Gli involontari alleati del Cavaliere

Prima Benigni, poi Santoro e Crozza hanno rimesso Berlusconi al centro della scena con l'intenzione di sferrare il colpo del definitivo ko. E se invece l'avessero aiutato a "risorgere"?

Come sempre, il re della Tv

01/03/2013
Berlusconi anche sui monitor della Borsa tedesca (Reuters).
Berlusconi anche sui monitor della Borsa tedesca (Reuters).

Per esaminare con un minimo di compiutezza il rapporto fra Berlusconi e la tv bisognerebbe tornare alla formidabile intuizione di 35 anni fa, con i primi vagiti di Canale 5. Poi gli acquisti di Italia 1 e Rete 4, il fiuto finanziario dell’imprenditore e il prezioso aiuto politico di Craxi, il processo che ha portato la Rai a una maldestra imitazione, le scelte editoriali – chiamiamole così – che hanno inciso insieme sul costume popolare e sulla vicenda politica, elezioni ben incluse.

 
Passando quindi dai precedenti all’attualità, non può stupire l’innegabile nesso fra l’uso berlusconiano della tv e l’ultima, clamorosa rimonta nelle urne. Era già avvenuto in altri turni elettorali. La novità è che stavolta l’opposizione, anziché indebolire il candidato del centro-destra, ha finito televisivamente (e numericamente) col dargli una mano.

Berlusconi non ha sfruttato soltanto i suoi canali. Li ha invasi senza limiti di orario ma è potuto dilagare anche su tutte le altre reti, poco importa se amiche, neutrali o di ispirazione contraria. Se qualcuno inizialmente dubitava sull’efficacia di una simile campagna, lo slancio definitivo è venuto da Santoro e Travaglio. Rappresentavano l’inimico, la tana del leone pronto a sbranare. Risultato, fra polemiche e lazzi, i ben noti ascolti da record e titoloni su tutti i giornali, Santoro arruolato d’autorità fra i sostenitori, la tv definitiva protagonista della campagna d’inverno.

Ma questo è stato solo il prologo. Dopo il decollo, ecco il bombardamento a tappeto con avversari che volentieri vi si sottoponevano. Quando più Berlusconi esagerava in promesse elettorali, tanto più il campo ostile ne enfatizzava il contenuto. Ovvio che le definiva furbesche, inattuabili o addirittura criminose. Tuttavia, a forza di insistere, riportava il personaggio a figura centrale della politica italiana. L’opposizione non conduceva una propria campagna. Serviva al rivale come cassa di risonanza. Perfino gli impegni sull’Imu, nati come stravaganza, diventavano realtà.

Non dimentichiamo che dopo la catena di scandali e processi, fino ai quattro anni e mezzo di condanna, Berlusconi sembrava ormai emarginato. Già da tempo i comici e gli autori satirici ne rimpiangevano l’assenza, anch’essi senza capire l’effetto che provocavano. Quando poi l’ectoplasma è tornato a materializzarsi, tutti insieme di nuovo sulle barricate, comici e politici, nella convinzione di riprendere una battaglia di civiltà. E qui è scattato un altro meccanismo, non nuovo ma scioccamente sottovalutato da quelli che lo innestavano.

A forza di sentire in tv che Berlusconi non era altro che un arruffapopoli, per cui – ovvia conseguenza – solo dei minorati potevano votarlo, gli elettori di destra si sono infuriati. Molti stavano cambiando cavallo, ma per reazione sono tornati in sella. Logico. E ripetiamo, non è un evento inedito. Al contrario, sembra inestirpabile la vocazione della sinistra ad attirarsi antipatie. Sul tema sono stati pubblicati dei gustosi pamphlet, grondanti ironia circa la pretesa di avere l’esclusiva di intelligenza, progressismo, nobiltà d’animo, disinteresse. E i reprobi, che magari non ne potevano più di Berlusconi, si sono offesi. Meglio lui dei duri e puri, così arroganti eppure scossi anche loro da ruberie, ambigui padroni di banche sotto processo.

Sul Cavaliere e sui suoi comportamenti, pubblici e privati, la nostra opinione resta quella espressa negli anni, non positiva per mille ragioni. Ma una sinistra incapace di combatterlo, al punto di cedere a Grillo la bandiera del malcontento, non meritava di vincere.

Giorgio Vecchiato

a cura di Paolo Perazzolo
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