La grande attrice Valentina Cortese
Per capire chi è Valentina
Cortese basta riportare le
parole di Ingrid Bergman
che nel 1973 le soffiò
l’Oscar come miglior
attrice: «Questo Oscar non
mi appartiene. Appartiene
a Valentina Cortese». Musa
per molti anni di Giorgio
Strehler, ha recitato al
cinema per registi come
Federico Fellini, François
Truffaut e Franco
Zeffirelli. Per quest’ultimo,
con cui ha girato anche
Fratello sole, sorella luna e
Gesù di Nazareth, ha
interpretato la madre
superiora in Storia di una
capinera, il film che il
regista nel 1993 ha tratto
dall’omonimo romanzo di
Giovanni Verga, che
Famiglia Cristiana
propone questa settimana nella collana
Biblioteca universale
cristiana. La grande attrice,
nata a Milano nel 1923 e
che ha da poco pubblicato
la sua autobiografia Quanti
sono i domani passati, ha
scritto per noi queste righe
per spiegarci cosa ha
rappresentato per lei
il romanzo di Verga.
Angela Bettis in Storia di una capinera.
Storia di una capinera è un’opera giovanile
di Giovanni Verga. Ma già lo
studio psicologico dei personaggi è
estremo.
C’è una meravigliosa fusione
fra i personaggi e l’ambiente in cui vivono
e agiscono. È un romanzo intimo. La
realtà descritta è colta nel suo aspetto nudo
e doloroso. Paesaggi e personaggi restano
“veri” eppure immersi in una luce
di favola remota. Una materia perfetta
per il cinema, con le sue descrizioni a
campi lunghi e con i primi piani psicologici
dei personaggi.
Ci sono, nella scrittura di Verga, l’intimità
e il pudore dei sentimenti, la fatica e la
pena del lavoro, insomma, la vita. Sentimenti
e paesaggi visti sul nascere e il morire di
un’esaltazione amorosa.
A Storia di una capinera mi legano pure ricordi
personali. Anch’io, come la giovane
protagonista Maria, non sono stata cresciuta
dalla mia vera madre e durante le riprese del
film di Zeffirelli mi capitava di proiettare su
Angela Bettis, l’attrice che la interpretava,
parte del mio mondo giovanile.
Il ruolo di
madre superiora mi riportava al mio mestiere
di attrice e diventavo altro da me, ma certe
onde emotive provate nella mia infanzia le rivivevo
fortissime quando vedevo Angela nei
panni di Maria. E poi c’era l’ambientazione
contadina, così presente nelle opere di Verga,
abilissimo nel cogliere il rituale quotidiano
del lavoro nei campi, i giochi, le feste stagionali.
Io sono cresciuta in quel mondo e,
anche se di certo non mi rendevo conto di
tutto questo con la sua lucidità, assaporavo i
proverbi, i canti, i balli nell’aia, le favole nella
stalla raccontate dagli anziani del paese.
E ancora oggi che i ricordi risvegliati si
fanno più vividi e presenti, li rivivo con la
poesia delle cose lontane.
È questa la grande
forza della letteratura: è il grande specchio
dove l’umanità si riflette e si riconosce,
è la memoria che ci lega nel tempo.
Vorrei vivere un’altra vita ancora per leggere
e per rileggere i grandi libri.
Storia di una capinera di Verga in edicola e in parrocchia da giovedì 23 agosto
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Pubblicato il
21 agosto 2012 - Commenti
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