27
set
Ho due osservazioni da farle.
La prima su una sua risposta sul
“gratta e vinci”. Se tutti avessimo il
senso della misura nel gioco (e non
solo in questo), non ci sarebbero
tante famiglie sul lastrico!
Bisognerebbe, quindi, non indurre
in tentazione chi è debole. L’altra
riguarda le mense della Caritas,
sempre più affollate di gente.
Cosa vera, purtroppo! Ma non
dimentichiamo che molte di quelle
persone sono in difficoltà perché
hanno tenuto un tenore di vita
molto elevato. E vogliono continuare
a mantenerlo. Le pizzerie, i pub
e le discoteche sono sempre
strapieni di giovani e giovanissimi.
E non solo il sabato. Ci vorrebbe
più sobrietà. Bisogna rinunciare al
superfluo, come l’ultimo modello
del telefonino o il vestito firmato.
Io non ho mai avuto complessi
a indossare vestiti usati, che a mia
cugina non andavano più. O ad
accettare i “no” motivati dei miei
genitori! Anzi, li ringrazio. Hanno
saputo trasmettermi alti valori. Gli
stessi che ho cercato di dare alle mie
figlie e ai miei alunni. E ora anche
ai nipotini, non senza difficoltà
e contestazioni. Ovviamente,
condivido la sua analisi sulla crisi
economica, ma temo molto di più
quella etica!
Anna di Bari
Almeno su due cose siamo in pieno
accordo. Primo, sulla necessità di una
maggiore sobrietà. In tutto, a cominciare
dagli stili di vita di tutti i giorni. Non
solo viviamo al di sopra delle possibilità,
ma spesso siamo sopra le righe anche
nelle parole e nei comportamenti.
Non si tratta di austerità obbligata dalla
crisi economica, ma di una scelta di
valore. Solidale con le tante miserie e
povertà che ci circondano. L’altro aspetto
su cui concordiamo è sulle crisi d’oggi.
La peggiore è senz’altro quella etica.
Un mondo senza anima dà vita a una
società individualista ed egoista. Dove
a stare peggio saranno i deboli. Ma anche
i più giovani, perché mancheranno
loro modelli credibili da seguire.
Pubblicato il
27 settembre 2012 - Commenti
(7)
20
set
Le confesso la mia delusione per la sua
risposta alla lettera della signora
maltrattata dal marito (FC n. 50/2011).
Ho avuto l’impressione che non abbia dato
un grande aiuto morale a quella donna.
In fondo, lei consiglia la separazione. Una
scorciatoia in linea coi tempi. Lei cita anche
il cardinale Tettamanzi, ma il tono secco
non mi sembra lasci molti spiragli. Nessuna
possibilità di appello per il marito. Nessun
invito a un dialogo a distanza. Prima di
consigliare di sfasciare una coppia, varrebbe
la pena pensarci un po’ su. Glielo dico per la
mia esperienza di marito e padre, fatta anche
di ripicche e litigi. Ma non lascio mai che la
stanchezza abbia il sopravvento. Va suggerita
più spiritualità, per mitigare le vicendevoli
manchevolezze.
Giovanni F. - Verona
Quella coppia era già sfasciata. E tutto quello
che era possibile fare, era già stato fatto. Cioè, le
stesse cose che tu, caro Giovanni, consigli. Nessuna
scorciatoia, quindi, in linea con le mode del
tempo, che vedono tanti matrimoni sciogliersi
per un nonnulla. Senza alcun tentativo per salvarlo.
Torno a insistere su una seria preparazione
alle nozze. E al recupero del fidanzamento come
cammino di conoscenza e crescita, in vista di
una scelta decisiva nella vita. Per non ritrovarsi
sorpresi, dopo il rito, con una persona diversa.
L’amore, spesso, è istintivo. Un colpo di fulmine.
Ma un serio progetto di vita a due richiede anche
concretezza e piedi per terra. Non è un’avventura
da affrontare con superficialità e improvvisazione.
E vada come vada.
Pubblicato il
20 settembre 2012 - Commenti
(5)
19
set
Oggi, sempre più, la Chiesa è oggetto
di continui attacchi. A tale scopo, si
ingigantiscono a dismisura gli errori umani
del clero. Insomma, si evidenziano più le
ombre che le luci. Perché avviene tutto ciò?
Molti pensano che il cristianesimo sia
un ostacolo per i “poteri forti” di avere
il pieno dominio sull’uomo. Per questo,
mal sopportano la Chiesa quando difende
la famiglia naturale e i valori basilari
come la vita umana in tutti i suoi aspetti,
la libertà di educazione, la giustizia
e la pace. Il messaggio cristiano, inoltre,
è coscienza critica. Obbliga gli uomini
a fare i conti con sé stessi e le norme etiche.
E questo dà fastidio a molti. Mi vengono
in mente le parole di Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima
di voi ha odiato me».
Billy S.
La Chiesa e il Vangelo sono segni di contraddizione
nei confronti di una società sempre
più individualista ed egoista. I cristiani sono
chiamati ad andare controcorrente. E a testimoniare
la dignità della persona e l’uguaglianza
di tutti gli esseri umani. Soprattutto
quando questi valori sono calpestati. O a essi
vengono anteposti la ricerca smodata del successo,
della ricchezza e del profitto. Da ottenere
a ogni costo. Il vero problema, purtroppo,
sorge quando i credenti non sono più “sale”
della terra. E il loro “lievito” non è più capace
di fermentare la massa.
Pubblicato il
19 settembre 2012 - Commenti
(13)
12
set
Sono la zia di un giovane
ventinovenne, laureato,
con un buon posto di lavoro,
cresciuto in una famiglia
di buoni princìpi cristiani
e morali. Frequenta la
chiesa e, nel tempo libero,
si impegna nel volontariato.
Ma c’è una cosa di cui
non riesco a farmi una
ragione: si è innamorato
di una donna divorziata,
con un bambino di tre anni,
e desidera ardentemente
sposarla. A me spiace, perché
non può sposarsi in chiesa.
E poi, onestamente, vedo
una situazione ingarbugliata
con eventuali figli che
nasceranno. Ma con tante
brave ragazze che ci sono,
proprio d’una divorziata
doveva innamorarsi?
Annamaria - Padova
Verrebbe da dire subito che
al cuore non si comanda. Così
come non si può considerare
donna di malaffare ogni divorziata.
E brava ragazza chi
deve ancora sposarsi. A prescindere
da qualsiasi valutazione.
Certo, non tutte le preoccupazioni
della zia sono infondate.
Siamo di fronte a un precedente
matrimonio, comunque,
“fallito”. Anche se non ne
conosciamo le ragioni. E alla
presenza di un figlio, che si troverà
ad avere un altro papà.
Ma se questo nipote è così ferrato
nei sani princìpi e tanto
partecipe dei valori della Chiesa,
avrà fatto tutte le sue considerazioni
per una scelta consapevole.
Anche se differisce da
quella desiderata dalla zia.
Non posso immaginare che tutto
sia frutto di infatuazione.
La maturità umana e cristiana
ora è messa alla prova.
Pubblicato il
12 settembre 2012 - Commenti
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11
set
Qualche tempo fa, mia sorella veniva
trasferita in una struttura di lunga
degenza nei dintorni di Roma. Una sera,
ci chiamarono perché si annunciava il suo
tramonto. Ci precipitammo al suo capezzale.
Aveva la mascherina d’ossigeno. A un certo
punto, fummo invitati ad abbandonare
la struttura. Il regolamento non permetteva
la nostra permanenza oltre l’orario di visita.
Ci fu detto semplicemente: «Forse, ha ancora
qualche ora di vita. Quando mancherà,
ci penseremo noi a lavarla e comporla,
e a portarla nel sotterraneo, ove domani
potrete vederla». Invano, ho insistito per
restare. Per un’ultima vicinanza o gesto di
affetto. Poi, con una lettera, ho manifestato
il mio disappunto al responsabile della
struttura. Non ho mai avuto una risposta.
Mi consta che comportamenti simili non
siano isolati in certe strutture. E perfino in
qualche ospedale. Invocare i diritti umani
per i lontani è facile. Ma qui da noi si muore
come cani. Nel falso rispetto delle regole.
E tutti a far finta di nulla.
Angelo A. - Roma
Quando il rispetto delle regole contrasta
con i più elementari diritti delle persone, c’è
qualcosa di irrazionale e assurdo. Difficile da
capire. Tanto meno da giustificare. Soprattutto
quando si ha a che fare con la sofferenza o
con situazioni estreme come la morte. Non c’è
ragione che possa annullare sentimenti di
umanità e compassione. E privare le persone
di quei momenti intimi con chi sta lasciando
per sempre la vita. Una burocrazia ottusa è
peggio di tanti cattivi comportamenti.
Pubblicato il
11 settembre 2012 - Commenti
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05
set
Innanzitutto, vorrei esprimerle la mia sincera gratitudine per Famiglia
Cristiana. Ci aiuta tanto e ci propone sempre riflessioni che scuotono dal
torpore dell’anima in cui siamo caduti. Siamo una nuova famiglia, nata
a settembre 2010, con una bambina piccola che è una meraviglia, un vero
dono di Dio. La nostra felicità è indescrivibile. Vengo al punto dolente:
i miei suoceri. Non fanno altro che criticarmi. Io ho molto rispetto nei loro
confronti, ma non mi hanno mai accettata. Mia suocera non sta nemmeno
ad ascoltarmi. Quando è nata la bimba, se ne volevano quasi impossessare,
quasi fossero loro i genitori e non i nonni. Non ho più voglia di andarli a
trovare. E, poi, continuano a trattare il loro figlio, grande e sposato, come
fosse una loro appendice. Lo comandano ancora a bacchetta, a discapito della
nuova famiglia. Come devo comportarmi?
Mamma felice ma nuora triste
Questa lettera rafforza lo stereotipo della suocera impicciona,
che non smette di fare la mamma protettiva al figlio
già sposato e con un bambino. Ma il vero problema
non è lei. È questo marito e padre davvero “assente”. Un
bamboccione senza personalità. Non in grado di mettere
al suo posto la propria mamma, con il rispetto e l’affetto
necessario. E di rompere, finalmente, il cordone ombelicale
che ancora lo lega alla famiglia d’origine. Le persone
cui deve, innanzitutto, la sua disponibilità sono moglie e
figlia. Solo se la nuova famiglia è al centro d’ogni interesse
e attenzione, si possono stabilire rapporti corretti con
tutti. A cominciare dai suoceri e dai nonni.
Pubblicato il
05 settembre 2012 - Commenti
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04
set
Faccio fatica a riconoscermi in questa
Chiesa. La deriva, prima civica poi etica,
non sembra scuotere i suoi rappresentanti.
Pensano più a difendere i propri privilegi
che a sostenere le famiglie che soffrono,
disperate per il futuro dei figli. Non voglio
generalizzare, ma questa è la situazione.
I vostri richiami sono sempre stati puntuali
e precisi sulla “carità di Stato”, denunciata
come offensiva della dignità delle persone.
La Chiesa ha due millenni di vita e ha
attraversato stagioni difficili. Oggi, la
minaccia più grave è l’indifferenza. C’è
il rischio che il cristianesimo si trasformi
in religione civile, senza più la forza della
profezia. Abbiamo perso il concetto di Chiesa
come “popolo di Dio”, del Vaticano II. Siamo
in un vicolo cieco. Compromesso dopo
compromesso.
Giordano M.
Al di là di alcune accuse generiche sulla Chiesa,
sento nelle tue parole una nostalgia di
quell’ottimismo che il Vaticano II aveva suscitato,
cinquant’anni fa. Quando rilanciava la profezia
nella Chiesa. E, soprattutto, nella riscoperta
della comune dignità di tutti i fedeli, in quanto
“popolo di Dio”, partecipi dello stesso battesimo
e della stessa missione, pur con compiti differenti.
I laici non sono subordinati al clero, né cristiani
di seconda scelta. Così come la vocazione
missionaria è impegno di tutti.
Pubblicato il
04 settembre 2012 - Commenti
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