Pd, quattro motivi per dire addio a Bersani

20/04/2013
Pier Luigi Bersani (Reuters).
Pier Luigi Bersani (Reuters).

Dopo la prima votazione per l'elezione del presidente della Repubblica, tutto resta ancora aperto, ma solo dal punto di vista dei numeri. Per il "lupo marsicano" Marini la porta del Quirinale è tecnicamente ancora aperta, soprattutto a partire dalla quarta votazione, la prima a maggioranza semplice.

Ma dal punto di vista politico, il comune cittadino elettore come chi scrive ha netta l'impressione che la dirigenza del Pd abbia scelto di suicidarsi nel modo più complicato e doloroso. Qualche considerazione.

1. Dopo aver detto "no" per un mese al governissimo, o Governo delle larghe intese col Pdl, eccola a scegliere il Presidente con lo schema, appunto, delle larghe, anzi larghissime intese. Bersani ci direbbe: la partita per il Quirinale è altra cosa rispetto alla formazione di un Governo. Forse. In teoria. Ma sarebbe poi il Presidente appena eletto a distribuire le carte per la formazione del nuovo, ipotetico Governo, quindi il sospetto di un voltafaccia è concreto e giustificato.

2. Se almeno il partito fosse compatto. Ma alla prima votazione, al candidato "di partito" Marini sono arrivati solo 521 voti, con 104 schede bianche e 15 nulle. Quel che manca è frutto quasi interamente del dissenso interno al Pd. Con un ulteriore paradosso:  la "destra" Pd (renziani e C.) sceglie un uomo di sinistra come Rodotà, mentre la "sinistra" (Bersani e il gruppo dirigente) sceglie un candidato accetto ai moderati. Di fatto, questa elezione presidenziale ha fatto nascere un secondo Pd, palesemente alternativo al primo.

3. Grillo va gridando su ogni tetto che "Marini è il candidato di Berlusconi". Propaganda, certo, ma anche un briciolo di verità: almeno per le ragioni di cui sopra, e poi anche per il fatto che a Marini comunque si è arrivati nel tentativo di accontentare Berlusconi o, per dirla meglio: per tener conto che il PdL ha comunque ottenuto il 30% dei voti. Dal punto di vista della comunicazione politica, per il Pd è in ogni caso un disastro.

4. Ovviamente le qualità personali di Franco Marini non sono in discussione e non c'entrano con questo discorso. Ma è chiaro che se Marini non diventa Presidente, la linea Bersani (già non brillantissima, quanto a risultati, con le elezioni politiche e con le successive trattative per il Governo) esce bocciata in modo clamoroso. Anche se il prossimo candidato viene estratto dal mazzo degli uomini simpatizzanti per il Pd o stimati dai suoi elettori. In altre parole: eleggere Marini con il PdL non è come eleggere D'Alema con il PdL, e tantomeno come eleggere Prodi o Rodotà con i grillini. Così, spiace dirlo, ma se Marini non passa Bersani dovrebbe lasciare la segreteria.

Fulvio Scaglione

a cura di Francesco Anfossi e Fulvio Scaglione
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