24/11/2012
Mina Giannandrea. Foto di Alessia Giuliani.
«Se è vero che l’unico valore rimasto sia la famiglia, non vedo perché a noi venga imposto di lavorare la domenica. Quando allora potremmo goderci i nostri cari?». I proprietari della gioielleria Simmi, a Roma, sanno qual è il vero tesoro da curare. Lo scrivono, con parole semplici, nel librone che sta girando per le strade della capitale a raccogliere testimonianze e storie. Al primo volume se ne sono subito sommati un altro e, in questi giorni, un terzo, per un totale di oltre 750 commenti.
«Ogni giorno si aggiunge qualcuno che vuole raccontare la sua storia o anche solo mettere per iscritto un pensiero da condividere», dice Mina Giannandrea, presidente di Federstrade, che sta curando la raccolta. «L’idea mi è venuta confrontandomi con i nostri associati, con altri commercianti, con i dipendenti. Abbiamo pensato che fosse un modo per ricordare che, prima di tutto, siamo persone. Io sono moglie, madre, nonna. È anche per questo che la battaglia in difesa delle festività mi sta particolarmente a cuore».
Lo si sente anche dall’emozione che traspira in ogni parola. E, mentre cammina per il bel negozio di abbigliamento, continuano ad arrivare le telefonate di chi sa di avere in lei un punto di riferimento. «Basta sfogliare queste pagine», dice mostrando uno dei tre volumi, «per capire che è arrivato il momento di riprenderci i nostri tempi. I nostri esercizi commerciali non sono indeboliti solo dalla crisi economica, ma anche dai ritmi di lavoro imposti dalle liberalizzazioni». Lo sa bene un commerciante di via Frattina, nel centro di Roma, che ha dovuto chiudere il negozio “per inventario” pur di poter partecipare alla Prima Comunione della figlia. O la proprietaria di un negozio di abbigliamento che confida: «Ho due gemelli e ogni volta che devo lasciarli in giorno di festa mi prende il magone. Mi sto perdendo i loro anni migliori».
«Anche noi abbiamo una famiglia e dei bambini», aggiunge un commerciante di via Grimaldi, mentre un’altra coppia si chiede come fare con la propria figlia di 12 anni. «Negli ultimi cinque anni», scrivono, «dovendo “seguire” gli orari delle aperture domenicali, ci è stato letteralmente impossibile seguire la nostra terza figlia. Sta crescendo senza di noi». E a quanti insistono per l’apertura domenicale rispondono: «Chi decide di lavorare la domenica è colui che di solito la domenica va a spasso con la propria famiglia mentre gli altri lavorano. Ma anche noi abbiamo diritto di avere un giorno di riposo, di goderci i nostri figli, di pensare ai nostri anziani».
Annachiara Valle
A cura di Alberto Chiara