19/02/2013
UN DIRITTO DI OGNI UOMO A lato: un lavoratore assiste a un intervento di Benedetto XVI in piazza San Pietro. Il Pontefice ha toccato di frequente nei suoi interventi temi economici, ricordando che l’accesso al lavoro è un diritto per tutti, anche in tempi di recessione economica (Ansa).
La Caritas in veritate
chiede giustizia non solo
nella distribuzione,
ma anche nella produzione
della ricchezza. E invoca
una maggiore responsabilità
da parte delle imprese.
L’eredità spirituale e di pensiero
che papa Benedetto XVI lascia
al suo successore e alla Chiesa
tutta è straordinaria. È all’ampio e affascinante
tema della
Dottrina sociale della
Chiesa (DSC) che dirigo la mia attenzione.
Il contributo di papa Ratzinger costituisce
a tale riguardo un autentico
punto di svolta, un punto di non ritorno.
Come la Centesimus annus di Giovanni
Paolo II ha chiuso il ciclo della modernità
– iniziato con la Rerum novarum di
Leone XIII – così la
Caritas in veritate
(CV, 2009) è la prima enciclica sociale della
postmodernità, una stagione caratterizzata
da quei due fenomeni di portata
epocale che sono la globalizzazione e la
rivoluzione delle nuove tecnologie.
È intorno a queste res novae che si snoda
la riflessione del Pontefice, sia nella
CV sia nei documenti successivi. L’ipotesi
di lavoro da cui muove è come leggere
con spirito profetico e come interpretare
in modo razionale le novità dell’oggi alla
luce dei quattro princìpi immutabili della
DSC. Quale l’esito di tale sforzo? Tre i
punti basilari di centrale rilevanza.
Primo: la giustizia cristiana non può limitarsi
a giudicare il momento della distribuzione
della ricchezza, ma deve
estendersi anche al momento della produzione.
Non si tratta, cioè, di assicurare
solo la «giusta mercede all’operaio»; occorre
anche chiedersi se il processo produttivo
rispetta o meno la dignità umana; se è
compatibile o meno con la norma morale...
Ecco perché il principio di fraternità
applicato all’economia gioca un ruolo così
importante nel pensiero di Benedetto
XVI (si veda il terzo capitolo della CV).
In nessun’altra enciclica della DSC si
parla della fraternità come principio regolativo
dell’ordine economico, si parla
piuttosto di solidarietà. Ora, mentre
una società fraterna è anche solidale, il
viceversa non è vero.
Contro la finanza speculativa
Secondo: nella CV, i termini impresa
e imprenditore sono quelli più ricorrenti
nel lessico socio-economico adottato.
La sfida morale che Ratzinger lancia al
mondo dell’impresa è quella di andare
oltre la pur necessaria e nobile responsabilità
sociale, per giungere alla responsabilità
civile. Si pensi a quel che
sta avvenendo nel mondo della finanza
speculativa. Le novità sono tali da richiedere
un più avanzato livello di responsabilità:
non solamente per le conseguenze
dirette e visibili delle transazioni,
ma pure per quelle prevedibili.
Se si affamano milioni di persone a seguito
dell’emissione di derivati che speculano
sui prezzi delle derrate agricole,
non si può dire che non si aveva in animo
di produrre quel risultato. Il messaggio
è di affrettare i tempi per arrivare a
un’economia civile di mercato, perché
né l’economia liberista di mercato, né
l’economia sociale di mercato sono oggi
in grado di assicurare il bene comune.
Il Pil non è dogma
Infine,
di un terzo punto giova dire.
Il sottotitolo della CV è “Per lo sviluppo
umano integrale”. Cosa significa? La parola
chiave è qui “integrale”: le tre dimensioni
di cui consta lo sviluppo (crescita,
dimensione socio-relazionale e
quella spirituale) devono essere prese
in modo congiunto e non in forma additiva.
Non è lecito, allo scopo di accrescere
il Pil, sacrificare una o entrambe le altre
dimensioni. Ad esempio,
non è consentito
approvare leggi o decreti che,
nel tentativo (di corto respiro) di aumentare
il reddito nazionale o di incrementare
le entrate fiscali, sanciscano
l’abolizione della festa domenicale o legalizzino
le ludopatie.
Sviluppo, letteralmente
significa togliere i “viluppi”
per dilatare gli spazi di libertà della persona.
Ma alla pienezza della libertà non
basta quella “da” e quella “di”: occorre
aggiungervi la libertà “per”.
A chi tra breve raccoglierà il testimone
di Benedetto XVI toccherà il compito, anzi
la croce, di spingere ancora più avanti
la frontiera finora tracciata in modo così
autorevole, anche tra i non credenti. Grazie,
allora, papa Benedetto, per la fede
che traluce dalla tua intelligenza.
Stefano Zamagni