di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 giu
Perdoni questo mio sfogo: è di oggi la notizia che il vertice di una nota azienda è stato arrestato. Sono disgustato. Ma com’è possibile che, ogni giorno, riceviamo notizie di truffe, evasione fiscale, comportamenti illeciti. Ci mancava solo il calcio scommesse! Ai tempi di mio padre l’onestà era un valore. La Chiesa deve ribadire che il denaro non è l’unico scopo della vita. Ovunque mi giro, non sento altro che parlare di soldi e consumi.
La frode è all’ordine del giorno. Mia figlia lavora per cinquecento euro al mese. Non parliamo poi dell’esempio dei politici. Io non sono un santo, ma rispetto tutti. Bisogna lottare per cambiare questo sistema e per dare spazio alle persone oneste.
Carlo
Quando la furbizia è la massima virtù nazionale vuol dire che il Paese è malato. Ci vorrebbe una “cura da cavallo” perché si riprenda subito. Prima che corruzione, evasione fiscale e comportamenti illeciti si trasformino in una via senza ritorno.
L’onestà è ancora una virtù. Non certo delle persone deboli, ma di quelle forti. Come dovrebbero essere, più degli altri, gli “eletti” a rappresentarci e a gestire la “cosa pubblica”. Purtroppo, la realtà ci porta coi piedi per terra. Perché assistiamo a una classe politica poco credibile.
Qualsiasi riforma che richieda ancora sacrifici ai cittadini, se non tocca prima i privilegi e le laute prebende dei nostri parlamentari, non è credibile. È triste constatare come in momenti di ristrettezze e sacrifici per tutti, chi non tira mai la cinghia è la “casta”. Lo spropositato costo della politica, che toglie risorse alle famiglie e al sociale, non è più tollerabile.
Pubblicato il 29 giugno 2011 - Commenti (6)
27 giu
Sono un affezionato lettore da molti anni e le scrivo per avere un parere sulle multe che l’Autorità della comunicazione ha dato ad alcuni Telegiornali per aver violato la legge sul regolamento elettorale. Tra questi spicca il Tg1 con un’ammenda di 258.000 euro. Chi pagherà, realmente, questa multa?
Come sempre, i soldi saranno presi dal canone. Noi cittadini, oltre a pagare fior di stipendi ai direttori dei notiziari televisivi, ci facciamo carico anche dei loro errori. Perché non tirano fuori un soldo di tasca propria? Altrimenti, con un atto di umiltà, si dimettano, non essendo stati all’altezza dell’incarico ricevuto. Perché non si applicano in Tv le buone regole civili che valgono per tutti in società?
Amedeo Z. - Vicenza
La Tv pubblica si sta degradando a livelli mai toccati in passato. Per via di una logica che non risponde al bene degli utenti, ma agli interessi dei politici. Senza distinzione di colore, perché a ogni cambio di Governo si perpetuano gli stessi mali. A cominciare dalla lottizzazione e dalla mortificazione delle competenze professionali. Contro le stesse leggi di mercato e dell’editoria, il servilismo è premiato più della bravura. Complici gli stessi giornalisti, senza più dignità ed etica, che a ogni cambio fiutano l’aria che tira, per farsi trovare già proni davanti al potente di turno. Sarebbe bene ricordare a chi spadroneggia in Tv che i veri “padroni” cui rispondere sono i cittadini, che pagano il canone.
Pubblicato il 27 giugno 2011 - Commenti (1)
22 giu
Ho apprezzato moltissimo il suo recente intervento a Palazzo Ducale di Genova sulla clandestinità. Le sue parole sono state giuste, pienamente condivisibili. Sono d’accordo con lei. Purtroppo, tanti italiani fanno ancora fatica ad accettare una società multietnica e multiculturale. Ma questa, ormai, è una realtà. È inutile nascondere l’evidenza!
I movimenti migratori sono una notevole fonte di ricchezza economica e culturale. Gli stranieri contribuiscono ad accrescere la ricchezza nazionale, sebbene noi gli neghiamo i diritti.
A quanti ritengono che clandestino sia sinonimo di delinquente, voglio
ricordare il nostro passato di emigranti, quando all’estero eravamo noti
solo come malavitosi e mafiosi. Non accusiamo gli stranieri della
delinquenza nel Paese, quando in Italia intere regioni sono in mano alla
criminalità organizzata. Dobbiamo mirare a costruire una società più
giusta e umana. Dove tutti si sentano fratelli.
Lettera firmata
La “politica dello struzzo” non rende. Ignorare che l’Italia è già, nei fatti, un Paese multiculturale, multietnico e multireligioso, vuol dire non governare il fenomeno migratorio. O, più concretamente, la presenza di cinque milioni di stranieri sul nostro territorio.
Certo, sono una “scomodità”, come ricorda il direttore della Caritas nazionale, don Vittorio Nozza. Ma se sono ben gestiti (nella sicurezza, nella legalità ma anche nell’accoglienza) si trasformano subito in una grande risorsa. E il Paese, oggi, non può più farne a meno. Sulla paura, sugli egoismi e le chiusure non si costruisce un futuro di crescita.
Pubblicato il 22 giugno 2011 - Commenti (7)
22 giu
Per quello che vale, le rinnovo il mio sostegno per la battaglia morale che sta portando avanti. Ho sessant’anni e sono nonna
di due splendidi nipoti, che adoro. Spesso passo sopra alle loro marachelle, ma se per caso, qualche volta, dico «ora basta», la loro mamma mi zittisce in malo modo. E io devo tacere. In altre parole, è come se mi dicesse: «Fai la baby sitter e zitta!». Le sembra il modo? La prego, dica una parola anche per noi nonni. La mamma in questione legge Famiglia Cristiana, ed è mia figlia. Non la nuora.
Maria Grazia
Non importa se nuora o figlia, ma quel modo di fare è deprecabile. L’importanza dei nonni, per il prezioso aiuto che danno alle giovani famiglie, si capisce solo quando non li si ha a portata di mano. Lei non è la “serva” di sua figlia, anche se volentieri si presta ad accudire i nipotini. Glielo faccia capire subito, invitando sua figlia, altrimenti, a procurarsi una baby sitter. La sua disponibilità non può essere trasformata in obbligo, come fosse una “servitù” dovuta. Certo, il ruolo primario dell’educazione spetta ai genitori. Ma, se non apprezzano la collaborazione, se ne assumano le conseguenze.
Quando viene meno il buonsenso, qualche scossa può essere salutare. Anche nei confronti di sua figlia. I nonni non sono “usa e getta”. Sono un capitale di saggezza, che è da insensati sciupare così malamente.
Pubblicato il 22 giugno 2011 - Commenti (1)
15 giu
Sono sposata da venticinque anni, con due figli stupendi e un ottimo lavoro part-time, che mi consente di seguire casa e famiglia. Non abbiamo nessun problema economico. Tutto filerebbe liscio se non fosse per quell’integrista e “talebano” di mio marito. Santa Messa e rosario tutti i giorni, nonché Radio Maria la sera. A casa non si deve sprecare nulla, perché lui ha fatto una scelta di povertà. Tanto meno fare un acquisto, se non è strettamente necessario. Quando mi tolgo qualche piccolo sfizio, mi si scaglia contro con pesanti giudizi morali, manco fossi una
donna di strada. Tra di noi niente regali ai compleanni e a Natale, perché i poveri sono alle porte. Le pare possibile, nel nome del cristianesimo, vivere così? Mai un gelato o una pizza con gli amici. E guai a invitarli a casa. Immagini con quale idea distorta della religione stanno crescendo i miei figli. Non ce la faccio più. Manca solo che mio marito chieda la dispensa al vescovo e che si ritiri in un monastero!
Carla - Pisa
Con questa mentalità, cara Carla, tuo marito farebbe danni anche se si ritirasse in un monastero. Non c’è appello a qualsiasi principio religioso che possa permettergli di non rispettare gli altri. A cominciare da voi familiari, che siete le persone più vicine e preziose che lui abbia. La sua è una pessima immagine che dà del cristianesimo. Piegare la preghiera per giustificare comportamenti gretti e meschini è una mistificazione. Una forma masochistica della vita. Non ce lo chiede nessuno, neanche il Signore. Altra cosa, invece, è perseguire uno stile di vita sobrio, che non ceda alle mode consumistiche ed edonistiche del momento. Ma nel caso di tuo marito siamo alle soglie della patologia, rivestita da afflati religiosi. Dici bene tu stessa: «Questa è un’idea distorta della religione». Aiutalo, se puoi, a comprendere la gioia del dare e della gratuità. Il cristianesimo è gioia. È visione positiva della vita. Immagino che tuo marito sorrida anche poco!
Pubblicato il 15 giugno 2011 - Commenti (24)
14 giu
Le scrivo per condividere con lei un pensiero che mi gira per la testa da diversi mesi. E per capire se, grazie alla rivista, lo si potrebbe mettere in atto. Lavoro come educatore e credo che, ormai, siamo in molti a condividere i notevoli danni che la televisione continua a fare.
Nonostante tutti i risvolti positivi che questo strumento potrebbe avere. La provocazione consisterebbe in questo: lanciare una raccolta di firme da indirizzare al Papa e chiedergli di “scomunicare” la televisione. La mia è una provocazione per richiamare l’attenzione sull’uso scorretto che se ne fa. Penso, in particolare, ai danni nei confronti dei bambini. Che ne pensa?
Emilio C. - (Sondrio)
Se vuoi liberarti la mente, abbandona subito questa tua provocazione. Non è il caso di scomodare il Papa e la scomunica. O di chiedere il nostro supporto per raccogliere firme. E poi, non è certo la Tv che è da scomunicare. Come mezzo, in sé, essa è neutra. Può fare del bene o del male: tutto dipende dall'uso che ne facciamo. Come tu stesso riconosci. Sia da parte di coloro che la programmano, sia da parte di noi utenti che, spesso, la "consumiamo" in modo passivo e alienante. In positivo, varrebbe la pena che ci educassimo a farne un buon uso. In modo critico e intelligente. Intanto non accendendola per noia, come rumore di sottofondo, perché non si sa che cos'altro fare. O per sentire una "voce", un "suono", che ci faccia compagnia. Come rimedio alla solitudine o a un vuoto di interessi. E a tavola, quando la famiglia è riunita, togliamole il ruolo di "ospite fisso". Invitiamola solo quando vogliamo noi. A vantaggio di due parole da scambiare con i propri figli.
Pubblicato il 14 giugno 2011 - Commenti (0)
08 giu
La chiesa di Genova dove era parroco don Riccardo Seppia.
Ho visto su Famiglia Cristiana (n. 22/2011) la fotografia della
chiesa dove era parroco don Riccardo Seppia, con le indegne
scritte sulla facciata. Se scrivere sui muri è un reato, pubblicizzare
tali scritte riproducendole su Tv e giornali, dovrebbe essere
“apologia di reato”, perché così gli incivili autori di quelle scritte
si vedrebbero incoraggiati nelle loro imprese, con i mass media
che fungerebbero da cassa di risonanza ai loro criminosi atti.
Bisogna smetterla di fare pubblicità a tali ignoranti “scrittori”, che
devono aver scritto ben poco sulle lavagne e sui banchi di scuola,
per non saperlo fare meglio che sui muri. Nello storico quartiere
di Trastevere in Roma, ad esempio, non c’è più un centimetro
di muro pulito. E ora si sono messi a scrivere sui portoni. Uno
scempio e una vergogna davanti a tutto il mondo. Perché
Famiglia Cristiana non si fa promotrice, magari iniziando con
la pubblicazione di questa mia lettera, di una campagna per
l’approvazione di una legge che definisca “apologia di reato”
la pubblicizzazione delle scritte sui muri e preveda severissime
sanzioni sia per gli autori delle scritte, sia per chi le pubblicizza sui
mass media? La ringrazio dell’attenzione e, nel caso decidesse di
pubblicare, le chiedo la cortesia dell’anonimato.
Un prete di Roma
D’accordissimo con te nello stigmatizzare l’indecente opera di imbrattare
ogni spazio pubblico a disposizione. Spacciarla per attività dell’ingegno
sa un po’ di truffaldino. L’arte è ben altra cosa, e la si può esercitare
meglio in spazi ben definiti. Ormai le nostre città sono “ferite” da
scritte e segni che non risparmiano più nulla: muri, monumenti, chiese,
mezzi pubblici… Uno spettacolo indecoroso che non ha eguale in altre
città del mondo. Una soluzione, che non sia però la sola via della repressione,
va senz’altro trovata. Detto ciò, leggendo la tua lettera, confesso
d’essere rimasto allibito per l’assenza anche di un solo cenno all’altro
sfregio, infinitamente più grave, che don Seppia ha fatto alla sua comunità
parrocchiale. I muri si possono facilmente ripulire. Più difficile, invece,
è rimediare allo sfregio del “volto di Cristo” operato da un prete pedofilo.
Doverlo ricordare a un sacerdote è davvero deprimente. Anche
nell’indignazione c’è una scala di priorità.
Pubblicato il 08 giugno 2011 - Commenti (24)
06 giu
Da assiduo lettore della sua rubrica, mi sono permesso uno sfogo, che spero lei condivida. Continui pure a bacchettare i potenti cialtroni, perché il Paese ha bisogno non solo di moniti, ma anche di speranza. Si sono appena conclusi i ballottaggi elettorali e noto, con piacere, segni di novità che aspettavamo da tempo. Se da una parte ha vinto l’astensionismo, come protesta verso una politica malata e parassitaria, dall’altra hanno fatto capolino volti estranei alla vecchia nomenclatura. C’è un linguaggio nuovo da parte degli eletti, supportati da giovani entusiasti, desiderosi di dare una mano alla politica, perché sperano in un cambiamento reale del Paese. Le cose in Italia non vanno bene.
La corruzione e il degrado morale sono sotto gli occhi di tutti. E la “casta” dei politici, una volta insediatasi nel castello dorato, “nicchia”. La gente fa bene a protestare! Di fronte ai privilegi dei nostri onorevoli, milioni di persone, dopo una vita di lavoro, sono ricompensati con ottocento euro al mese o poco più. Che prospettive di lavoro hanno i nostri figli? Il Paese vero, quello che lavora, crede e spera, ha bisogno di un segnale forte. Di onestà, innanzitutto. A tutti i livelli. Siamo stufi di sprechi, ruberie, prevaricazioni e immoralità dei nostri governanti. Così si va solo verso il precipizio. Come si può chiedere onestà al popolo quando c’è una classe politica così inquinata e godereccia? Occorre una rivoluzione morale.
Luigi A.
Al di là delle valutazioni politiche, l’ultimo passaggio elettorale
ha segnato un sussulto di coscienza e di dignità. A fronte di un degrado
etico, nel privato e nel sociale, non più tollerabile. Che ci siano
ancora mestatori che pescano nella melma, per avvelenare il risveglio
civile e morale, è solo un colpo di coda livoroso e irresponsabile. Come
quello degli striduli “grilli parlanti” che travisano le parole del
cardinale di Milano per infangarne la figura e l’opera. Quando
Tettamanzi lascerà la Chiesa ambrosiana, ci sarà grande rimpianto per un
“pastore” che si è sempre ispirato al Vangelo per ogni sua mossa. Dei
“cri-cri” insolenti di noti pennivendoli, nessuno sentirà nostalgia.
Anzi.
Pubblicato il 06 giugno 2011 - Commenti (6)
01 giu
Le ho già scritto, in passato, sugli insegnanti precari. Ora
voglio soffermarmi sull’immagine della donna e anche
dei bambini nella nostra società. La dignità della donna
è offesa quando viene rappresentata come oggetto. Si
mette in evidenza la sola bellezza, ottenuta magari con
la chirurgia plastica o con le foto ritoccate al computer.
Le donne dello spettacolo, cioè le sex symbol, devono
essere sempre perfette. E anche i bambini sono sfruttati,
sia in Tv che nei concorsi di bellezza. Avete presente
Miss America per le bambine? È una cosa mostruosa!
Ma il fenomeno dilaga in tutto il mondo.
Carmen R.
Quando si smarrisce il senso della vita e si inverte la scala
dei valori, può capitare di tutto. Anche quello d’essere schiavi
della propria bellezza, vittime del bisturi per fermare il tempo.
In una corsa senza fine, sempre perdente. Così si arriva
anche a sfruttare i bambini per concorsi che li vedono scimmiottare
gli adulti, come “bestioline” ammaestrate.
Dopo
tante battaglie per la parità dei diritti, la donna è tuttora offesa.
È sottomessa ai maschi e ai loro desideri, come semplice
oggetto di piacere. Peggio, poi, ci comportiamo quando rubiamo
l’infanzia ai piccoli. A quell’età, hanno solo bisogno
di essere amati, giocare e crescere sereni. Ogni cosa a suo tempo.
Non anticipiamogli l’età adulta.
Pubblicato il 01 giugno 2011 - Commenti (11)
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