13/04/2013
Pendolari in una stazione ferroviaria di Buenos Aires (Reuters).
Incontrare Dio nelle città, negli spazi urbani, nelle piazze, in mezzo al traffico automobilistico o nelle stazioni ferroviarie.
E' stata questa la grande sfida di Jorge Mario Bergoglio da arcivescovo
di Buenos Aires: fare della metropoli un luogo in cui l'uomo, il
cittadino può scoprire Cristo. E' nata così, nella capitale argentina,
l'esperienza della pastorale urbana. A spiegare l'origine e il senso di
questo progetto ecclesiastico è Virginia Bonard, che da anni si
occupa dell'area comunicazione della pastorale urbana e della pastorale
sociale dell'arcivescovado di Buenos Aires e ha collaborato con padre Bergoglio.
Quali sono state le linee guida della Chiesa di Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires?
«Sono state essenzialmente due: la prima, far uscire gli agenti
pastorali dai luoghi sacri, mandarli a operare nella strada; la seconda,
raggiungere le frontiere, le periferie esistenziali, incontrare i più
poveri, i reietti, gli emarginati, coloro che non hanno voce. Questa
parola, periferia, che già abbiamo sentito in molte omelie del Papa, qua
a Buenos Aires era già molto comune. Fondamentale è stata l'opera nelle
villas de emergencia, per recuperare i giovani dal consumo di droga, il paco, che distrugge gli individui e le famiglie: oggi i sacerdoti operanti nelle villas
sono venti. Poi, bisogna aggiungere il grande lavoro che l'arcivescovo
ha portato avanti nel campo dell'educazione, che è sempre stata una
grande preoccupazione di padre Jorge: primo, rendere l'istruzione
accessibile a tutti, secondo, mantenere l'educazione cattolica a Buenos
Aires continuando un rapporto di confronto con le scuole pubbliche».
Come è partita l'esperienza della pastorale urbana?
«Dalla consapevolezza che l'uomo delle città moderne vive perennemente
in una situazione di transito, di movimento, di pendolarismo: lavora di
giorno in un luogo, la sera viaggia per ritornare a casa sua in un altro
posto distante. La domanda è stata: come si può comunicare il messaggio
di Cristo a un uomo in movimento? Il lavoro della pastorale urbana è
iniziato dalla convinzione che non si poteva guardare alla città di
Buenos Aires senza comprendere le undici municipalità urbane che le
stanno intorno. L'uomo di Buenos Aires non è soltanto quello che vive
nella capitale, ma anche colui che va e che viene, l'uomo che fa il
pendolare tra capitale e municipalità satelliti. Abbiamo così condotto
un vasto lavoro di osservazione di carattere psicologico, sociologico,
filosofico e religioso. In seguito abbiamo organizzato una serie di
congressi con i vescovi delle municipalità per capire realmente cosa sta
succedendo oggi all'uomo urbano. Dal primo congresso, intitolato Dio nella città,
è stato tratto un libro. Questo lavoro ha rappresentato una grande
sfida perché significava capire il mondo dell'uomo in transito, chi è la
sua famiglia, chi sono i suoi amici, le sue abitudini, e soprattutto la
sua relazione con Dio. Da qui è poi partita l'idea della pastorale dei
sacramenti, così organizzata: per quattro-cinque giorni di seguito dei
sacerdoti piantavano una grande tenda in una piazza vicino a una
stazione ferroviaria e invitavano i passanti e i pendolari ad accostarsi
alla tenda per ricevere i sacramenti, avvicinarsi alla confessione,
dedicare un momento, prima di salire sul treno o subito dopo esserne
scesi, a conversare sulla propria vita, i dolori, le preoccupazioni.
L'idea delle tende è stata straordinaria».
La Casa rosada in plaza de Mayo a Buenos Aires (Reuters).
Prima di Bergoglio tutto questo non esisteva?
«In realtà abbiamo sempre avuto dei vescovi molto impegnati, attenti ai
segni dei tempi, propositivi. Buenos Aires è una città che ti invita a
stare sempre sveglio. Ma a Bergoglio è toccato un nuovo millennio, che
imponeva una nuova lettura. Gli è toccato il compito di attuare un
rinnovamento, negli anni, per giunta, del disastro economico iniziato
nel 2001. In quel periodo la città si è popolata di cartoneros
che
avevano famiglie sulle spalle, perfino persone laureate con professioni
qualificate perdevano il lavoro da un giorno all'altro. La Chiesa ha
reagito molto rapidamente e con molta forza, soprattutto per tirare via
dalla strada i bambini. In quel momento a Buenos Aires si è risvegliata
una straordinaria sensibilità sociale basata sullo spirito evangelico.
D'altro canto, a padre Bergoglio come pastore è toccato affrontare anche
una delle peggiori tragedie non per cause naturali nella storia
dell'Argentina: l'incendio della discoteca Republica Cromagñón, a Buenos Aires, il 30 dicembre 2004, dove morirono 194 persone, per la maggior parte ragazzi».
Pensa che Buenos Aires sentirà la mancanza di papa Francesco?
«Il suo successore, Mario Poli, sarà garante del lavoro che Bergoglio ha
portato avanti. Sicuramente monsignor Poli ha una identità forte e darà
un'impronta personale alla Chiesa. Ma non ho alcun dubbio che seguirà
la linea tracciata da padre Jorge, nella visione della continuità con
creatività. Papa Francesco non è mai stato personalista ed egocentrico.
Pone sempre Gesù davanti a sé. Poli ci farà abituare presto alla sua
nuova presenza, con gesti di sensibilità, semplicità e vicinanza,
proprio come faceva padre Bergoglio».
Giulia Cerqueti
Dossier a cura di Alberto Chiara