Ior: la vera storia della "banca del Vaticano"

L'Istituto opere di religione, lo Ior, è circondato da un'aura di enigmi, sospetti e leggende. Ecco l'affascinante storia di una "banca" molto particolare. Che banca non è.

Sesta parte. Le prime riforme

15/02/2013

Lo Ior è l’acronimo di Istituto per le Opere di religione. Il termine “Opere di religione” ha un doppio significato. Da un lato vuol dire azioni di carità, di apostolato e di pastorale, come il sostentamento di una diocesi, di una parrocchia, l’apertura di un oratorio o di una scuola parificata, di un centro di accoglienza, di un ospedale, di una casa famiglia per ragazze madri, il restauro di un luogo di culto e via dicendo. Dall’altro le ‘opere di religione’ vanno intese nel senso di diocesi, di congregazioni, di missioni, di tutte quelle realtà che operano per il bene della Chiesa e della società. Insomma: alle opere per le opere.
L’obiettivo è quello di offrire un servizio finanziario alle realtà religiose della Chiesa cattolica sparse in tutto il mondo, senza che ci siano intenti commerciali, secondo un rapporto di condivisione e di giusta ripartizione degli oneri ma anche dei rendimenti di questo servizio. Se poi questa azione di servizio alla comunità ecclesiale si risolve anche in un risultato di bilancio, tale risultato positivo ritorna nuovamente alla Chiesa, perché viene messo formalmente a disposizione della Commissione cardinalizia e quindi del Papa, perché lo utilizzi per i fini di bene della Chiesa e delle sue necessità. Ecco perché lo IOR è una realtà non profit. Se c’è un risultato ritorna alle realtà ecclesiali. Questa lunga digressione serve a capire quali sono i binari entro i quali deve muoversi il nuovo consiglio di Sovrintendenza dello Ior presieduto da Angelo Caloia. Il nuovo presidente cerca innanzitutto di svecchiare l’Istituto in nome della trasparenza e dell’efficienza. Al posto dell’ottantenne Luigi Mennini Caloia porta alla direzione generale Giovanni Bodio, 67 anni, che era stato con lui al Mediocredito Lombardo, già vicedirettore della Cassa di Risparmio e presidente di Finreme (una finanziaria del Mediocredito Lombardo).
Quando, il 30 aprile del 1992, Bodio, a 70 anni, termina il suo mandato per raggiunti limiti d’età, Caloia assume ad interim il ruolo. Due anni dopo, il Consiglio di Sovrintendenza nomina il bergamasco Andrea Gibellini, 61 anni, bocconiano con un’esperienza quarantennale alla Popolare di Bergamo (dove era entrato a 22 anni). La sua esperienza allo Ior durerà poco. E così Caloia individua un terzo direttore generale, l’umbro Lelio Scaletti, una leggenda dell’Istituto, uomo di comprovata professionalità e fedeltà alla Chiesa, legato da un rapporto di stima e di fiducia ai cardinali Tardini e Casaroli, assunto allo Ior nel dopoguerra.

Per il banchiere del Mediocredito Caloia, occorre mettere mano a un processo di riforme per aumentarne l’efficienza, la trasparenza e la redditività. Ottenuto il disco verde da Casaroli, Caloia accelera sul processo di rinnovamento. Sul piano finanziario tra le prime mosse della presidenza e della direzione c’è quella della messa a maggior reddito di una quota crescente della liquidità, in precedenza investita a breve termine mediante semplice acquisto di titoli obbligazionari a rischio contenuto. In pratica l’Istituto si limitava a incassare le cedole dei titoli senza fgestirle più di tanto. Caloia introduce moderni metodi di gestione patrimoniale. Per facilitare il compito nel torrione ha lavorato un team di alto livello della società di revisione contabile Peat Marvick, Il rappporto Peat Marvick elenca una lunga serie di consigli per migliorare e ammodernare la struttura operativa e contabile, a cominciare da un organigramma con compiti e funzioni procedurali (con la gestione Marcinkus tutto era più indefinito e spesso le funzioni si accavallavano), da un manuale di istruzioni, da maggiori indicazioni sulla politica degli investimenti. Occorreva poi un’anagrafe del patrimonio immobiliare, ulteriori controlli interni e anche un inventario. Tra gli altri suggerimenti la necessità di dotarsi “di un articolato piano di conti” e soprattutto di “nuovi principi contabili (quelli attuali sono inconsistenti)”, la radiografia dei conti “dormienti”, la riduzione delle giacenze in contanti. Bisognava operare sul piano della sicurezza, dell’illuminazione e persino degli avvisatori di fumo.Verrà anche istituito un servizio interno di ispettorato incaricato di esercitare controlli e verifiche sulla consistenza dei valori, sulla regolarità formale e sostanziale delle scritture contabili e dei contratti, sulla correttezza delle condizioni applicate ai rapporti che generano interessi attivi e passivi e sulle commissioni. A fine anno l’utile complessivo crescerà notevolmente.
(6-continua)

Francesco Anfossi
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