Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
29
mag

La nuova Chiesa dei poveri

Vorrei che mi aiutasse a capire quali sono gli scandali, veri o presunti, i “corvi”, le lotte di potere, le speculazioni e le beghe che hanno offuscato il volto della Chiesa, di cui avete scritto sulla rivista. O anche le “sporcizie” di cui anche lei parla. Perché si chiede al Papa di riformare la Curia? Mi verrebbe da pensare che voglia restare nella residenza Santa Marta per non dover frequentare persone che non lo meritano, ma non sarebbe da lui. Per non dover pensar male di tutti quelli, specie i cardinali, che sono attorno al Papa, ci dia indicazioni più chiare, per la fiducia e la stima che ho di lei.

Una vecchia abbonata
Conegliano (Tv)

La Chiesa è santa per sua natura, ma peccatrice perché è composta da uomini con i loro pregi e difetti. Ed è sempre da riformare, perché nel campo del Signore, assieme al grano, cresce la zizzania. Benedetto XVI, in più occasioni, ha espresso sgomento per «la veste e il volto così sporchi della Chiesa», vedendo come «nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi », e come «la nave della Chiesa naviga con vento contrario». Il nuovo corso di papa Francesco ci sta riconciliando con il volto bello della Chiesa.

Pubblicato il 29 maggio 2013 - Commenti (1)
30
apr

Se noi preti fossimo esempio di povertà

Ho letto su Famiglia Cristiana (n. 16/2013) l’intervento di don Mazzi sulla Chiesa povera. Il cardinale Biffi sosteneva l’esatto contrario: la Chiesa deve essere ricca. E portava a dimostrazione la differenza tra il Battista e Gesù: questi era chiamato Signore, non vestiva peli di cammello ed era invitato a cena da personaggi di riguardo. Certo, Gesù non era ricco. Credo che il cardinale volesse mettere l’accento su una questione ancora oggi dibattuta. A mio parere, c’è un equivoco di fondo: lo sfoggio di ori, auto con autista e abiti lussuosi da parte degli alti prelati non è una bella testimonianza, specialmente per chi non crede. Ma parlare di svendere quadri, candelabri, mobili d’epoca... mi sembra fuorviante. Gli oggetti devozionali dei secoli passati non sono responsabili né della crisi né della fame nel mondo, come non lo è il Guercino conservato nella mia parrocchia. Sono stati donati per fini devozionali e devono mantenere la loro funzione, anche se confezionati con ori e pietre preziose. Utilizzarli per altri motivi sarebbe sacrilego. Per aiutare i poveri la Chiesa si liberi piuttosto di certe operazioni finanziarie, o venda beni che non hanno nulla a che vedere con la fede. Allo stesso modo, per ripianare il debito, lo Stato non può mettere all’asta gli oggetti preziosi dei musei per venderli ad americani o cinesi: si farebbe un torto alla nazione e si scatenerebbe la rivoluzione.

Marco

In concomitanza con la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, avete pubblicato un pezzo di don Mazzi che darà un notevole contributo alla crescita delle vocazioni! C’è da giurare che, grazie a quell’articolo, i seminari saranno presto presi d’assalto da giovani che non vedono l’ora di entrare nella “casta” di coloro che se la spassano fra gli ori delle chiese, gli agi delle case canoniche e tanti altri privilegi. Che si vuole di più dalla vita? Ma don Mazzi dove vive? Ma davvero conosce la vita dei preti? Non sa che quasi tutti i preti fanno da sacrestani, si cucinano da soli, stirano, lavano panni e pavimenti, e se si ammalano è un dramma? Lo sa che significa stare in una parrocchia per quarant’anni, quasi dimenticati, senza andare per salotti televisivi e senza una vacanza di una sola ora al mese? Ho una foto con lui a Cortina d’Ampezzo, dove passeggiava con i Vip (io ero di passaggio con i miei giovani per una gita): quel soggiorno gliel’hanno regalato o l’ha pagato di suo? E i poveri? Vendere, poi, i calici: a chi? Ai rigattieri? In questa crisi, tante famiglie vengono a bussare alle porte delle parrocchie e nessuno se ne torna indietro senza aiuto. E con i magri fondi della Caritas, spesso mettiamo mano al nostro portafoglio, senza far tante storie. E per un prete che invita a rubare, si fa giustizia sommaria di tutti? Ma che Vangelo è questo di don Mazzi, non nuovo a mostrarsi primo della classe e dar pagelle a tutti i confratelli? Anche questa mia lettera è brutta, certo. E non merita di essere ospitata. Ma Famiglia Cristiana non batte ciglio su quella di don Mazzi. E speriamo che mi si dica che non ho capito lo spirito della nota, e che ho interpretato male. E ti pareva? Con ossequi.

Don Gino

Caro don Antonio ti scrivo due righe e se troverai tempo mi risponderai a titolo personale, visto che hai avuto la bontà di pubblicare già due mie e-mail sulla rivista. Mi chiedo: chi siamo noi cristiani? Fino al giorno prima che fosse eletto papa Francesco, sentivo tutti (anch’io tra questi) criticare la gerarchia per il lusso che è in netto contrasto con il Vangelo. Ora, invece, mi tocca sentire critiche per le rinunce che ha fatto papa Francesco. Nella mia famiglia, come in tantissime altre, si è aperto il cuore quando abbiamo sentito parole che aspettavamo da tanto tempo. E che dobbiamo fare nostre per non “tradire” il Vangelo.

Guido B.

Non sono il difensore d’ufficio di don Mazzi e avrei potuto far rispondere direttamente a lui alle contestazioni mosse al suo intervento su Famiglia Cristiana (n. 16/2013) dal titolo “Che bello se tutti noi preti fossimo esempio di povertà”. Ma non vorrei che la polemica si riducesse a una questione personale, di accuse e controaccuse rispetto a stili di vita, comparsate televisive e frequentazioni di Vip, e perdessimo di vista il vero tema del dibattito. Al di là delle provocazioni e dei paradossi, don Mazzi da sempre è sulla stessa onda di papa Francesco che, appena eletto, ha detto: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri». Possiamo disquisire quanto vogliamo su quale sia il significato della povertà, ma la sobrietà negli stili di vita e la concreta vicinanza ai poveri sono nel cuore del Vangelo. Credo che don Gino sia vicino a don Mazzi più di quanto non immagini. In fondo, al netto dei paradossi, entrambi vogliono una Chiesa povera.

Pubblicato il 30 aprile 2013 - Commenti (16)
29
apr

Misericordia della Chiesa e giudizi umani

Sono un lettore da quando sono nato. Famiglia Cristiana è sempre stata presente in casa mia. Ora ho cinquantadue anni, sposato con tre figli, tutti “bravi ragazzi” per fortuna. Assieme a mia moglie Emanuela stiamo cercando di educarli al meglio, fra l’altro insegnando loro il valore della “verginità”. Parola non più in uso, anzi fuori moda oggi. Non mi considero un “vecchio cattolico”, cerco di stare al passo con la vita moderna. E dialogare con le nuove generazioni, sempre nel rispetto della dottrina cattolica. Ma c’è un “ma”: Famiglia Cristiana, che dovrebbe difendere questi valori, dà spazio a una storia dal titolo “Così papa Bergoglio ha benedetto il nostro Raffaele” (n. 14/2013), dove si racconta la storia di Marco e Sara e del loro piccolo che portano le offerte al Papa durante le celebrazioni pasquali in San Pietro. Niente di strano, anzi evviva, è un inno alla vita e alla famiglia... Ma poi leggo: «Quando abbiamo scoperto di aspettare Raffaele, io e Sara non eravamo ancora sposati». Poi si è regolarizzata la questione, c’è stato il matrimonio – bene aggiungo io –, ma farli diventare “eroi” o modello di “sacra famiglia” mi è sembrato eccessivo. Si dà l’idea che la Chiesa sia favorevole ai rapporti prematrimoniali! Non voglio far polemiche, ma i giornali cattolici non possono ignorare i valori. La scelta della coppia per un articolo così importante andava ponderata meglio.

Giovanni C.

Neanch’io voglio far polemiche,ma questa tua lettera, caro Giovanni, mi amareggia. Primo perché ti fai giudice di quella giovane coppia, senza conoscerne la storia e il cammino di crescita cristiana. Con lo stesso criterio, per te non si salverebbe nessuno nella Chiesa. Neppure un santo come Agostino di Ippona, di cui dovresti conoscere il passato prima della conversione. Il Vangelo ci insegna a non giudicare per non essere giudicati. E guai a ritenersi giusti, disprezzando gli altri. Dio legge nel cuore, difficile poterlo ingannare. Come ci mostra papa Francesco, Dio è così misericordioso che anche quando ci giudica ci ama. E non si stanca mai di perdonarci. La perfezione cristiana è una meta, non un dato acquisito in partenza. I conti si fanno alla fine.

Pubblicato il 29 aprile 2013 - Commenti (0)
03
dic

Se il fedele richiama il parroco

Abito in un piccolo paese di provincia. Desidero sottoporle due domande. Prima: il fedele può “richiamare” (certamente con garbo) il proprio parroco sulla necessità o dovere di fissare un giorno per le confessioni? Non si può trascurare questo sacramento, anche se il prete deve correre tra le diverse chiese sparse nelle frazioni del paese. Seconda: il fedele può chiedere al viceparroco, persona giovane, di tenere l’omelia domenicale stando più aderente alla pagina evangelica? E non limitarsi a una semplice e generica esposizione religiosa? Cosa possiamo fare noi fedeli quando constatiamo qualche carenza nei preti? È nostro diritto-dovere intervenire?

Nella M.

Nel Vangelo si parla di correzione fraterna. E non ci sono limiti, se non quelli della carità e della verità. In una comunità, se c’è pieno coinvolgimento di tutti nella corresponsabilità, ci si può dire tutto. E trovare anche le soluzioni migliori per il giorno e l’orario delle confessioni. Così come si può fare un garbato appunto, in spirito costruttivo, sulle omelie. Ma, al tempo stesso, tutti devono mettersi in discussione. Nel dialogo e nel confronto. Nessuno è spettatore o giudice. Altrimenti, criticare e sparare addosso al parroco o ai suoi coadiutori è fin troppo facile e comodo. Un pretesto lo si trova sempre. Più proficuo, invece, è “camminare insieme”.

Pubblicato il 03 dicembre 2012 - Commenti (7)
25
ott

Amare la Chiesa e criticarla

Mi capita di leggere spesso su Famiglia Cristiana lettere critiche nei confronti della Chiesa. Talvolta, sono così superficiali da farmi sorgere il dubbio che possano averle scritte dei cattolici praticanti. Le cito quel lettore che critica perfino i ricchi paramenti liturgici. Come se i celebranti li usassero per vanità. La citazione della “Chiesa del grembiule” la trovo fuori luogo. Si può servire il prossimo anche indossando dei paramenti che esprimono decoro e bellezza. Nelle feste di ingresso di parroci e vescovi è auspicabile una maggiore sobrietà. Ma sarebbe dannoso ripetere gli errori del dopo concilio Vaticano II. Quando nel nome dell’essenzialità si liquidarono feste patronali e tradizioni religiose popolari. In cambio di “feste” goderecce senza alcun richiamo religioso. Da lei mi sarei aspettato un commento più articolato.

Simone

L’amore per la Chiesa, quando è sincero, non è esente da critiche. È quella “correzione fraterna”, cui ci chiama il Vangelo. Giorni fa, commemorando a Spello fratel Carlo Carretto, un profeta dei nostri tempi, che ha vissuto il Vangelo nella sua essenzialità, mi ha molto colpito un suo testo. Duro e sincero. Lo affido alla tua riflessione, caro Simone, e a quella dei lettori: «Quanto sei contestabile o Chiesa, eppure quanto ti amo. Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo. Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità. Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più duro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di morire tra le tue braccia sicure».

Pubblicato il 25 ottobre 2012 - Commenti (6)
21
ago

Lo sfarzo nella Chiesa

Sono tra coloro che non riescono ad affermare la propria fede debole senza incredulità e dubbi. Il dolore quasi insopportabile di sciagure, di figli strappati alla vita precocemente dalla malattia o dalla brutalità, di orrori compiuti da uomini verso altri esseri umani, mi pongono tanti interrogativi. Mi disturbano anche i cerimoniali, gli addobbi, gli sfarzi, i riti solenni che la Chiesa usa praticare. Li vedo stridere con l’essenzialità evangelica. Mi fanno sentire spettatore di eventi scollegati con la realtà quotidiana. Preferirei riti e abiti semplici, sobri, se non poveri. Gli scandali dovuti a innumerevoli casi di pedofilia e a quelli finanziari, contribuiscono a gettare discredito sulla Chiesa, soprattutto perché le parole di autocritica e la richiesta di scuse paiono arrivare tardivamente. E ancora debolmente. Si predica una morale rigida, si esalta la famiglia e si tace su condotte devianti gravi e dannose. Tutto ciò alimenta un certo comprensibile anticlericalismo, ma mette in difficoltà la nostra debole fede di credenti.

Manlio R.

La testimonianza della Chiesa è spesso offuscata da stili di vita poco sobri. O da scandali che coinvolgono preti e vescovi, che vengono meno al loro impegno di consacrazione a Dio. Cedono alla debolezza della “carne” o alle sirene del successo e dei soldi. Ciò non inficia affatto il messaggio evangelico. Anche se questi episodi vengono enfatizzati da giornali e Tv, che amano i pettegolezzi sugli uomini di Chiesa. E danno l’idea che tutta l’istituzione ecclesiale sia corrotta e perversa. È vero che un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce, ma nel mondo centinaia di cristiani muoiono martiri per la fede. Ma non fanno notizia.

Pubblicato il 21 agosto 2012 - Commenti (15)
02
mag

Quando la crisi uccide

Ho cinquantotto anni e sono un cattolico praticante da sempre. Ho appena finito di leggere la notizia che, in appena quattro mesi e mezzo, ben ventitré imprenditori si sono tolti la vita per disperazione. Una buona percentuale sono del ricco Nordest. Dati agghiaccianti. Di fronte a una simile situazione, perché la Chiesa, che è chiamata a difendere i più poveri e le persone in difficoltà, non alza nemmeno un dito? Perché resta impassibile di fronte all’abuso di potere di chi ci governa? Ce l’ho anche con quei politici cattolici che vanno a Messa e poi, tranquillamente, pensano solo ai loro affari e interessi privati. Hanno una bella faccia tosta! Sto perdendo fiducia in questa Chiesa poco credibile, che non prende posizioni forti. D’altronde, le chiese sono sempre più vuote e calano anche i cattolici praticanti.

Giovanni - Verona

“Padova, strangolato dai debiti impresario edile si uccide”; “Non riesce a pagare gli stipendi, imprenditore si uccide”; “Gli affari vanno a picco, si uccide il titolare di un minimarket”... Ogni giorno, sono queste le notizie che fanno capolino, con più frequenza, sui giornali. Una vera escalation, che non può lasciare indifferenti, ma deve scuotere le coscienze di tutti. Lo Stato così sollecito nell’incassare i soldi dei cittadini, con qualche eccesso di intimidazione per i più deboli, è sordo ai reclami di imprenditori che falliscono, anche perché lo Stato non paga. La Chiesa è in prima linea, con Caritas e parrocchie, in aiuto a famiglie e lavoratori in difficoltà. E si sprecano gli appelli solidali. Non ultimo quello del cardinale Scola, per una maggiore attenzione «al prolungarsi della crisi, con le sue drammatiche ricadute».

Pubblicato il 02 maggio 2012 - Commenti (23)
12
apr

Mio figlio che l'anno prossimo sarà prete

Le voglio raccontare una storia a lieto fine, che mi piacerebbe fosse letta dal signore di Padova, che le ha scritto (FC n. 13/2012). Nostro figlio (unico), a diciannove anni ci ha comunicato che non avrebbe più frequentato la Messa e i sacramenti. Noi abbiamo rispettato la sua scelta, come ha scritto anche lei, pensando che sarebbe stato controproducente obbligarlo. Era un ragazzo normale: studio, amicizie, uscite il sabato sera. Non ci ha mai dato problemi. Anche se capivo che era insoddisfatto. Per la Giornata mondiale della gioventù, a Roma nel 2000, abbiamo ospitato due ragazzi olandesi. Lui s’era preso il compito di accompagnarli. Così ha partecipato ad alcune Messe. Dopo quell’evento, ci è sembrato che tutto fosse tornato come prima. Così non è stato. Il Signore stava lavorando per la sua rinascita. E dopo tanto travaglio, l’esito è stato sorprendente. Non solo mio figlio è tornato alla fede, ma è entrato in seminario. E l’anno prossimo sarà ordinato sacerdote.

 A.B.

Caro don Antonio, la sua risposta al lettore di Padova preoccupato per i suoi figli, che non partecipano più alla Messa, mi ha lasciato perplesso. Lei ha scritto che la fede quando diventa obbligo è controproducente. Mi chiedo: se anche la scuola fosse una libera scelta, crede che i miei figli vi andrebbero? I miei genitori mi hanno insegnato a “santificare le feste”. Ai miei tempi, la domenica non ci mettevamo a tavola se non eravamo andati a Messa. Sarà stata una costrizione, ma oggi sono grato ai miei genitori. Anche il mio parroco dice sempre di non costringere i figli ad andare a Messa. Ma il risultato è che in chiesa non ci va più nessuno. Io credo che un genitore dovrebbe dare ai figli quello che ritiene utile per loro.

CESARE

Le vie del Signore non sono le nostre. E sono anche infinite. Egli lavora nel silenzio e non ha fretta. Lascia che le decisioni maturino al momento giusto. E, soprattutto, senza costrizioni. Non può esserci merito dove a prevalere è l’obbligo e non una libera scelta. Così è per la crescita e la maturazione della fede dei nostri ragazzi. La prima preoccupazione non dovrebbe essere quella di riempire, comunque, le chiese. Ma formare cristiani adulti, maturi e consapevoli, che sappiano dare ragione della propria fede. La partecipazione alla celebrazione eucaristica, la domenica, seguirà poi come un bisogno, una necessità di cui non possiamo fare a meno. Per attingere dall’Eucaristia quella forza e alimento necessari per essere veri testimoni nella società. Purtroppo, oggi, i cristiani sembrano dissociati tra quanto vivono nelle liturgie e gli stili di vita pubblica, poco evangelici.

Pubblicato il 12 aprile 2012 - Commenti (16)
28
mar

Italia cattolica, ma corrotta?

Sto riflettendo sulla nostra povera Italia, e mi chiedo come abbia potuto degenerare a tal punto da essere peggiore di tanti Paesi europei, che non hanno la nostra cultura cattolica. Da noi non c’è legalità, l’evasione fiscale è diffusa, l’individualismo è esasperato, manca il senso dello Stato e di appartenenza alla società, la furbizia è assurta a virtù, non esiste la certezza della pena, la volgarità è ostentata, la corruzione è diventata sistema e il Parlamento è spesso una gazzarra. Non è piacevole dipingere un quadro a tinte così fosche di questo “disgraziato” Paese. Purtroppo, è la realtà che abbiamo sotto gli occhi. Possiamo solo esibire primati negativi, che ci screditano nel mondo. Perché tutto ciò avviene in un Paese cattolico per eccellenza come l’Italia?

Renato M. - Padova

È impressionante questa lista di mali italiani, caro Renato. Ma è anche difficile contraddirti o presentare un quadro con tinte meno fosche. Perché tutto ciò avviene in un Paese così cattolico come l’Italia? Forse, dovremmo chiederci se cattolici lo siamo davvero. Non solo di nome, ma anche di fatto. All’anagrafe battesimale l’Italia è cattolica quasi al cento per cento. Ma quanto la fede è solo un fatto di tradizione e quanto, invece, incide sui nostri comportamenti quotidiani? Lo stile di vita cui è improntata la società spesso fa a pugni con i princìpi evangelici e la dottrina sociale della Chiesa. Oggi, non conta più l’essere, ma il possedere, l’apparire, il successo e i soldi. Ai credenti spetta il compito d’essere “lievito” e “sale” per dare un sapore cristiano alla vita e alla società. Non solo a parole, ma soprattutto con la testimonianza e l’impegno civile.

Pubblicato il 28 marzo 2012 - Commenti (10)
05
mar

Ma la Chiesa paga già l'Imu

Su quasi tutti i mass media abbiamo letto che la Chiesa, finalmente, pagherà l’Imu. Giustizia è stata fatta, hanno detto in molti. Non so che risposte dare alle accuse. Mi pare che ci sia un attacco ideologico alla Chiesa, al di là della verità dei fatti. E i radicali sono in prima fila. Dimenticano, però, il contributo pubblico che prendono per la radio. Quasi dieci milioni di euro, mentre si lesinano i soldi ad altre emittenti private, di cui molte cattoliche. A che titolo questo contributo per i radicali? Forse perché, talora, si sono venduti l’anima al precedente governo?

Un lettore

Autorevoli giornali e apprezzati giornalisti hanno contribuito ad alimentare nell’opinione pubblica un’autentica “bufala”: la Chiesa, finalmente, pagherà l’Imu sui propri immobili. Ma la Chiesa ha sempre pagato le tasse su tutte le attività commerciali! Nessuno, con un minimo di onestà intellettuale, può affermare il contrario. Era esentata, come tanti altri organismi ed enti laici, solo per le attività solidali ed educative. Le polemiche e gli attacchi finiti sui giornali, alimentati soprattutto dai radicali, riguardavano situazioni “miste” (culto e commercio), su cui ora s’è fatta chiarezza. La Chiesa, anzi, ha invitato a procedere nei casi ove la legge è stata violata. Ci aspetteremmo altrettanta chiarezza in altre istituzioni.

Pubblicato il 05 marzo 2012 - Commenti (2)
25
gen

Un po' più di umanità anche in chiesa

Le scrivo queste poche righe, dettate dalla rabbia e dallo sconforto nei confronti di un sacerdote. All’inizio di gennaio, il mio povero cognato è morto di infarto, lasciando noi parenti sconvolti nel dolore. Il giorno del funerale, abbiamo chiesto di poter leggere due parole dall’altare, in memoria del nostro caro. La risposta del parroco è stata dura e irremovibile. Per non creare un precedente. «Se volete», ci ha detto, «potete farlo, ma fuori della chiesa, dopo la funzione». Mi chiedo: perché altrove è permesso? Quali criteri si seguono? Perché ci è stato proibito di dare un ultimo saluto all’uomo, al padre, all’amico che non rivedremo più? Finita la cerimonia, il parroco si è defilato velocemente in sacrestia, senza neanche un breve saluto alla vedova e ai figli. Ho sempre meno fiducia negli uomini. Anche quelli di Chiesa. 

                                                                                                                              Rocco C.

L’assenza di umanità in circostanze particolari come la morte di un familiare è davvero scoraggiante. È triste leggere una lettera come questa. Basterebbe davvero poco, un saluto e un po’ di cortesia, per alleviare la sofferenza di chi ha subìto il trauma di una perdita. Quei parenti non avevano chiesto di fare una sceneggiata in chiesa, ma di dare un saluto al proprio caro. Non credo volessero mettersi in mostra o esibirsi. Visto come sono andate le cose, immagino che anche la celebrazione sia stata del tutto anonima, senza calore e partecipazione. Peccato, così viene meno il conforto spirituale della fede e della liturgia. Se in chiesa burocratizziamo anche la morte, forse è perché abbiamo cristallizzato il Vangelo.

Pubblicato il 25 gennaio 2012 - Commenti (18)
21
dic

Troppi don Abbondio nella Chiesa

Seguo spesso la sua rubrica, pur non essendo un abbonato. Le confermo la stima per la capacità di ascolto, che è una forma altissima di carità.
Frequento la parrocchia e sono attivo nel volontariato. Mi considero una persona in ricerca. Sono, però, contrariato dal diniego del nostro vescovo a una manifestazione contro questo assurdo sistema politico e sociale.
Si parla di crisi economica, ma non si tagliano sprechi e alti costi della politica. O le spese militari. Uno schiaffo alla povertà. E al futuro incerto dei nostri figli.
Ho tanta paura. Né mi rincuorano le stanche catechesi di tanti preti. Se i laici devono essere il terreno fertile in cui germoglia la Chiesa, perché tarpare le ali a chi vuol volare?
La primavera del Concilio si sta spegnendo. Mentre ad Assisi il Papa prega per la pace con i rappresentanti delle religioni, nelle cattedrali di tante città si ha paura a condannare la guerra. Che è sempre uno scandalo.
Troppi don Abbondio affollano la nostra Chiesa. Manca la profezia. Noi cattolici siamo alle prese con beghe da sacrestia.

Francesco M. - Bari

I tempi che viviamo richiederebbero una Chiesa coraggiosa. Con più profezia. Ma anche laici “adulti” nella fede. Non più minorenni, soggiogati dal clero.
Siamo tornati indietro rispetto al Vaticano II, che aveva scoperto vocazione e dignità dei laici. In forza del battesimo, che ci accomuna nella Chiesa come “popolo di Dio”. Pur con diversità di compiti e ministeri.
Va recuperata quella spinta profetica del Concilio. Una speranza non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero. Oggi, c’è una terribile involuzione. E la tentazione, non più strisciante, di un ritorno al passato. Alla ricerca di false sicurezze.

Pubblicato il 21 dicembre 2011 - Commenti (49)
06
dic

Le ricchezze del Vaticano

Non si può avere Dio per padre se non si ha la Chiesa per madre. Critichiamo la Chiesa perché la amiamo. Da ragazzo, ho fatto una domanda al mio prete dell’oratorio sulle ricchezze del Vaticano. Ho compiuto settant’anni, quel bravo sacerdote marcia verso i novanta, ma non mi ha ancora risposto. È vero che le riforme nella Chiesa hanno tempi biblici e che bisogna avere pazienza. Di fronte ai casi di bisogno, non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e la suppellettile preziosa del culto divino. Al contrario, potrebbe essere obbligatorio alienare questi beni per dare cibo, casa e vestiti a chi ne è privo. Così dicono alcuni documenti ecclesiali. Ora, in tempo di crisi, sarebbe bene che la Chiesa desse il buon esempio in fatto di sobrietà. E, per aiutare i poveri, utilizzasse non solo i contributi dei fedeli e dello Stato, ma anche i propri beni. Una cura dimagrante sarebbe opportuna anche per lei. 

                                                                                                                              Carlo M.

Se dopo tantissimi anni non le è giunta la risposta del suo prete, forse la domanda era mal posta. Assecondava pregiudizi e luoghi comuni. Con scarsissimo fondamento. L’invito a maggiore sobrietà e condivisione dei propri beni è, comunque, sempre valido. Non solo per i preti. Contro la tentazione di adagiarsi nel benessere. O illudersi nella ricchezza, trascurando i poveri. A fronte di qualche “controtestimonianza” (la Chiesa è fatta di uomini peccatori), ci sono esempi splendidi di condivisione e comunione. Il cardinale Tettamanzi ha donato i propri beni a favore dei poveri. In questi giorni, nella diocesi di Locri-Gerace, i sacerdoti hanno deciso di autotassarsi. E destinare una parte del loro stipendio o della loro pensione “ai più poveri tra i poveri”. Un piccolo gesto pubblico, oltre a quanto già fanno nel silenzio, aiutando tante famiglie bisognose.

Pubblicato il 06 dicembre 2011 - Commenti (27)
19
ott

Cattolici praticanti e caso Ruby

Ruby, al centro del processo milanese.
Ruby, al centro del processo milanese.

Ho letto il commento del sociologo Franco Garelli sulla divisione dei cattolici sul “caso Ruby”.

Mi reputo un “cattolico del dissenso”. Così, trentacinque anni fa, veniva chiamato un gruppo di giovani della mia città, che si opponeva alle posizioni rigide della Chiesa. Per questo, le sembrerò un po’ severo e non troppo ortodosso nelle mie interpretazioni.

L’articolo si chiedeva come mai i praticanti sono più tolleranti rispetto a chi frequenta di meno la Chiesa. Probabilmente, a mio parere, perché sono più “ortodossi”. Mentre i meno praticanti sono più abituati a pensare con la propria testa e non secondo i voleri dell’autorità.

Purtroppo, nella storia, si è creato un sodalizio poco virtuoso tra Chiesa e potere. Le masse poco alfabetizzate facevano comodo ai potenti. Questi elargivano benefici e leggi a favore della Chiesa, perché predicando l’obbedienza al potere, tenesse le masse nell’ignoranza.

Che c’entra ciò con la situazione attuale? Anche oggi, la Chiesa ha preferito appoggiare un potente, dai comportamenti moralmente discutibili, che però le garantiva leggi a suo favore sulla vita e la scuola, piuttosto che schierarsi dalla parte di chi ha maggior senso dello Stato, dell’onestà, della democrazia.

Mi lasci fare, per un attimo, il “comunista” (non lo sono, ma voglio provocare). Qual è il grande vulnus del pensiero progressista di sinistra? È la sottrazione del potere della Chiesa sui temi della bioetica. Quel che conta non è l’onestà della società, ma che il monopolio sulla sfera vitale e sessuale rimanga saldo nelle mani della Chiesa.

È facile che chi è ai margini della Chiesa sia portato a essere severo con i comportamenti libertini. Mentre chi è più ortodosso consideri che la maggior disgrazia sia il pericolo comunista. Non l’immoralità, la corruzione o il rischio totalitario.
Aggiungiamoci, poi, un sentimento tipicamente italiano: è meglio fare invidia che pietà. Così l’immagine del “macho”, dell’aggressivo, del vincente, attira le masse. Ne abbiamo avuto un esempio circa ottant’anni fa. Anche allora un signore diceva: «Me ne frego». E a lui abbiamo consegnato la Patria, i figli e anche l’oro delle fedi nuziali.

La Chiesa, oggi, deve scongiurare il pericolo di una guerra fratricida. Non voglio dire che debba rinunciare ai propri princìpi, ma c’è anche il bene dello Stato da tutelare. Le democrazie sono molto più fragili, e le vite umane più preziose di ogni dogma.

Credo sia più meritorio per la Chiesa convincere i cattolici a combattere contro il pericolo della disgregazione. Non dimentichiamo il danno che farà quella dottrina che porta a legalizzare l’illecito, pur di rimanere in sella. Siamo a un novello machiavellismo: il fine che giustifica i mezzi. Oggi, però, il fine è molto meno nobile di quello di “messer Machiavelli”. Non più il governo dello Stato, ma il tornaconto personale. A ogni costo, in modo arrogante e sfacciato.
Gian Piero

Sulla vicenda del caso Ruby, che ha coinvolto direttamente e pesantemente il capo del Governo, i cattolici più praticanti hanno dimostrato una maggiore tolleranza rispetto a chi frequenta meno la Chiesa. Così, almeno secondo i sondaggi. Come spiegare questa differenza? In particolare, come interpretare la tolleranza di una vicenda che non è proprio tollerabile?

Gian Piero indulge sulla tesi di un certo sodalizio tra Chiesa e potere politico. Di qui l’enfasi sull’obbedienza al potere politico, piuttosto che sull’agire secondo la propria coscienza. Anche in un eventuale disaccordo con l’ordine costituito. È una tesi che, in assoluto, non rende ragione del fatto che, nella storia, si sono verificati più contrapposizioni che compromessi tra Chiesa e potere politico.

L’altra obiezione riguarda la massa analfabeta e disinformata di una volta, lasciata volutamente in questa condizione da parte della Chiesa. Ignorando, invece, quanto essa ha fatto per l’istruzione dei ceti popolari. Grazie anche a tante iniziative di istituzioni religiose.

Forse, una maggiore tolleranza sul caso Ruby, da parte dei più praticanti, va trovata in quella tendenza del mondo cattolico a identificarsi in una cultura conservatrice. Considerando più sovversivi persone e gruppi sociali che propongono profondi cambiamenti sociali.

Si pensi, nel mondo cattolico di allora, alla scarsa recezione dell’enciclica sociale Rerum novarum di Leone XIII. C’è stato chi ha letto quel documento, che rivoluzionario non era, in chiave favorevole al socialismo e al comunismo. Chiunque faceva un discorso di giustizia sociale o di lavoro era considerato di sinistra (comunista).

L’articolo 1 della Costituzione italiana recita: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». E non è mancato, tra i commentatori, chi ci ha visto l’influsso della cultura marxista. Come se la problematica del lavoro fosse monopolio del marxismo.
E così i cattolici più praticanti stavano con il potere politico della destra, considerata baluardo contro i comunisti. Unico pericolo dal quale occorreva difendersi.

Un’altra spiegazione della maggiore tolleranza sta nel prevalere di interessi, finalizzati al dominio su ogni altra istanza. O nel ridurre la politica a un mestiere redditizio, nel sostituire la normalità della menzogna alla verità morale dei diritti umani, alla verità storica e alla verità giudiziaria.

Non sparisce il richiamo ai valori, ma il riferimento è abbastanza retorico, perché i valori non sono legati a ideali di vita che riguardano giustizia, società e storia.

Se c’è una maggiore tolleranza dei cattolici praticanti del malcostume personale e politico, c’è da chiedersi come mai la dottrina sociale della Chiesa intercetta così poco i credenti praticanti.

È segno, forse, che la fede cristiana è ancora ridotta alla celebrazione del culto. Con poca o scarsa incidenza nella formazione sociale delle coscienze. Rese, così, incapaci di indignazione, protesta e proposta.

Pubblicato il 19 ottobre 2011 - Commenti (37)
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Quando il figlio è omosessuale

Caro don Antonio, sono un suo fedele abbonato. Sposato felicemente (così, almeno, credevo) da trent’anni, ho un bravo figlio, infermiere professionale nel reparto di rianimazione. Nell’agosto dello scorso anno abbiamo appreso che “mio” figlio è omosessuale. Dico “mio” perché da quando mia moglie ha saputo del suo orientamento sessuale, ha alzato un muro anche con me. Ora io mi divido tra mio figlio e il suo compagno e casa nostra. Il problema più grande per mia moglie è stata la vergogna. Era preoccupata di cosa potevano dire parenti e amici. E dove abbiamo sbagliato nel crescerlo. Colpe che, onestamente, io come padre non condivido.

Quando ho invitato mio figlio a parlarne tranquillamente (mia moglie si è rifiutata a un confronto), mi sono accorto di avere davanti una persona a me sconosciuta. Ha raccontato di aver avuto certezza del suo orientamento all’età di sedici anni. Mi ha confidato di non avercelo mai detto per non darci un dolore. Ma io come ho fatto a non capire e a non capirlo? Ha parlato delle sue tante sofferenze e derisioni. A volte, sino a sfiorare il razzismo. E anche della non facile scelta nel trovare un compagno che, come lui, coltiva sani princìpi morali e cristiani. Ora mio figlio convive con questo ragazzo, un medico del suo stesso reparto, che ho conosciuto a casa loro, durante una cena. Mia moglie mi ha dato del pazzo per aver accettato quell’invito. Inutile dirle che per me, al contrario di mia moglie, la cosa più importante è sapere mio figlio sereno e felice.

Posso io giudicare? In casa, però, ora vivo da separato con una moglie che si è dimenticata di essere anche madre. E tuttora fa la catechista. Ci parliamo poco. E, per sua volontà, dormiamo anche in camere separate. Come può un genitore dimenticarsi del proprio figlio? Certo, tutto si può dire delle coppie omosessuali: che non sono legalizzate, che non dureranno nel tempo, che danno scandalo… ma dimentichiamo che sono anche due esseri umani. Tutti siamo figli di Dio. Le coppie eterosessuali danno sempre il buon esempio? Non aggiungo altro. Forse, in un futuro non troppo lontano, anch’io andrò a far parte di quelle coppie “eterosessuali separate”.

Lettera firmata

Un figlio rivela ai genitori di essere omosessuale e di convivere con un compagno. Non l’ha detto prima per non recare dolore. La reazione è di profondo sconcerto. I genitori si dividono. Anzi si oppongono tra loro. Al punto da far prefigurare una possibile separazione. Nel frattempo, si pongono tante domande. Soprattutto il padre. Interrogativi comprensibili ma inconcludenti. Perché non me ne sono accorto? Cosa avrei dovuto fare? Dove abbiamo sbagliato?

In base alle acquisizioni scientifiche finora disponibili, non sappiamo ancora se l’orientamento omosessuale è attribuibile a fattori biologici o psicologici. Vale a dire, se è innato o acquisito. Una cosa è certa, ed è il presupposto da cui partire: l’orientamento o la tendenza omosessuale non è una libera scelta dell’individuo che, invece, si scopre tale con profonda difficoltà a farsene una ragione. Quel che conta è aiutare la persona a riconciliarsi con sé stessa e ad accertarne il limite, che nulla toglie alla sua dignità. E alla realizzazione umana e cristiana, se credente.

L’insegnamento del Magistero è esplicito: «La Chiesa rifiuta di considerare la persona puramente come un eterosessuale o un omosessuale e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna» (Congregazione per la dottrina della fede, Cura pastorale delle persone omosessuali, 16).
La dignità della persona, omosessuale o eterosessuale che sia, è il punto fondamentale di partenza per affrontare gli altri problemi. Il primo riguarda il comportamento, cioè il modo di vivere la tendenza omosessuale. Se, infatti, non si è responsabili della condizione omosessuale, lo stesso non si può dire dei comportamenti Sia pure con tutti i condizionamenti interni ed esterni che esistono.

La biologia e la psicologia potranno, forse, spiegare l’orientamento omosessuale, ma non possono indicare come viverla. La morale cattolica indica queste direzioni: accettare e rispettare la persona; proporre la realizzazione umana e cristiana attraverso l’accettazione della propria condizione omosessuale; vivere la relazione in termini di amicizia. Per questo, la Chiesa disapprova la convivenza omosessuale in base al significato del rapporto sessuale che è unitivo e procreativo. E, come tale, ha senso solo nel matrimonio. I conviventi omosessuali (ma anche quelli eterosessuali) non possono accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Ma, in quanto battezzati, sono nella Chiesa e possono partecipare alla vita liturgica e caritativa della comunità ecclesiale. I genitori che non ne condividono la decisione di convivere, sono forse obbligati a interrompere la relazione con il figlio? La rottura dei coniugi tra di loro e con il figlio aggiunge solo male al male. D’altra parte, mantenere il rapporto con il figlio non significa approvare e condividere la scelta della convivenza omosessuale. Occorre mantenere sempre aperto il dialogo e il confronto. La Chiesa, da parte sua, difende sempre la dignità della persona. Di ogni persona umana. E denuncia ogni forma di discriminazione, emarginazione e offesa. Nella società, nella legislazione, nel lavoro.

Pubblicato il 31 agosto 2011 - Commenti (11)


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