsabile del lancio e dell’operatività dei satelliti (per esempio delle diverse generazioni di satelliti Meteosat) e della distribuzione agli utenti finali dei dati ottenuti dagli strumenti a bordo. L’ECMWF, o CEPMMT (‘Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine’), infine, con sede a Reading, in Inghilterra, è un organizzazione internazionale supportata da 31 Stati europei – Italia compresa - che fornisce previsioni a medio e lungo termine (modello fisico-matematico ECMWF) elaborate dai più avanzati supercomputer oggi disponibili, fruibili anche per la ricerca scientifica in ambito meteorologico. Sull’altra sponda dell’Atlantico, invece, l’organizzazione più importante è la NOAA (‘National Oceanic and Atmospheric Administration’),l’agenzia USA che tiene sotto controllo le condizioni ambientali, climatiche e meteorologiche negli Stati Uniti e anche del resto del mondo. Elabora un modello fisco-matematico a scala mondiale (GFS).

Pubblicato il 21 giugno 2011 - Commenti (0)
20
giu

Anticiclone nord africano? No, grazie!

L'anticiclone delle Azzorre in arrivo sui Paesi europei.
L'anticiclone delle Azzorre in arrivo sui Paesi europei.

Curisando

In Italia tutte le ondate di caldo estive sono provocate dall’espansione verso la penisola dall’alta pressione che nella stagione calda è solita occupare il Nord Africa.
Perché? Ebbene, in primis, la serenità del cielo tipica delle alte pressioni favorisce una forte insolazione; inoltre nelle alte pressioni vi sono lenti moti discendenti i quali impediscono al calore e al vapore emanati dal suolo di diluirsi verso l’alto. Di conseguenza, finché c’è l’alta pressione, calore e vapore restano intrappolati in prossimità del suolo in un sottile strato atmosferico, facendo in tal modo aumentare, giorno dopo giorno, la temperatura e l’umidità, fino a sconfinare prima o poi in un insopportabile caldo afoso. Per di più nelle alte pressioni i venti sono deboli o assenti e pertanto il calore accumulato al suolo non viene diluito nemmeno orizzontalmente, un motivo in più perché le temperature raggiungano valori elevate.

Infine nelle alte pressioni Nord africane i venti a quote oltre 1000-2000 metri sospingono sull’Italia aria già inizialmente molto calda di origine sahariana, la quale poi, nei lenti moti discendenti, si surriscalda ulteriormente per compressione, contribuendo così ad aumentare ancor più la già elevata temperatura al suolo. In estate è preferibile invece l’anticiclone della Azzorre perché sospinge sull’Italia aria fresca atlantica la quale quindi nella fase di compressione, pur riscaldandosi, non diviene però mai così rovente come quella Nord africana.

Pubblicato il 20 giugno 2011 - Commenti (0)
13
giu

Perché la notte è buia

Il cielo di notte.
Il cielo di notte.

Curiosando

La risposta sembrerebbe a prima vista ovvia: è buia perché non c’è la luce del sole. Risposta corretta ma non sufficiente poiché il buio della notte non è solo una questione di Sole ma soprattutto di stelle. Andiamo con ordine. Newton, immaginò un cosmo infinito e quindi con un numero di stelle infinito.
La teoria di Newton portò al cosiddetto Paradosso di Olbers. E’ noto che la  luce cala con il quadrato della distanza dalla sorgente ovvero se la distanza raddoppia, la luminosità cala di quattro volte. Se lo spazio fosse infinito (stelle in numero infinito) e omogeneo ( densità di stelle costante) allora il loro numero crescerà con il volume di spazio sferico considerato ovvero con la terza potenza della distanza.

Insomma se raddoppia la distanza, il volume, nonché il numero di stelle, cresce di otto volte. Mettiamo ora insieme i due concetti: con la distanza la luce delle stelle cala secondo una certa legge però il loro numero cresce ancor di più con un’altra legge cosicché la loro luminosità globale dovrebbe crescere proporzionalmente alla distanza.
Pertanto in un universo infinito anche la luminosità deve essere infinita e di conseguenza di notte il cielo dovrebbe luminoso.
Questo il paradosso di Olbers, dato che sappiamo che la notte è buia. Dove l’errore? Gli errori sono due:


1. l’Universo non è infinito e quindi contiene un numero limitato di stelle.
2. L’universo non è immobile. Nel 1929 Hubble scopre infatti che le galassie dell’universo si allontanano con velocità proporzionale alla distanza, fino ad un limite oltre il quale si allontanano alla velocità della luce, e non possiamo quindi vederle.
Insomma in un universo finito ed in espansione il numero di stelle non è infinito bensì diminuisce con la distanza di più dell’affievolimento della luce.

Pubblicato il 13 giugno 2011 - Commenti (0)
09
giu

La cicatrice lasciata dal tornado

Hai visto mai

Spesso risulta difficile comprendere appieno la forza e il potere devastante dei fenomeni atmosferici più violenti, ma in alcune occasioni, soprattutto grazie alle foto provenienti dai satelliti in orbita attorno alla Terra, si riescono a ottenere immagini in grado di mostrare chiaramente quanto possano essere distruttivi certi eventi.
E’ ciò di cui ad esempio ci si può rendere conto attraverso l’immagine qui sopra che, scattata domenica 5 giugno dal satellite Landsat-5 della NASA, ritrae la regione del Massachusetts (stato nordorientale degli USA) nei pressi delle cittadine di Sturbridge e Southbridge: anche dallo spazio difatti risulta evidente la scia (di colore marrone) di totale devastazione lasciata da un violento tornado che pochi giorni prima ha attraversato la regione e che fortunatamente ha solo sfiorato i due centri urbani.

Responsabile della cicatrice lunga circa 63 chilometri lasciata sul territorio del Massachusetts è difatti un tornado di categoria EF3 (cioè una enorme e potente tromba d’aria accompagnato da venti che soffiano a intensità comprese fra 219 e 266 chilometri orari) che lo scorso primo di giugno nella sua inesorabile avanzata ha causato anche due vittime e il ferimento di alcune decine di persone. I tornado così intensi nel New England sono decisamente rari ma non eccezionali, come dimostrato dal fatto che uno dei più letali della Storia americana abbia colpito proprio questo stato: il 9 giugno del 1953 difatti un devastante tornado investì la città di Worcester con venti che soffiavano a più di 340 chilometri orari, uccidendo ben 94 persone.

Pubblicato il 09 giugno 2011 - Commenti (0)
08
giu

Come difendersi da fulmini

Clima e salute

La tarda primavera e l’estate sono, in Italia, la stagione dei temporali e del loro braccio armato, i fulmini. Ecco allora alcuni consigli per difendersi dal temibile fenomeno:
  • Regola del 30-30: se tra i lampo e il tuono passano 30 secondi o meno, è essenziale cercare un riparo al chiuso.
  • Restare nel riparo fino a 20-30 minuti dopo l’ultimo tuono;
  • Potete stabilire la distanza del temporale, in metri, moltiplicando 330 per il numero dei secondi intercorsi tra visione del lampo e l’arrivo del tuono. Il fulmine può colpire già quando il temporale è a 10 km di distanza o meno;
  • Interrompete eventuali sport all’aperto che coinvolgano attrezzi con parti metalliche (ciclismo, nautica, golf, scalate, pesca);
  • Non tuffatevi in acqua (nemmeno in piscina) perché l’acqua, ottimo conduttore elettrico, propaga facilmente i fulmini che cadano vicino;
  • Non riparatevi sotto gli alberi isolati ma va bene, invece, un fitto bosco perché è molto improbabile che tra 1000 o più alberi il fulmine cada proprio su quello sotto il quale vi siete riparati;
  • Non sostate vicino a corpi appuntiti (campanili, torri, spuntoni rocciosi, ombrelli con la punta metallica) perché prediletti dai fulmini;
  • Nel terreno scoperto accovacciatevi negli affossamenti; un anfratto o una grotta sono ripari ideali, purché non si tocchi la nuda roccia;
  • State alla larga da strutture metalliche (piloni, croci e strade ferrate);
  • Toglietevi di mano o da addosso gli oggetti metallici e anche le scarpe se con parti metalliche;
  • L’auto ripara dai fulmini purché non si tocchi la carrozzeria, se metallica;
  • Non usate il telefono a fili perché il fulmine può propagarsi anche lungo le linee telefoniche;
  • Staccate il cavo TV perché le scariche elettriche possono entrare nel televisore attraverso l’antenna, provocando l’esplosione del cinescopio e conseguenti danni alle persone e sviluppo di incendio. Questo è un evento abbastanza frequente;
  • Non toccate i rubinetti dell’acqua né entrate nella doccia o nella vasca da bagno perché i fulmini si propagano anche attraverso le condutture metalliche.

Pubblicato il 08 giugno 2011 - Commenti (1)
07
giu

Anni ‘30: un balzo in alto con la radiosonda

Diventa meteorologo

La scoperta delle onde radio permette nel 1929 di estendere le osservazioni sinottiche anche agli strati superiori dell’atmosfera, impiegando una minuscola radio-trasmittente (radiosonda), sollevata da un pallone gonfiato con idrogeno (oggi viene usato l’elio). L’analisi comparata delle condizioni in quota con quelle presenti al suolo mise in evidenza l’influenza determinante della medio-alta atmosfera (5-10 km) sull’evoluzione del tempo osservato al suolo.

Il lancio di un radiosonda.
Il lancio di un radiosonda.

Da queste nuove indagini in quota vengono scoperti altri interessanti fenomeni, come la corrente a getto, un fiume velocissimo di aria tra 7000 e 11000 metri di quota, per la cui interpretazione si ricorre a importanti concetti presi a prestito dalla fluidodinamica, come divergenza e vorticità, e che oggi trovano largo impiego nei modelli fisico-matematici. La vorticità esprime, grosso modo, l’intensità e l’ampiezza dei moti vorticosi, specie nel piano orizzontale, e pertanto si presta ad hoc alla descrizione dell’evoluzione dei cicloni mobili.

La divergenza indica invece se nella colonna atmosferica sovrastante il suolo, l’aria è, eventualmente, in fase di rarefazione, con conseguente diminuzione della pressione al suolo, un processo che porta allo sviluppo di moti verticali ascendenti all’interno della colonna, responsabili, a loro volta, della condensazione dell’aria umida e della formazione delle nubi nei cicloni extra-tropicali.

Pubblicato il 07 giugno 2011 - Commenti (0)
01
giu

Il primo supertifone dell’anno

Hai visto mai


Nell’ultimo fine settimana di maggio si è formato il primo ciclone tropicale con venti a oltre 200 chilometri orari di quest’anno: il super tifone Songda. Questa violentissima tempesta ha vagabondato negli ultimi giorni di maggio attraverso le acque caldissime del Pacifico Occidentale, da cui ha assorbito le grandi quantità di calore e umidità necessarie ad alimentarla. Il super tifone Songda, qui fotografato dal satellite giapponese MTSAT-2, ha toccato la massima violenza in occasione nel suo passaggio appena a nord delle Filippine, quando i venti al suo interno hanno raggiunto anche i 250 chilometri orari d’intensità. Nel suo spostamento verso nord il ciclone ha poi sfiorato Taiwan e successivamente investito con violenza Okinawa.

Poi nella giornata di lunedì 30 Songda ha raggiunto il versante orientale di Honshu, la principale isola dell’Arcipelago Giapponese, dove però è arrivato oramai indebolito e declassato alla categoria di tempesta tropicale (cioè con venti al di sotto di 118 chilometri orari) e quindi fortunatamente incapace di produrre danni ingenti. In effetti questo ciclone tropicale, benché assai intenso, ha provocato solo 4 vittime. Durante questo 2011 nel Pacifico prima di Songda si sono formati solo tre altri cicloni tropicali: due depressioni tropicali (ovvero cicloni che non hanno ancora raggiunto l’intensità di tempesta), fra fine marzo e inizio aprile, e successivamente la tempesta tropicale Aere, che a inizio maggio ha sfiorato le coste orientali delle Filippine dove ha causato 35 morti e oltre 35 milioni di dollari di danni.

Pubblicato il 01 giugno 2011 - Commenti (0)
25
mag

Come difendersi dalle ondate di caldo

Clima e salute

Le estati nell’ultimo ventennio sono diventate mediamente più calde di quelle del trentennio precedente e sono aumentate anche le ondate di caldo intenso, le più pericolose per i soggetti sensibili agli eccessi termici, come gli anziani e i bambini. Tralasciando qui di affrontare i disagi, i disturbi e i pericoli collegati all’afa, ricordiamo comunque qualche utile consiglio per chi ogni estate si ritrova a combattere contro il caldo:

  • bere molti liquidi, anche oltre la propria sensazione di sete, privilegiando acqua, succhi di frutta e di verdura (evitare caffè e alcolici). Il suggerimento è particolarmente valido per gli anziani i quali, avendo orami un sistema di termoregolazione alquanto compromesso, rischiano la disidratazione e il colpo di calore, senza per questo avvertire lo stimolo della sete; 
  • limitare l’attività fisica, non solo nelle ore centrali del giorno, ma anche la sera quando la temperatura sì scende, ma l’umidità può addirittura aumentare; 
  • impostare una dieta appropriata, privilegiando cibi leggeri, frutta e verdura; 
  • evitare l’esposizione prolungata al sole e utilizzare cappelli per riparare la testa;
  • sfruttare ventilatori e condizionatori, ma con moderazione (mai puntarsi il getto d’aria addosso e mai impostare temperature inferiori ai 20/22 °C); 
  • scegliere un abbigliamento comodo, dai colori chiari e di fibre naturali (cotone, lino, seta); 
  • fare bagni o docce con acqua fresca, mai fredda. 

Questi suggerimenti sono particolarmente importanti per alcune categorie maggiormente a rischio: i bambini al di sotto dei quattro anni, gli anziani oltre i 65, gli obesi, chi è costretto a svolgere intense attività fisiche all’aperto e i cardiopatici.

Pubblicato il 25 maggio 2011 - Commenti (0)
24
mag

1900: nascono i modelli fisico-matematici

Diventa meteorologo

Tra il 1700 e il 1800 le leggi della dinamica, appena scoperte, vengono applicate anche all’atmosfera: nel 1783 Eulero riscrive le equazioni del moto in una forma idonea a descrivere anche i moti atmosferici. Nel 1859 W. Ferrel fa una trattazione matematica dei moti atmosferici nella quale viene evidenziato, per la prima volta, come la rotazione della Terra abbia l’effetto di deviare le masse d’aria verso destra nell’emisfero nord e verso sinistra in quello sud. Ma a gettare le basi della moderna meteorologia sono soprattutto i lavori elaborati tra il 1900 e il 1930 da tre grandi studiosi. Nel 1922 L.F. Richardson si rende conto che le equazioni del moto applicate all’atmosfera, pur contenendo in sé la descrizione dell’evoluzione del moto delle masse d’aria e della pressione, sono in realtà troppo complesse cosicché è impossibile ricavarne la soluzione analitica “esatta”, così come si fa, ad esempio, con un’equazione di 2° grado.

Per aggirare l’ostacolo, Richardson escogita, per primo, un tentativo di risoluzione approssimata mediante i metodi tipici dell’analisi numerica, ossia trasformando le complesse operazioni presenti nelle equazioni (derivate e integrali) in semplici operazioni aritmetiche tra numeri. I risultati della prima “previsione numerica” nella storia della meteorologia furono disastrosi, soprattutto per le ridotte capacità di calcolo di allora. Tuttavia il tentativo di Richardson resta degno di nota perché negli anni ’50, con l’avvento dei primi computer, aprirà la strada ai modelli-fisico matematici.

Nel 1922 H. Jeffreys, elaborando le equazioni del moto, realizza una classificazione dei venti in tre tipi idonei a descrivere le circolazioni realmente osservate nell’atmosfera, dal ciclone tropicale, al ciclone mobile extra-tropicale delle nostre latitudini e alle brezze locali. È merito ancora di Jeffreys l’avere scoperto la presenza in seno alle correnti occidentali delle medie latitudini, di oscillazioni meridiane. Qualche anno più tardi Rossby dà una giustificazione teorica a tali ondulazioni (da qui il nome di onde di Rossby).

La regolarità con cui le ondulazioni si muovono lungo i paralleli ne rende abbastanza agevole la stima dello spostamento tanto che le onde di Rossby rivestono oggi fondamentale importanza nelle previsioni da 3 a 10 giorni.

Pubblicato il 24 maggio 2011 - Commenti (0)
12
mag

Tempesta di Sabbia in Africa Occidentale

HAI VISTO MAI

Tra domenica 8 e lunedì 9 di questo mese una gigantesca tempesta di sabbia ha oscurato i cieli di una vasta regione dell’Africa Occidentale. L’enorme nuvola di sabbia, allungata da est a ovest per almeno 1100 chilometri, è stata fotografata anche dal satellite Terra della NASA: nell’immagine, scattata domenica 8, si riconosce una spessa nuvola di sabbia che si estende nel verso dei paralleli lungo l’Africa Occidentale, passando attraverso Mauritania, Mali e Burkina Faso. In particolare su Mali Meridionale e Burkina Faso è chiaramente riconoscibile il bordo meridionale, ondulato, dell’enorme nube di polvere e sabbia, mentre il limite settentrionale della tempesta si confonde con le regioni occupate dalle dune sabbiose del Sahara, che dall’alto appaiono più o meno dello stesso colore.

Ed in effetti proprio il Deserto del Sahara rappresenta un enorme serbatoio da cui, soprattutto fra tarda primavera ed estate, si generano colossali tempeste di sabbia. In questo periodo dell’anno difatti le dune del deserto sono così arroventate dal sole che l’aria vicino al terreno, come in un pentolone d’acqua sui fornelli, tende a ribollire e a salire verso l’alto all’interno dell’atmosfera: in tali condizioni aumentano considerevolmente le probabilità che anche una debole ventilazione possa trasportare nell’aria i granelli che si trovano sul terreno, e se poi il vento diviene intenso lo strato di sabbia e polvere che si trasferisce nell’atmosfera può essere così spesso da oscurare completamente il cielo.

Pubblicato il 12 maggio 2011 - Commenti (0)


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Autore del blog

Il meteo di Giuliacci

Col. Mario Giuliacci

Mario Giuliacci è un meteorologo, personaggio televisivo e colonnello italiano. È laureato all'Università La Sapienza di Roma. È autore di diversi libri sulla meteorologia. Attualmente cura su LA7 la rubrica del meteo per il fine settimana.

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