E Berlusconi torna in campo

20/04/2013
Silvio Berlusconi accompagnato da Angelino Alfano mentre sale al Colle per il colloquio con Napolitano
Silvio Berlusconi accompagnato da Angelino Alfano mentre sale al Colle per il colloquio con Napolitano

L’armistizio si chiama Giorgio Napolitano. Da ipotesi di scuola, paventata da molti qualche mese fa, all’unico sbocco possibile di un corto circuito politico-istituzionale che, nell’ordine, ha distrutto il Pd, bruciato due candidati di prestigio come Franco Marini e Romano Prodi e tenuto il Paese sospeso ad un immobilismo intollerabile. Il Pdl in tutta questa situazione ha giocato di rimessa. Ha chiesto a gran voce al leader, anzi ex leader, del Pd Bersani di individuare un nome condiviso. C’è stato l’accordo su Marini affossato dai franchi tiratori dello stesso Partito democratico.

Poi ha scatenato la bagarre contro Romano Prodi («Se eleggono lui, andiamo tutti all’estero», aveva detto Berlusconi sabato scorso a Bari) fatto fuori, però, dal suo stesso partito venerdì pomeriggio. Troppo forte, vista la precaria situazione numerica e politica del Pd, da chiedere a gran voce un candidato condiviso nella consapevolezza che i democratici con Sel non ce l’avrebbero fatta da soli, il Pdl si è rivelato altrettanto debole nel proporre un nome legato alla propria area politica. «Stiamo alla finestra ed aspettiamo le mosse del Pd», è stato il leit motiv ripetuto dai pidiellini. Fino all’implosione definitiva dei democratici.

A quel punto Sandro Bondi, uno dei big del partito, ha fatto il nome di Giorgio Napolitano. Poi Berlusconi è salito al Colle dove, secondo indiscrezioni, avrebbe chiesto l’aiuto del Capo dello Stato per uscire dal pantano. «Non sappiamo più con chi parlare nel Pd. Le chiedo di fare per quanto possibile da mediatore con tutti questi interlocutori», avrebbe detto Berlusconi nel colloquio di sabato mattina al Colle. Gaetano Quagliariello, uno dei saggi nominati da Napolitano, aveva spiegato: «Dietro l’unanimità nel Pd si celano divisioni che neppure Prodi può sanare». Come dire: non abbiamo nessun interlocutore affidabile con cui parlare.

I conti sono presto fatti. Dopo l’affossamento di Prodi, infatti, il Pd era a un bivio: piegarsi a Grillo e votare il suo candidato Stefano Rodotà oppure riaprire di nuovo il confronto per scegliere un candidato condiviso. In ogni caso il Pd sarebbe andato letteralmente in pezzi. In questa situazione di emergenza Napolitano era l'unico, secondo i ragionamenti del centrodestra, che può indicare il suo successore, «Anche perché», avrebbe spiegato il Cavaliere, «qualsiasi nome noi facessimo verrebbe sotterrato a scrutinio segreto». A cominciare da quel Massimo D'Alema molto gradito al leader del Pdl ma che avrebbe ugualmente spaccato il Pd.

Venerdì era balenata anche l'ipotesi di Anna Maria Cancellieri che però, a quanto sembra, ha lasciato perplesso Berlusconi: «Ci vuole un presidente della Repubblica capace di gestire una situazione così complessa». Un Napolitano-bis significa un governo del Presidente (circola già il nome di Giuliano Amato come premier) in un’ottica di larghe intese, ora più che mai inevitabili. È quello che ha sempre voluto Berlusconi. Venerdì la giornata per il Cavaliere era cominciata malissimo con l’acclamazione del Pd per Romano Prodi. È finita con i democratici a pezzi, l’arcinemico affondato e le larghe intese ad un passo.

Ora però il baricentro si sposta sulla scelta del capo del governo. Accanto all'opzione Amato, ben vista dal Pdl ma non altrettanto dal Pd, e a quella di Piero Grasso, tecnicamente più difficile perché la presidenza del Senato rimarrebbe vacante, nel partito di via dell'Umiltà si ragiona anche sull'ipotesi Enrico Letta. In quel caso, tuttavia, sottolineano fonti pidielline, Berlusconi metterebbe sul tavolo la richiesta di una forte rappresentanza del suo partito, con figure di spessore e politiche. La partita è solo agli inizi.

Antonio Sanfrancesco

a cura di Francesco Anfossi e Fulvio Scaglione
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