23/07/2011
«Alla fine della vita saremo giudicati
sull’amore» (n. 22). Con la citazione
di san Giovanni della Croce, la Lettera
invita a pensare al giudizio finale,
al termine della storia umana e cosmica.
Il giusto giudice è Gesù, «Sposo
dell’umanità e delle famiglie», come
viene denominato nella Lettera. «Il
suo sarà un giudizio sull’amore, un
giudizio che confermerà che lo Sposo
era con noi, senza che forse, lo sapessimo
»: era con l’affamato, con l’assetato,
con il forestiero, il nudo che abbiamo
rivestito... (Mt 25,34-36). A questo
elenco, la Lettera aggiunge coinvolgenti
applicazioni che riguardano direttamente
la vita familiare. «Potremmo
trovarci – scrive – anche espressioni
come queste: “Ero bambino non ancora
nato e mi avete accolto permettendomi
di nascere; ero bambino abbandonato
e siete stati per me una famiglia:
ero bambino orfano e mi avere
adottato ed educato come un vostro figlio”.
E ancora: “Avete aiutato le madri
dubbiose, o soggette a fuorvianti
pressioni, ad accettare il loro bambino
non nato e a farlo nascere; avete
aiutato famiglie numerose, famiglie
in difficoltà a mantenere e educare il
figlio che Dio aveva loro donato».
C’è, però, anche il rovescio: il giusto Giudice si identifica con chi aveva fame, sete, era forestiero, nudo, in carcere, ma non è stato accolto. Anche a questo elenco in negativo, si aggiunge: «Così egli si identifica con la moglie o il marito abbandonati, con il bambino concepito e rifiutato». E avverte che «“Il non mi avete accolto” di Cristo coinvolge anche istituzioni sociali, Governi e organizzazioni internazionali ».
Luigi Lorenzetti