20/04/2013
Siamo in un momento molto grave, un momento di emergenza della democrazia in cui il Parlamento ha rivelato la sua fatica, quasi la sua incapacità, a eleggere il presidente della Repubblica, trovando una convergenza su un nome. Si è ricorsi alla generosa disponibilità di Giorgio Napolitano che rappresenta una storia politica radicata nella Prima Repubblica e negli anni, difficili, della Seconda. È stata una scelta giusta, anzi obbligata, che però ci mette di fronte a un programma impegnativo, a cui non possiamo mancare, pena il futuro del Paese e della democrazia.
Un programma di riforma della politica di cui l’Italia ha bisogno, proprio in questo grave momento di crisi economica, anche per non sprecare più di un anno di sacrifici che ci hanno fatto allontanare dall’abisso del default.
Ma l’abisso non è poi così lontano, soprattutto in mancanza di credibilità internazionale. Si deve parlare di una crisi della democrazia? Credo proprio di sì. Non nel senso che la democrazia è a rischio di dittatura, ma che la società italiana è a rischio di parcellizzazione e impazzimento. Milioni di italiani stanno ai margini della politica, non più convinti che possa aiutarli a una vita migliore, anzi pensando di non avere più un comune destino nazionale.
Altri milioni credono ancora nella rappresentanza politica, che però è messa dura prova da scarsa credibilità. C’è poi il mondo che reclama una rappresentanza più diretta, che si serve di Internet, che protesta contro il Palazzo, che considera le istituzioni imputridite.
Ci troviamo innanzi ad un intreccio di passioni, rabbie, delusioni e aspettative che producono una miscela esplosiva. Siamo in un’emergenza politica grave, ma non siamo destinati al caos. L’Italia deve aspirare ad una democrazia più solida. Ma la classe politica deve trarre dagli eventi di queste ultime settimane una severa lezione: non si può più rimandare, non si può più scherzare con il teatrino della politica, non si può più indulgere sulla via delle riforme o nei giochi personalistici.
Ci vuole una nuova sintesi politica in un clima consapevole dell’interesse del Paese. Bisogna operare immediatamente, senza aspettare un giorno, per un programma di riforme della politica a partire dalla legge elettorale. Si deve trovare un governo che guidi il Paese verso quella ripresa di cui i giovani senza lavoro, i poveri o gli impoveriti hanno assoluto bisogno. La crisi della politica viene pagata dai più deboli e mangia il futuro della società italiana.
Senza riforma della politica e senza governo, il sacrificio richiesto al presidente Napolitano sarà inutile. Non c’è più tempo innanzi a noi. Se non comincia subito una stagione di responsabilità condivisa l’Italia è a rischio.
I cattolici forse sono stati piuttosto silenti e spaesati in questa crisi. Occorre che facciano sentire il peso della loro presenza reale nel Paese per costruire un clima di riconciliazione di fronte a quelle lacerazioni e antagonismi che vengono dal recente passato, ma anche di fronte agli strappi costanti che si verificano nella vita quotidiana.
Abbiamo vissuto più di un anno di emergenza economica, ma ora siamo in un drammatico periodo di emergenza politica.
Con un Parlamento bloccato e con un discredito della politica. Occorre ricominciare una nuova fase costituente della democrazia, capace di sintesi tra la sensibilità della gente e le istituzioni. L’elezione di Giorgio Napolitano è un segno di speranza, che non va dissipato. Gran parte del Parlamento ha trovato unità sul suo nome con un atto di responsabilità (tutt’altro che un golpe). Confidiamo che cominci il tempo della responsabilità politica.
Andrea Riccardi
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a cura di Francesco Anfossi e Fulvio Scaglione