Non è una divisione "scientifica"

22/04/2013

Nel dibattito su una possibile riforma della legge 54/2006 l’Aiaf - Associazione Italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori ha preso una posizione netta, già nel 2011, per ribadire che non vi sono reali necessità di modifica.

Quello che serve, piuttosto, per far decollare il principio di bigenitorialità, sarebbe «un’equa ripartizione dei compiti domestici e di cura dei figli, nel momento della convivenza come nella fase di separazione della coppia genitoriale; un più efficace intervento culturale sulle responsabilità familiari e genitoriali e un concreto sostegno alle famiglie; servono interventi di tipo psicologico e relazionale a sostegno della genitorialità, soprattutto nei casi di conflittualità tra i genitori, e una fattiva politica di ampliamento dei servizi sul territorio». Così aveva scritto, in un intervento lucido e appassionato, la compianta Milena Pini, che ha guidato per anni l’Aiaf e che è recentemente scomparsa.

In sintonia con il suo pensiero, gli avvocati aderenti all’associazione guardano con preoccupazione a interventi che possano irrigidire, o dettagliare all’estremo, i principi fissati dalla legge sull’affidamento condiviso.

«Il concetto della condivisione non può essere ridotto a una quasi “scientifica” separazione al 50% del tempo trascorso con padre e madre. E’ necessario elevarlo a un altro piano, quello educativo, rassicurando i bambini che la mamma e il papà sono coinvolti nella loro vita e sono d’accordo sulle scelte che li riguardano, dalla scuola agli sport, passando per l’educazione e gli orari», spiega Luisella Fanni, vicepresidente Aiaf.
«L’ipotesi di imporre un doppio domicilio, contenuta nell’ultima proposta di riforma della legge 54, mi pare davvero di difficile realizzazione, perché dipende dal livello di conflittualità della coppia ma anche dall’età e dalle abitudini dei figli. Non mi pare giusto che, soprattutto quando sono piccoli, abbiano confusione su dove devono stare e su quale sia la loro casa. Gradualmente potranno capire che dove c’è un genitore che li ama e si prende cura di loro, lì c’è una loro casa».

L’avvocato Fanni cita casi in cui gli ex coniugi sono riusciti a collaborare e a trovare soluzioni molto equilibrate, «ma serve un grande lavoro da parte degli avvocati per far capire, ad esempio, a certi padri che fanno mancare il loro sostegno economico, che i figli devono essere mantenuti; e a certe madri che i bambini non sono una proprietà e non esiste una competenza esclusiva nell’accudimento, in cui bisogna coinvolgere anche i padri, quelli che già lo facevano e quelli che devono imparare a farlo».

Nelle separazioni è passato il mito della vittoria a tutti i costi? «Per gli avvocati Aiaf sicuramente sì. Siamo consapevoli che la miglior vittoria, il più delle volte, è quella in cui si trova un punto di mediazione, in cui si fa capire - anche alla coppia più conflittuale - che i figli hanno il diritto di mantenere le relazioni con entrambi e con i loro familiari. Qui non ci sono vittorie o sconfitte, c’è solo l’importanza di rispettare i propri doveri, oltre a reclamare diritti».

La grande spinta culturale che serve alla legge 54 per poter decollare coinvolge l’intero sistema, avverte l’avvocatessa. Giudici, avvocati, ma anche mediatori e psicologi e tutte le competenze coinvolte nella separazione sono chiamati a consapevolizzare la coppia sui doveri nei confronti dei figli e sul senso profondo del continuare a essere genitori. «Dobbiamo chiederci cosa perdono quei bambini» dice, «e cosa possiamo fare per continuare a garantirglielo. E’ necessario altresì valutare quali erano le abitudini precedenti di quella famiglia e modellare il futuro dei bambini su di esse, chiamando i genitori a fare la loro parte perché, anche se non si è più mariti o mogli, si resta madri e padri per sempre».

                                                                                           Benedetta Verrini

A cura di Orsola Vetri
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