06/05/2013
Fine conoscitore delle dinamiche della geopolitica, sua grande passione, Giulio Andreotti ha dato una fisionomia ben definita alla politica internazionale italiana, improntata, in primo luogo, alla linea del pieno appoggio all’alleanza atlantica. Ministro degli Esteri ininterrottamente dal 1983 (con il primo Governo Craxi) fino al 1989, si trovò a gestire il ruolo geopolitico dell’Italia nel periodo storico cruciale dell’apertura di Mikhail Gorbaciov e dello sgretolamento dell’Unione sovietica. In quegli anni, prima della caduta dell’Urss, fu fautore di una distensione e di un avvicinamento fra Washington e Mosca. Testimonianze e resoconti della sua esperienza politica con le due superpotenze contrapposte dalla Guerra fredda sono i suoi due libri L’Urss vista da vicino (1988) e Gli Usa visti da vicino (1989) entrambi pubblicati da Rizzoli.
Il senatore a vita Giulio Andreotti, morto a Roma all'età di 94 anni (Reuters).
Andreotti mantenne sempre salda l’identità atlantica e filo-occidentale dell’Italia - fu lui a dare il via libero del nostro Paese all’installazione degli euromissili della Nato sul suolo nazionale –, ma la sua politica internazionale, definita “levantina”, si caratterizzò soprattutto per una spiccata tendenza filo-araba e filo-palestinese. Una linea politica unica fra i Paesi europei del Patto atlantico in quegli anni e che, del resto, si inseriva lungo quella già tracciata a suo tempo da illustri precursori, primo fra tutti Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni.
L’apporto alla politica internazionale italiana, gestita con competenza e grandi doti diplomatiche, resta secondo molti il tratto migliore di tutta l’opera politica del senatore a vita. Andreotti ha avuto certamente il merito di aver favorito i rapporti con il Medio Oriente, di aver fatto guadagnare all’Italia un ruolo da protagonista nella costruzione dell’Unione europea, fino al Trattato di Maastricht, ed enorme credito presso gli Stati Uniti (testimoniato anche dall’accoglienza trionfale che, alla fine degli anni ’70, fu riservata ad Andreotti allora capo del Governo, in visita ufficiale in America).
Nel corso degli anni la sua tendenza filo-palestinese non è mai venuta meno, dimostrandosi anzi con molta evidenza: nel 2005, intervenendo al World political forum di Torino, in un’intervista alla Stampa il senatore a vita dichiarò: «Se fossi nato in un campo profughi del Libano, forse sarei diventato anch’io un terrorista».
Giulia Cerqueti