Di mezza età e con un buon reddito, l'identikit del volontario europeo

03/04/2011

Più di un quinto degli europei (circa 100 milioni) partecipa abitualmente ad attività di volontariato o di beneficenza. Il dato è contenuto nella ricerca “Participation in volunteering and unpaid work” resa pubblica lo scorso 17 febbraio da Eurofound, l’agenzia dell’Unione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. E i dati dello studio sono stati ripresi in occasione della Conferenza europea sul volontariato, “Sussidiarietà e volontariato in Italia e in Europa”, organizzata dal ministero del Welfare e svoltasi a Venezia, il 31 marzo e il primo aprile.


Dai risultati dello studio emerge anche il profilo medio della persona coinvolta in attività di volontariato: di mezza età, ben istruita, con reddito elevato, mentre poco rilevanti appaiono le differenze di genere. I più alti tassi di partecipazione si registrano in Danimarca, Finlandia, Svezia, Austria e Paesi Bassi, dove in media oltre il 40 per cento delle persone di età superiore a 18 anni partecipano abitualmente ad attività di volontariato o beneficenza. Grecia, Regno Unito, Francia, Slovenia e Belgio registrano un tasso di partecipazione che superano il 30 per cento. Le più basse percentuali di partecipazione in Romania, Bulgaria e Polonia, come anche in Portogallo e Spagna, dove la percentuale di persone che si dedicano abitualmente ad attività di volontariato o beneficienza è inferiore al 15 per cento. L’Italia si situa al 14° posto della classifica, e quindi attorno alla media europea: il 23 per cento. 

In media, i cittadini dei Paesi dell’Europa orientale sono meno propensi a svolgere attività di volontariato e beneficienza, ma quando lo fanno vi dedicano più ore la settimana rispetto a quelli dell’Europa a 15. Proprio in base alla frequenza con cui l’attività di volontariato viene svolta, la ricerca Eurofound distingue tra volontari assidui e occasionali. La categoria degli assidui comprende gli “every day”, ossia coloro che sono volontari attivi “tutti i giorni”, ma anche tutti coloro che svolgono attività di volontariato o beneficienza una o più volte la settimana. Gli occasionali, invece, sono attivi meno di una volta la settimana. Ed è qui che le differenze si fanno macroscopiche e si allungano le distanze tra i paesi. In Olanda i volontari sono in totale il 42 per cento della popolazione adulta. La metà di loro sono assidui (21 per cento almeno una volta la settimana) e l’altra metà sono occasionali (21 per cento meno di una volta la settimana). In Danimarca, Belgio e Germania i volontari assidui sono il 14 per cento. In Italia gli assidui sono il 9 per cento della popolazione adulta: saliamo quindi al 11° posto in questa ipotetica classifica della solidarietà.

L’identikit del volontario europeo: adulto, istruito, benestante. Le persone con un elevato livello di istruzione hanno maggiori probabilità di essere volontari nel corso della loro vita. In termini di età, i volontari più assidui hanno tra i 45 e i 50 anni. Forte in genere è anche il legame con le istituzioni religiose. Le persone che partecipano regolarmente alle funzioni sono infatti più propense a partecipare frequentemente ad attività di volontariato e beneficenza. Coloro che partecipano ad attività di volontariato e di beneficenza vi dedicano in media 6,5 ore la settimana. E nei Paesi con livelli relativamente più bassi di partecipazione le persone che comunque svolgono attività di volontariato e beneficienza tendono a dedicarvi più tempo, come a compensare il minore impegno dei loro concittadini. Le persone con alti livelli di istruzione dedicano al volontariato, in media, un’ora e mezza in più a settimana rispetto alle persone con bassi redditi. Gli uomini dedicano, in media, circa un’ora in più a settimana rispetto alle donne.

Oltre al benessere materiale, anche la soddisfazione generale per la propria vita gioca un ruolo importante. Da un lato, il lavoro di volontariato contribuisce a rendere complessivamente più soddisfacente la qualità della vita degli stessi volontari e i loro rapporti con il vicinato e con la comunità locale più in generale. Le persone che praticano più frequentemente attività di volontariato e beneficienza, o altre forme d’impegno sociale o religioso, manifestano infatti maggiore felicità, maggiore soddisfazione per la vita, hanno più stima di sé e più senso di controllo sulla vita, una migliore salute fisica minore propensione alla depressione. I risultati della ricerca Eurofound indicano infatti, da un lato, che il volontariato migliora tutti questi sei aspetti del benessere soggettivo e, dall’altro alto, e che le persone che godono di maggiore benessere psico-fisico tendono a investire più ore nel volontariato. 

Al contrario, le persone che sono già coinvolte nel lavoro di cura non retribuito, per i figli o per parenti anziani o non autosufficienti, sono meno propensi a partecipare ad attività di volontariato e di beneficenza. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di compiti di “volontariato domestico” incombenti quasi esclusivamente sulle donne, e ciò spiega l’apparente minore partecipazione delle donne ad attività di volontariato non domestico. Sommando infatti le due forme di “lavoro non retribnuito”, le donne spendono rispetto agli uomini quasi il doppio del tempo per attività di volontariato e cura. 

A cura di Alberto Laggia
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