03/05/2013
Infografica realizzata da Laura Ferriccioli
Colonia, esterno giorno. Alle 16 di un mercoledì qualunque, Sergio Trimboli, ingegnere foggiano di 28 anni, ha già finito di lavorare. Anziché staccare alle cinque, come usa in Germania, preferisce saltare le pause e tenere per sé il resto della giornata. “Inoltre ho 45 giorni di ferie all’anno e, visto che adesso me lo posso permettere, li sfrutto per regalarmi qualche viaggio”, racconta entusiasta. Al quartier generale europeo della Ford – dove dal 2011 è controls engineer – Sergio doveva rimanere soltanto tre mesi; invece, dopo appena due settimane dall'arrivo si è visto inoltrare la proposta di assunzione. Più che una sorpresa, il Vollzeit, leggi lavoro a tempo pieno e indeterminato, per lui in Italia sarebbe stato un miracolo: troppo innovativo il suo dottorato di ricerca in information technology. “Nel nostro Paese l'offerta di lavoro per posizioni che richiedono livelli teorici avanzati non esiste”, afferma con una punta di amarezza. “E finché chi avrebbe le giuste competenze per innovare sarà costretto ad andare all'estero, l'industria non potrà che rimanere in stallo”. Sergio, in Germania non solo è soddisfatto del lavoro che fa, ma con 2.600 euro netti al mese, considerato anche il costo della vita più basso, si è sistemato bene.
E non è certo l'unico.
Sono 685mila gli italiani espatriati nella prima potenza economica
europea. E mentre l'afflusso di persone addette agli ambiti classici
della gastronomia e dell'hôtellerie è pressoché stabile dagli anni
Sessanta, è ora il turno di chi cerca un'occupazione consona ai propri
studi. Nel 2011, secondo l'Istat, il 28% degli emigrati con più di 24
anni era in possesso di laurea (circa 11mila), e la maggior parte ha
considerato più attraente la locomotiva tedesca rispetto alle altre
destinazioni classiche della nostra emigrazione come Svizzera e Regno
Unito. Convalidano la scelta gli ultimi dati economici: seppur minore
del previsto, il PIL della Germania ha segnato una crescita anche l'anno
scorso (+0,7%, dati Istituto Federale di Statistica Tedesco), e con un
tasso di disoccupazione del 5,3%, cioè meno della metà della media
europea, l'attuale economia teutonica è in controtendenza rispetto al
resto del continente. È il porto sicuro più vicino, insomma. Dove chi
arriva trova stabilità politica, welfare, case a buon prezzo e ottima
qualità della vita. E, naturalmente, lavoro.
Già, perché quelli come
Sergio, che in Italia non trovano da fare, nel “paese della Realpolitik”
si collocano facilmente.
Ingegneri di qualsiasi branca, medici, informatici, matematici e, in
generale, i laureati in discipline tecnico-scientifiche, sono i più
richiesti. “In Germania continua a crescere la mancanza di personale
qualificato”, conferma l'Associazione tedesca dei datori di lavoro, “e
gli italiani sono i benvenuti”. “È vero, qui in Germania abbiamo fama di
essere preparati e svegli”, aggiunge Trimboli, “anche perché la nostra
università non è così deplorevole come spesso si pensa, anzi. Le facoltà
tecniche del Belpaese non hanno nulla da invidiare nemmeno a quelle
americane. Peccato che poi la formazione dobbiamo rivendercela altrove”.
Per informazioni su opportunità
di lavoro in Germania, sovvenzioni comunitarie e programmi
di training dedicati a chi cerca lavoro dall'estero:
www.jobofmylife.de
(Ministero del Lavoro tedesco)
www.europa.eu/eures
(Portale europeo della mobilità professionale)
Laura Ferriccioli
a cura di Laura Ferriccioli e Pino Pignatta