30/07/2012
Sostenere la riscoperta della figliolanza
vuol dire vivere una vera e propria
conversione pastorale, acquisendo
la famiglia come “soggetto” e quindi
come “metodo” della pastorale. In
una famiglia con più figli occorrerà,
da parte dei genitori, avere criteri educativi
chiari da tradurre nelle diverse
sensibilità e attitudini di ogni singolo figlio.
Mi piace immaginare la Chiesa come
una buona madre di famiglia che
compra della carne di ottima qualità e
con essa nutre in modo diverso i suoi figli
a seconda dell’età: per il più piccolo
l’omogeneizzato, per altri i pezzettini
e per i più grandi la fettina intera.
Occorrerà allora creare nelle parrocchie
itinerari diversificati di riscoperta
del Battesimo in chiave sponsale.
In tal senso sarà necessario accogliere
tutta la ricchezza e la fantasia creativa
donata dallo Spirito Santo, per far
vivere a ogni famiglia, in modo diverso,
il suo compito comunionale, come
precisano i Vescovi Italiani negli Orientamenti
Pastorali per il decennio, al n. 38:
«La famiglia va dunque amata, sostenuta
e resa protagonista attiva
dell’educazione non solo per i figli,
ma per l’intera comunità. Deve crescere
la consapevolezza di una ministerialità
che scaturisce dal sacramento del
Matrimonio e chiama l’uomo e la donna
a essere segno dell’amore di Dio
che si prende cura di ogni suo figlio.
Corroborate da specifici itinerari di
spiritualità, le famiglie devono a loro
volta aiutare la parrocchia a diventare
“famiglia di famiglie”».
C’è quindi una ministerialità specifica
degli sposi che va stimolata e che,
se armoniosamente legata alla ministerialità
di comunione dei presbiteri,
può efficacemente edificare la comunità
cristiana. L’orizzonte ci è dato da
1Pt 2,4-5: «Avvicinandovi a lui, pietra
viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e
preziosa davanti a Dio, quali pietre vive
siete costruiti anche voi come edificio
spirituale, per un sacerdozio santo
e per offrire sacrifici spirituali graditi
a Dio, mediante Gesù Cristo (1Pt
2,4-5)». Si tratta allora di rendere feconde,
come fu per Abramo e Sara,
queste “pietre”, attraverso Colui che
ha la potente Grazia di trasformare
delle pietre in “figli di Abramo” (cfr.
Mt 3,9). Intendo dire che tanti sacramenti
del Matrimonio, nelle nostre comunità
parrocchiali, non sono mai
germogliati pienamente, in tutta la feconda
potenza della Grazia sponsale.
In molti casi ci troviamo dinanzi a
una pastorale molto spinta sull’individuo
e non sulla Grazia sponsale dei coniugi.
In altri casi vi sono gruppi di
sposi che sono un’élite, ristretta a pochi
membri. Occorrono allora vie differenziate
per coinvolgere gli sposi già
presenti nelle varie associazioni, movimenti
e nuove comunità, e per arrivare
ad avvicinare anche coloro che da
tempo si sono allontanati dalla comunità
ecclesiale. Per questo non potrà
essere sufficiente un’unica modalità,
ma occorrerà pensare la parrocchia a
cerchi concentrici, con cammini differenziati,
attenti ad accogliere con cuore
aperto e con la stessa tenerezza del
Padre misericordioso verso il figlio
che si era smarrito, ogni fratello che
torna, cioè i cosiddetti “ricomincianti”
(cfr. Lc 15,20). È davvero spiacevole
quando in una Chiesa c’è una persona
o addirittura un gruppo di persone
che se ne sentono proprietarie, guardando
perfino in modo ostile chi non
è del proprio gruppo. Credo che questo
avvenga quando non si è conosciuto
abbastanza il Padre, come nel caso
del figlio che si ritiene fedele (cfr. Lc
15,29-32). Perché, se conosci davvero
il Padre, ogni uomo è tuo fratello.
È proprio questo profumo di familiarità
la caratteristica primaria della pastorale
familiare, che anche rispetto ad
altri Uffici pastorali può vivere il suo
compito comunionale, così come invita
il Direttorio dei Vescovi Italiani al n.
97: «La famiglia è di sua natura il luogo
unificante oggettivo di tutta l’azione
pastorale e deve diventarlo sempre di
più, sicché dovrà diventare abitudine
acquisita considerare i riflessi e le possibili
implicazioni familiari di ogni azione
pastorale che viene promossa. La
pastorale familiare, in altri termini, è e
deve essere innestata e integrata con
l’intera azione pastorale della Chiesa,
la quale riconosce nella famiglia non
solo un ambito o un settore particolare
di intervento, ma una dimensione irrinunciabile
di tutto il suo agire»7. È proprio
quel profumo di familiarità che
scaturisce dalla fecondità dello Spirito
Santo, il vero motore della comunione,
che porterà attraverso le famiglie
nuovo ossigeno alle nostre comunità
ecclesiali.
don Paolo Gentili