20/04/2013
L’appello a Giorgio Napolitano per salvare il Partito
Democratico. Ultima, disperata carta di Pierluigi Bersani, dopo la Caporetto
della candidatura Prodi e la resa di un gruppo dirigente troppo diviso,
rancoroso, incapace di compattarsi di fronte alle scelte più gravi e importanti
del Paese.
Due anime- quella laica proveniente dalla radice del vecchio
Pci e quella cattolica di impronta popolare – che non si sono mai veramente
amalgamate. Fusione a freddo si è detto fin dall’inizio. Ma erano i tempi
frenetici della Seconda Repubblica e il tempo a disposizione non era molto.
Troppe congiure di Palazzo, troppe ambizioni personali, troppo diversi gli
atteggiamenti mai risolti nei confronti dell’amico-nemico Berlusconi e
soprattutto dei modelli del berlusconismo imperante del ceto medio.
L’ultimo periodo attraversato dal segretario Pierluigi
Bersani, il leader che in autunno sembrava avere la vittoria in tasca, è stato
una specie di cupio dissolvi. Anche in queste elezioni, nonostante i proclami
per acclamazione dei candidati, regnava la discordia. E infine quella sorta di
“baco” interno di nome Matteo Renzi, lo sconfitto alle primarie che in questo
momento sembra avere in pugno quel che resta del partito.
Il Pd resta la formazione più numerosa alla Camera, con la responsabilità
politica di proporre un candidato per la presidenza della Repubblica. Ma almeno
in queste ore sembra essere in balia delle scelte di altri. La candidata
ostinatamente portata avanti da Scelta Civica, Anna Maria Cancellieri,
L’aspirante presidente della sinistra e dei grillini Stefano Rodotà. L’ipotesi
del presidente del Senato Grasso. E, infine, mentre si susseguono le fumate
nere, il ripiego sull’uomo del Colle con le valige già pronte: Giorgio
Napolitano. Col sospetto che una sua eventuale permanenza al Quirinale
prolunghi semplicemente l’agonia di un partito che non c’è.
Francesco Anfossi
a cura di Francesco Anfossi e Fulvio Scaglione