Dossier - Castelgandolfo e i Papi

Il Castello e le Ville Pontificie dall'imperatore Domiziano a Benedetto XVI. Aneddoti e curiosità, fino alla tragedia della seconda guerra mondiale. Le foto esclusive.

Gli sfollati del '44

16/07/2010
Il bombardamento del 1944
Il bombardamento del 1944

Sui muri esterni della Villa Pontificia ci sono ancora i segni delle schegge, sopra Porta Romana, la volta che immette sulla piazza di Castelgandolfo. Ad ogni restauro vengono protetti, affinchè resti come monito. Era il 1944, quando il fronte si attestò sotto Roma. Il 23 settembre 1944 gli abitanti di Anzio e di Nettuno erano stati costretti a lasciare le loro per via di un’ordinanza tedesca. Ma i primi profughi bussarono alla Villa Pontificia già il 9 settembre quando un reparto di paracadutisti tedeschi attaccò i soldati italiani della divisione Piacenza accampati  ad Albano a Villa Doria. Il Papa, Pio XII, diede ordine di aprile le Ville e inviò a Castelgandolfo il sostituto alla segreteria di Stato Giovanni Battista Montini e il direttore delle Ville Emilio Bonomelli. La Segreteria di Stato Vaticana aveva provveduto già a luglio a fornire agli Alleati le carte con l’esatta ubicazioni delle Ville Pontificie, per evitare errori nei bombardamenti, e nei mesi successivi aveva informato Londra che  all’interno delle Ville c’erano centinaia e centinaia di sfollati.

     La Villa era stipata di gente, accampate anche nei giardini sotto tende di fortuna, dormiva nel criptoportico, sulle scale con i materassi a terra. Il Papa aveva dato disposizione di aprire le stanze dei dignitari, il salone degli svizzeri, le sale dell’anticamera, del Concistoro e addirittura il suo appartamento. Nella camera da letto papale in quei mesi nacquero ben 34 bambini, tra cui due gemelli, a cui i genitori diedero i nomi di Eugenio Pio e Pio Eugenio in onore del Papa, Eugenio Pacelli, Pio XII. Bonomelli aveva organizzato un comitato di autogoverno composto da alcuni sfollati di cui lui era presidente. I contatti con il Vaticano erano assicurati da una radio che funzionava con un generatore regalato al Papa dalla Marina Militare italiana dopo l’8 settembre. Nella Villa c’erano anche alcuni sacerdoti, un salesiano don Dino Stella e don China, che erano in contatto con  la resistenza. Due di loro un giorno uscirono nei boschi perché avevano avuto notizia che due prigionieri di guerra inglesi erano riusciti a sfuggire ai tedeschi. Li trovarono, li vestirono con la talare e la domenica in albis del 1944 li battezzarono nella chiesa parrocchiale di Castelgandolfo, mentre un ufficiale tedesco ignaro della vicenda, suonava l’organo.

     Ma nonostante gli avvisi del Vaticano gli Alleati il 10 febbraio del 1944 bombardarono la residenza di Propaganda Fide a poche centinaia di metri dalla Villa dove si trovano altri rifugiati. Fu una strage: 500 morti. La Villa pontificia si trasformò in ospedale precario per curare i feriti. Nel bombardamento vennero colpiti anche i conventi delle Clarisse e delle suore brasiliane. Dodici suore morirono. I primi due carri armati americani arrivarono a Castegandolfo il 4 giugno 1944. Due soldati con una jeep bussarono al portone della Villa ed entrarono nel cortile, quello dove oggi i fedeli assistono all’Angelus di Benedetto XVI.

Alberto Bobbio
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