23/07/2011
Nel rileggere la Lettera, a distanza di diciassette anni
(1994-2011), il pensiero va anzitutto a “Chi” l’ha
scritta. Giovanni Paolo II manifesta una passione
per la famiglia. Come sacerdote si è dedicato
all’apostolato tra i giovani; come docente di etica
all’Università Cattolica di Lublino, ha pubblicato libri,
tradotti anche in italiano, sulla dignità della persona
e sull’amore umano nella visione
filosofica e teologica; come vescovo
di Cracovia, ha partecipato al concilio
Vaticano II (1962-1965) contribuendo,
in particolare, alla stesura
della Gaudium et spes dove si trova il capitolo
“Valorizzazione del matrimonio
e famiglia”. Durante il pontificato,
tra i più lunghi e il primo dopo parecchi
secoli di Papi italiani, ha voluto
il Sinodo dei vescovi sulla Famiglia
(1980), al quale ha fatto seguire
l’Esortazione apostolica Familiaris consortio
(1981) su “I compiti della famiglia
cristiana nei tempi odierni”.
La Lettera conduce a ripensare la famiglia che, oggi come allora, nelle sue luci e ombre, è al centro della comunità ecclesiale e civile. Contrariamente alle indagini statistiche pessimistiche, la famiglia, fondata sul matrimonio, tiene bene ed è di gran lunga il modello più scelto e praticato. Sarebbe, tuttavia, irrealistico ignorarne la fragilità. Alla realtà di un’unione, destinata a sfidare e durare nel tempo, fanno riscontro crisi e fallimenti che si traducono in separazioni, divorzi con il cumulo di sofferenze affettive, familiari e sociali. Non è scontato che il matrimonio sia luogo di felicità e di pace, può trasformarsi in luogo di disagio, di mancanza affettiva, d’incomunicabilità e di egoismo dei singoli, luogo di alienazione e di smarrimento personale. Non può non preoccupare il fenomeno della violenza familiare che, come un iceberg occulto, fa la sua apparizione in proporzioni allarmanti. Tra altri problemi, la denatalità è un fenomeno vistoso nelle società occidentali ricche di beni, ma povere di bene. Le cause non sono riconducibili esclusivamente all’economia, all’organizzazione del lavoro e al deficit dei servizi sociali, sebbene abbiano un forte peso. Ma fino a che punto i cristiani e le comunità cristiane vivono il Vangelo della famiglia? Fino a che punto lo conoscono e lo considerano via alla costruzione della civiltà dell’amore dentro e fuori le pareti domestiche? O, al contrario, non lo considerano forse poco comprensivo dell’umano, intransigente e severo? Leggere la Lettera come fosse scritta oggi, significa ritrovare un pensiero che orienta il cammino delle famiglie: quelle riuscite e quelle che faticano a perseverare sulla strada dell’amore reciprocamente donato e ricevuto.
Luigi Lorenzetti