Come un vecchio generale

24/06/2010

 Chissà se Marcello Lippi ci ha pensato ieri in allenamento, mentre sistemava le sagomette bianche che simulano l'avversario da saltare e fanno tanto tiro a segno. Chissà se ha pensato che, se si fosse messa male, sarebbe toccato a lui oggi mettersi al posto del bersaglio per farsi sparare.  

    La sua tattica è stata sempre un asserragliarsi dietro una fortezza di silenzi e risposte acide, ma funziona solo quando va tutto bene. Se va male, quando la metti così, resta solo il plotone d'esecuzione.
Forse se lo aspettava, perché il mestiere lo conosce e lo sa anche lui, forse meglio di tutti, che questa squadra non aveva il guizzo per cambiare passo e se l'aveva l'ha trovato a dieci minuti dalla fine, contro un avvesario morbido che comunque nel caos ha segnato tre gol. 

    Ma difendere le scelte sbagliate fa parte del mestiere dei generali - almeno finché si combatte: mica puoi dire che hai mandato soldati semplici a farsi infilzare alla baionetta da eserciti  di terracotta, senza speranze, con le scarpe di cartone (e piedi come ferri da stiro). Non si può ammetterlo, neanche quando succede.
Fortuna che si tratta solo di prendere pallate. Ma non è il massimo neanche così.
E l'ultima partita di Marcello Lippi, un «dai dai» ai suoi nei primi minuti e poi una faccia pietrificata, è un tempo dilatato che non passa più. 

    Solo contro tutti lo è stato sempre per scelta, come un Drogo nel deserto del pallone, ma stavolta i Tartari sono dietro la porta. E Marcello Lippi che fa? Si mette davanti al plotone che gli dovrebbe sparare e dice: me lo merito, fate pure. «Mi dispiace, se una squadra perde così, è perché il suo allenatore non è stato capace di prepararla a dovere dal punto di vista psicologico e tecnico. Mi prendo tutte le responsabilità. Altre volte ci sono riuscito, stavolta no. Mi dispiace enormemente».

    Onore al vecchio generale almeno per la franchezza. Bisogna riconoscere che non è da tutti (anche se poi le mani in alto servono a spuntare le armi). A questo punto, però, prima di tutte le disamine del caso, resta una lancia da spezzare, per Roberto Donadoni, che in fondo agli Europei 2008 almeno aveva portato la Spagna ai rigori. Ma a lui invece hanno sparato tutti.

a cura di Elisa Chiari
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