30/07/2012
Immediatamente, dinanzi a questo orizzonte l’animo
viene portato alle alte vette della spiritualità, dove
si respira l’armonia originaria, il vertice della comunione
fra uomo e donna, e si è ricondotti a quel
“In principio” dell’inizio della creazione
(cfr. Mt 19,1-12 e Gen 2,24). So bene
che tutto questo è profondamente
vero ma, nell’esperienza concreta di
molti, talvolta nelle comunità cristiane,
manca questo profumo del sacramento
e, di conseguenza, manca il
profumo di famiglia. Normalmente
quando si entra in una Chiesa si cerca
il Tabernacolo, segno ben visibile che
irradia tutto il luogo di luce nuova.
Ma, se usciamo dalle pareti della Chiesa,
sembra che il “sacramento sociale”,
come è definito insieme al sacramento
dell’Ordine dal Catechismo
della Chiesa Cattolica, risulti meno visibile.
Cosa rende meno visibili nella
società molti dei sacramenti del Matrimonio
celebrati in questi anni?
Mi sembra che il punto debole del
sacramento del Matrimonio sia che esso
vive in pienezza la luce dello Spirito,
solo se si nutre della fecondità degli
altri sacramenti e, soprattutto, se
resta in simbiosi con la comunità cristiana.
Infatti, lo Spirito Santo dimora
nella Chiesa e la piccola chiesa domestica
può vivere solo nel respiro della
Chiesa universale: «Lo Spirito dimora
nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come
in un tempio (cfr. 1 Cor 3,16;
6,19) e in essi prega e rende testimonianza
della loro condizione di figli
di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm
8,15-16 e 26). (...) Con la forza del
Vangelo la fa ringiovanire, continuamente
la rinnova e la conduce alla
perfetta unione col suo Sposo. Poiché
lo Spirito e la sposa dicono al Signore
Gesù: “Vieni” (cfr. Ap 22,17)».
Sembra che si sia smarrita questa
consapevolezza dell’essere figli di Dio
Padre e della Chiesa Madre in molti di
coloro che oggi si accostano al sacramento
delle nozze. Ma credo che questo
sia vero anche per chi, sposato da
tempo, ogni giorno deve riscoprirsi figlio
dinanzi a Dio, per poter ritrovare
la comunione con il proprio coniuge
o per essere autenticamente padre o
madre, cioè per un’educazione che
sia generativa dinanzi alle inquietanti
domande provocatorie dei propri figli,
in particolare degli adolescenti.
don Paolo Gentili