Errare è umano, perseverare è davvero diabolico.
È quanto ha fatto Celentano al Festival
di Sanremo, con due attacchi, a distanza
di giorni, a preti, frati, vescovi. Con due
sole eccezioni: don Gallo e don Mario. In particolare,
si è scagliato contro Avvenire e Famiglia
Cristiana. Tutti colpevoli di non parlare di
Paradiso e di Dio, ma soltanto di politica e delle
vicende di questo mondo.
Il “molleggiato” come
cantante non si discute. Le sue canzoni fanno
parte della storia della musica italiana. Ma
all’artista manca una piccola virtù cristiana:
l’umiltà. Ma anche il senso del limite. Che, forse,
può aver recuperato quando dall’Ariston,
per la prima volta, gli hanno urlato “basta”
agli sproloqui. Ma anche le sue pause e i silenzi
sono insopportabili. Più che “eloquenti”, esprimono
un vuoto di idee. Ci è parso patetico vederlo
destreggiarsi su terreni a lui inconsueti,
come la teologia. Soprattutto, quando assume
l’aria del “predicatore” o del “profeta”.
«Gli argomenti
alti», ha detto il presidente della Rai
Garimberti, «andrebbero toccati in altro contesto
e con ben altro livello intellettuale».
L’attacco a Famiglia Cristiana e ad Avvenire
ha dimostrato che Celentano non legge la stampa
cattolica. Certo, per il “re degli ignoranti” non
è una colpa. Ma se si aggrediscono due giornali,
invocandone la chiusura (naturalmente, nel nome
della libertà!), bisognerebbe almeno documentarsi.
Parlare a ragion veduta. E non mosso
dall’acredine per una critica, mal digerita, ai suoi
esosi compensi.
Paradossalmente, al di là del clamoroso
successo di audience, Sanremo è stata
una sconfitta per Celentano. Gli si ritorcerà contro
come un boomerang. Ha vinto una battaglia,
ma perso la guerra. I fischi e l’interruzione del
suo monologo in eurovisione ne sono il segno.
Mai successo prima per un artista del suo calibro.
Nonostante il soccorso di un patetico Morandi.
Celentano ha dato un duro colpo, forse mortale,
anche al Festival di Sanremo, che ha sacrificato
tutto alla logica dell’audience. A cominciare
dal buonsenso.
Ma dal disastro non s’è
salvata nemmeno la Rai, smarrita e ipocrita,
che all’Ariston plaudiva alle battute di Celentano.
Una Rai soggiogata dal clan del “molleggiato”,
cui ha permesso tutto. Se è vero che in
democrazia ciascuno è libero di esprimere le
proprie critiche, questo non lo si può fare senza
contraddittorio su una Tv pubblica, pagata
con il canone di tutti. Soprattutto se le parole
hanno il sapore di una vendetta. Non basta
qualche scusa “privata” a chiudere il caso.
Un grazie, infine ai lettori e a tutti coloro che ci hanno manifestato solidarietà (QUI trovate una valanga di interventi), anche sottoscrivendo un nuovo abbonamento. È la migliore risposta a Celentano. Nel frattempo, l’ho abbonato a Famiglia Cristiana. Così, potrà leggere il commento ai Vangeli del cardinale Tettamanzi, la rubrica di monsignor Ravasi, le risposte del teologo, le pagine sul Catechismo... e tutto il resto, che serve a vivere una fede meno disincarnata. Come ci ricorda la Bibbia: «La gloria di Dio è l’uomo vivente».
Pubblicato il
22 febbraio 2012 - Commenti
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