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Amare la Chiesa e criticarla
Mi capita di leggere spesso su Famiglia Cristiana lettere
critiche nei confronti della Chiesa. Talvolta, sono così
superficiali da farmi sorgere il dubbio che possano averle
scritte dei cattolici praticanti. Le cito quel lettore che critica
perfino i ricchi paramenti liturgici. Come se i celebranti li
usassero per vanità. La citazione della “Chiesa del grembiule”
la trovo fuori luogo. Si può servire il prossimo anche
indossando dei paramenti che esprimono decoro e bellezza.
Nelle feste di ingresso di parroci e vescovi è auspicabile una
maggiore sobrietà. Ma sarebbe dannoso ripetere gli errori del
dopo concilio Vaticano II. Quando nel nome dell’essenzialità
si liquidarono feste patronali e tradizioni religiose popolari.
In cambio di “feste” goderecce senza alcun richiamo religioso.
Da lei mi sarei aspettato un commento più articolato.
Simone
L’amore per la Chiesa, quando è sincero, non è esente da critiche.
È quella “correzione fraterna”, cui ci chiama il Vangelo.
Giorni fa, commemorando a Spello fratel Carlo Carretto, un profeta
dei nostri tempi, che ha vissuto il Vangelo nella sua essenzialità,
mi ha molto colpito un suo testo. Duro e sincero. Lo affido alla
tua riflessione, caro Simone, e a quella dei lettori: «Quanto sei
contestabile o Chiesa, eppure quanto ti amo. Quanto mi hai fatto
soffrire, eppure quanto a te devo. Vorrei vederti distrutta, eppure
ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure
mi hai fatto capire la santità. Nulla ho visto nel mondo di
più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato
di più duro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto
la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante
volte ho pregato di morire tra le tue braccia sicure».
Pubblicato il 25 ottobre 2012 - Commenti (6)