Stiamo perdendo i campi

22/04/2013
(Reuters)
(Reuters)

Una delle emergenze più drammaticamente attuali è l'avanzare del cemento che fa scomparire i terreni agricoli a un ritmo insostenibile.

Il consumo di suolo in Italia è cresciuto, negli ultimi cinque anni, di oltre 8 metri quadrati al secondo, pari al 6,9% del territorio nel 2010. Questo significa che per ogni italiano sono andati persi più di 340 metri quadri all'anno.

Questo ciò che emerge da uno studio dell' Ispra  (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale) sull'andamento del consumo di suolo dal 1956 al 2010.

 

Ogni 5 mesi, dice l'Ispra, viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli, mentre il suolo che se ne va ogni anno è pari all'estensione dei comuni di Milano e Firenze messi insieme.

 

Il consumo di suolo per oltre 50 anni nel nostro Paese è sempre stato sopra la media europea (2,3%): già nel 1956 veniva inghiottito il 2,8%, per 8.000 kmq (170 mq per abitante); nel 2010 si e' arrivati a oltre 20.500 kmq. 

 

“Fermare la cementificazione del territorio è una priorità e credo debba esserlo anche per il prossimo governo” afferma il ministro alle politiche agricole, Mario Catania, eletto alla Camera. “Riproporrò il ddl contro il consumo del suolo che era pronto per essere votato dal Consiglio dei ministri prima della fine prematura del governo e credo che ci sia una sensibilità trasversale su questo punto”.

 

Già a ridosso della Costituzione del 1948, il presidente della Repubblica Luigi Einaudi osservava  come “la lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare, ma è il massimo compito oggi. Significherebbe che lo Stato intende vegliare affinché, dopo secoli di distruzione, si salvi quel poco che resta delle foreste e del suolo, delle Alpi e degli Appennini e si ricostruisca parte di quel che fu distrutto”.

 

Cosa è successo nel frattempo è sotto gli occhi di tutti. E quel che è peggio le amministrazioni locali si sono indebitate fino al collo per assecondare questo insensato sviluppo urbanistico. Sono infatti i comuni che devono trovare i soldi per realizzare e gestire i servizi urbani che servono a garantire i diritti degli abitanti. Napoli, che ha un deficit di circa un miliardo di euro, il 30 gennaio di quest’anno ha bloccato il servizio di trasporto urbano perché non aveva i soldi per pagare il combustibile. Nel Lazio si va avanti pur con debiti insostenibili.

Il tema del consumo di suolo, evidentemente, non è gestibile a livello di piccoli enti locali come i Comuni – ben 8.000 in Italia, il 43% dei quali ha meno di 2 mila abitanti – che, non avendo risorse, hanno immaginato di fare cassa con gli oneri edificatori sacrificando così il loro patrimonio.

 

“L'intensificazione di un'edilizia speculativa si è intrecciata con interessi illeciti, familismi e clientele di varia natura, riportando alla ribalta quel deficit di cultura civile che caratterizza il nostro Paese” dicono Paolo Pileri ed Elena Granata, docenti al Politecnico di Milano e autori del libro Amor Loci (Cortina, 2012). “Questo processo è avvenuto non solo nell'indifferenza, ma addirittura nel convincimento che fosse in qualche modo positivo o comunque l'unica via percorribile per lo sviluppo del Paese”.

 

A giudicare dalla lunga sfilza di case e capannoni industriali vuoti che punteggiano le nostre brutte periferie non si è trattato di sviluppo ma di svilimento del territorio e di degrado, di cui oggi paghiamo le conseguenze in termini economici e sociali oltre che ambientali.

 

“Abbiamo un paese molto delicato dal punto di vista geologico e idrologico per non parlare della ricchezza della nostra biodiversità, la maggiore in Europa, eppure interveniamo sul nostro suolo, sul nostro Bel Paese, come un elefante in una cristalleria” commenta Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf. 

“Il danno peggiore per la biodiversità deriva dalla frammentazione degli ambienti naturali, dalla loro parcellizzazione. Abbiamo bisogno di una grande opera pubblica di gestione e ripristino del nostro Bel Paese che, tra l'altro, procurerebbe anche un’importante occupazione.
La sensibilità su questi temi sta crescendo e nei prossimi anni sarà necessario attuare un piano di questo tipo per mantenere vitali i nostri sistemi naturali e quindi il nostro benessere. Un importante aiuto può venire in questo senso dal mettere al centro di una nuova impostazione economica il capitale naturale e gli straordinari servizi che gli ecosistemi offrono gratuitamente a tutti noi (dalla rigenerazione del suolo ai regimi idrici, dalla fotosintesi all'impollinazione ecc.)”.

 

Felice D'Agostini

a cura di Felice D'Agostini
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