Liberiamo la domenica, aderisci

La campagna della Confesercenti e della Cei. La raccolta di firme fuori dalle chiese domenica 25 novembre. Cresce l'ostilità alle aperture indiscriminate degli esercizi commerciali.

Ma chi l'ha detto che è un affare?

24/11/2012
La fotografia di copertina è di Alberto Bevilacqua.
La fotografia di copertina è di Alberto Bevilacqua.

Era già successo nel 1994: Chiesa cattolica e Confesercenti uniti contro la liberalizzazione selvaggia delle aperture dei negozi. «L’esito referendario era però stato poi vanificato dalle successive normative», spiega Marco Venturi, presidente di Confesercenti. «In quell’occasione i cittadini capirono qual era il senso della nostra opposizione: la difesa di valori e qualità della vita, la regolamentazione di orari e lavoro perché al centro fosse messa sempre la persona e la sua famiglia e non solo il guadagno».

A quasi vent’anni di distanza ci si prova di nuovo. «Sperando che stavolta la nostra voce venga finalmente ascoltata». Le firme per la richiesta di un referendum abrogativo di parte della legislazione sulle liberalizzazioni sono state depositate in Cassazione il 13 novembre. E dalla settimana prima era partita la raccolta per una legge di iniziativa popolare sul tema delle aperture. Un tema che ha destato subito interesse e che ha uno dei suoi momenti forti domenica 25 novembre quando, sui sagrati delle chiese, ci saranno i banchetti per la raccolta delle adesioni. «Il sagrato è il luogo giusto perché», spiega monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, «tradizionalmente è sempre stato il luogo dove la Chiesa e il mondo si incontrano».

La Cei si è apertamente schierata in difesa della domenica e delle festività. «Abbiamo avuto l’appoggio del cardinale Agostino Vallini», aggiunge Mina Giannandrea, presidente di Federstrade, «e un grande ringraziamento lo dobbiamo sia a monsignor Bregantini che a monsignor Mariano Crociata che, con la sua sensibilità, ha subito capito la nostra proposta e allertato le diocesi».<EM>La Chiesa è da sempre attenta al rispetto della domenica. «Non si tratta di una battaglia clericale», sottolinea monsignor Bregantini, «ma di una battaglia antropologica, cioè che coinvolge l’essere stesso delle persone. È in gioco il futuro delle nostre città e del nostro vivere civile».

Con lo slogan “Libera la domenica” (il sito Internet è www.liberaladomenica.it), è dunque partita una iniziativa che vuole fare da “rete” delle varie proteste e agitazioni che in questi mesi si sono succedute lungo lo Stivale. E che continua a ricevere adesioni sia dal mondo cattolico, tra gli altri anche dalla Comunità di Sant’Egidio e dal ministro Andrea Riccardi, sia dalle altre confessioni religiose, prima fra tutte la comunità ebraica.

«Si è dimostrato», aggiunge Mauro Bussoni, vicedirettore generale di Confesercenti, «che da quando è stato approvato il decreto Salva Italia che ha liberalizzato gli orari dei negozi non c’è stato alcun incentivo al consumo, anzi. Le piccole e medie imprese, al contrario, stanno soffrendo ancora di più e molte hanno chiuso o rischiano la chiusura». Secondo i dati di Confesercenti, negli ultimi anni hanno chiuso 100 mila imprese e altre 81 mila potrebbero aggiungersi nei prossimi cinque anni. «Rischiamo la desertificazione dei nostri quartieri con l’aumento dell’insicurezza e con lo sgretolamento del tessuto sociale», aggiunge Bussoni. «Sine dominico non possumus», ricordava Benedetto XVI già al convegno ecclesiale di Verona del 2005. Che significa, conclude monsignor Bregantini, che «senza la domenica ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere».

Annachiara Valle

A cura di Alberto Chiara
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