Ior: la vera storia della "banca del Vaticano"

L'Istituto opere di religione, lo Ior, è circondato da un'aura di enigmi, sospetti e leggende. Ecco l'affascinante storia di una "banca" molto particolare. Che banca non è.

Quarta parte. Il coraggio di Casaroli

15/02/2013

Vaticano e IOR alla fine non smentirono del tutto un ruolo di sostegno rispetto alle esigenze di ripianare le perdite del Banco Ambrosiano, pur declinando ogni responsabilità. Fu il segretario di Stato Agostino Agostino Casaroli, l’uomo che ebbe “il coraggio della pazienza” e che contribuì insieme a papa Wojtyla a far cadere il muro di Berlino gettando il comunismo nel generale discredito, a voler venire per primo a patti con lo Stato e ad arrivare a un accordo.


Una decisione osteggiata da una parte della Curia, a cominciare dallo stesso Marcinkus. Ma il cardinale Casaroli non desistette dalla decisione. Aveva dalla sua molti esponenti della Chiesa, tra cui il cardinale di New York O’Connor, preoccupato anche che le vicende torbide dello IOR si riflettessero in maniera negativa sulla partecipazione dei fedeli e sulle offerte dell’Obolo di San Pietro. “Casaroli”, scrive Carlo Bellavite Pellegrini, nella sua Storia del Banco Ambrosiano (Laterza)  “si mosse con estrema abilità in una situazione molto difficile”.  

Con molta lungimiranza il primo segretario di Stato di Wojtyla aveva intravisto che la soluzione del problema poteva essere una commissione che trattasse direttamente con le autorità italiane. “Il segretario di Stato si rese conto che lo IOR si era cacciato in un guaio di grandissime dimensioni e stava usando tutta la sua grande intelligenza e la sua consumata abilità diplomatica per venirne fuori”. Ma ci sono anche altre considerazioni che riguardano l’uomo Casaroli: “Senso della giustizia e della misura” come scrive Bellavite Pellegrini, “volontà di dialogo, ma anche il desiderio di arginare Marcinkus”. 

Casaroli fu rapidissimo nel mantenere l’impegno assunto: il 13 luglio 1982 annunciò che il Vaticano aveva nominato tre esperti che avrebbero esaminato il rapporto tra l’Ambrosiano e lo IOR.  Il successivo 19 luglio Casaroli convocò nuovamente l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede Chelli e gli comunicò che i tre saggi  (uno di questi era lo svizzero Philippe De Veck, già presidente dell’Ubs e futuro vicepresidente dello IOR) stavano facendo un ottimo lavoro. Nella seduta alla Camera di venerdì 8 ottobre 1982, il ministro Andreatta, in un'aula semideserta, approfondirà i principali aspetti “di una vicenda che è di complessità pari alla sua gravità”. 

Un’esposizione tormentata, quella dell’esponente cattolico e democristiano, già consigliere economico di Aldo Moro, priva di timori reverenziali nei confronti del Vaticano. Quel venerdì le cifre colossali della mala gestione dell’Ambrosiano esposte dal ministro che aveva imposto il suo scioglimento e la sua liquidazione risuonarono nell’aula: “Le consociate del gruppo Ambrosiano dovevano dare 743 milioni di dollari alla Ambrosiano Spa; 788 milioni di dollari alle banche dell’euromercato; 102 milioni di dollari ad altre consociate (Banca del Gottardo, Credito Varesino, Banca Cattolica del Veneto). Il tutto per un totale di 1.633 milioni di dollari. Le consociate, a loro volta, dovevano avere dallo IOR e da sue patrocinate 1.159 milioni di dollari”.

Come detto, dopo aver chiesto un parere interno ai tre saggi, per dirimere la questione Casaroli propose una commissione di esperti che indagasse “in spirito di giustizia e di dialogo”. Nacque così la commissione mista italo-vaticana, che venne costituita con atto internazionale il 24 dicembre 1982 e che lavorò fino all’autunno dell’anno successivo, producendo un articolato documento finale. Della commissione, a nome del Vaticano, faceva parte monsignor Renato Dardozzi, che incontreremo più avanti. La questione venne chiusa il 25 maggio del 1984, a Ginevra. 

Il verbale di quello che è passato alla storia come l’Accordo di Ginevra, è molto schematico. Le parti “addivengono al presente accordo in uno spirito di reciproca conciliazione e collaborazione” si legge nell’accordo. Premesso che “IOR, mentre riconferma di non aver responsabilità in ordine a tale dissesto e di esservisi trovato coinvolto involontariamente, pur tuttavia, unicamente in ragione della sua speciale posizione, ha manifestato la sua disposizione ad effettuare un contributo volontario nella misura appresso precisata” . Lo IOR pagò 250 milioni di dollari, non a titolo di risarcimento ma come atto di “contributo volontario”, in cambio della rinuncia da parte delle banche a qualunque futura rivalsa. 

Casaroli, l’artefice del progetto di risanamento dello IOR, aveva preso due decisioni fondamentali. Quella di risarcire l’Ambrosiano e quella di assumere dei laici per far fare allo IOR un cammino di trasparenza e di legalità. Ora si trattava di avviare il nuovo corso e riorganizzare le finanze vaticane. L’ora del rilancio dello IOR nel senso della trasparenza e della competenza affidata a dei laici stava per scoccare. (4 - continua)

Francesco Anfossi
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