Al cuore della morale cristiana

Il Decalogo può essere paragonato alla segnaletica di un cammino che conduce all’autentica relazione con Dio e con il prossimo. E ha come orizzonte la legge dell’Amore.

Quinto Comandamento

01/10/2012

«Non uccidere». La vita da valorizzare. Il diritto alla vita si fonda sulla vita stessa e, quindi, su Dio, creatore della vita. Anche il non credente sperimenta che la vita non è costruzione e produzione umana: è una realtà ricevuta, donata, rinvia oltre, rinvia al mistero, all’Assoluto. La vita per sé stessa è religiosa (sacra). La vita umana è indisponibile da chiunque, privato o potere pubblico che sia. Nessuno è padrone della vita propria o di altri: è sotto la protezione di Dio: «Non uccidere».

La dignità della persona esige incondizionato rispetto dall’inizio al termine naturale dell’esistenza. La vita umana si scontra oggi con frequenti e numerosi casi limite, dove la categoricità del divieto sembra sospesa: si pensi alle gravi situazioni evocate dal suicidio, dall’eutanasia, dall’aborto, dall’embrione umano, dalle sperimentazioni scientifiche, dalla pena di morte, dalla guerra. In questi e altri casi sorgono domande sul da farsi: il divieto non è forse assoluto e incondizionato?

Il Comandamento «Non uccidere» difende la vita in modo globale e non settoriale: forte nella contrarietà all’aborto e all’eutanasia, alla guerra e alla pena di morte, a un’economia e organizzazione del lavoro ingiusta. Si verifica oggi, più che nel passato, una crescita delle coscienze nell’esigere la cancellazione della pena di morte negli Stati che ancora la prevedono e la praticano; e nel sostenere la contrarietà alla guerra, quale strumento di soluzione delle controversie internazionali.

Luigi Lorenzetti
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