Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
29
mar

Ecco perché non mi fido dei politici

Seguo con sincero apprezzamento il vostro impegno a favore della famiglia, dell’educazione, dei giovani e delle classi più disagiate. Leggendo gli articoli e le sue risposte alle lettere, mi assale un senso di indignazione contro tutti quelli che stanno nelle “stanze dei bottoni”. Come possiamo sopportare una classe dirigente che saccheggia, di continuo, la “diligenza dello Stato”, a proprio esclusivo vantaggio? Le risorse sono della comunità, da usare per il bene di tutti. So che non è giusto generalizzare. Tra tanti sanguisughe, che si vendono al miglior offerente, c’è anche chi merita rispetto per onestà e responsabilità. Però, la maggior parte dei politici dovrebbe andare a casa. O, meglio, dovremmo cacciarli via.

I cittadini devono riappropriarsi del diritto di eleggere i propri candidati, di cui sono stati espropriati. Tra la gente cresce la frustrazione. Ma anche il rancore. Si sentono ingannati e presi in giro. Ormai, siamo la favola del mondo. Trovo che sia un’infamia il divario tra gli stipendi da nababbi dei politici e quelli da fame dei cittadini. Lo stesso vale per le pensioni d’oro e chi, invece, percepisce appena cinquecento euro al mese. O per chi matura una pensione dopo cinque anni di legislatura e percepisce più pensioni. I nostri parlamentari lavorano poche ore a settimana, quando va bene. E tanti “assenteisti ben remunerati” non si fanno nemmeno vedere.

Che dire, poi, dei rimborsi milionari a partiti che non sono più in Parlamento? O dello spropositato costo delle auto blu e dei voli di Stato? Ministri e politici vanno spesso in Tv per dirci che la situazione del Paese è grave e che bisogna tirare la cinghia. Ma perché non ci danno l’esempio per primi? Noi cittadini abbiamo il diritto di sapere come spendono il denaro della comunità. Se i politici non si guadagnano l’alto stipendio che percepiscono, per me sono come degli evasori. Mi creda, ho preferito mandare a lei questa “lettera aperta” perché so che lei sta lottando per migliorare l’Italia e ridare dignità a questo nostro povero Paese. Dei politici non mi fido più.
Padre Gino


I politici e i pubblici amministratori, per definizione, sono chiamati a servire la comunità e a promuovere il bene comune, cioè di tutti. Troppi segnali, purtroppo, manifestano il contrario. A prevalere sono gli interessi di parte. Ci si serve della politica per arricchirsi e per “sistemarsi”. L’abuso e lo spreco dei denari pubblici è sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno, una “leggina” a garantire i politici dei benefici e privilegi acquisiti. Anche in tempi di crisi. Alla fine, costi e disagi si scaricano sui cittadini. Ultimo esempio, in ordine di tempo, l’ulteriore tassa sulla benzina per finanziare la “cultura”, mentre si sprecano più di trecento milioni di euro per non volere accorpare il voto dei referendum a quello delle amministrative.

Tra le molte facce dello spreco del denaro pubblico, ci sono gli alti stipendi dei nostri politici. A ogni livello. Sono cifre del tutto sproporzionate rispetto ad altre categorie di lavoratori. Non basta, a giustificazione, riferirsi alle leggi vigenti e concludere che è tutto legale. Perché non è affatto scontato che queste leggi siano giuste. E, infatti, non lo sono. Uno stipendio alto può essere considerato giusto (e quindi giusta anche la legge che lo regola) se corrisponde a due presupposti. Primo, se garantisce la possibilità di svolgere un buon lavoro che ha bisogno di risorse economiche per aggiornamento, riqualificazione, disponibilità di necessari strumenti; secondo, se si pagano adeguate tasse in base al reddito e ai consumi. L’alta remunerazione deve ritornare alla società sotto forma di una prestazione efficiente.

Politici e amministratori devono domandarsi se, all’alto stipendio, corrisponde un alto beneficio per la comunità in termini di servizio. L’abuso del denaro pubblico offende la giustizia e la coscienza morale dei cittadini che pagano le tasse e vivono con lo stretto necessario. E, i più fortunati, con un sobrio superfluo. È necessario risvegliare una forte coscienza critica per cambiare abitudini consolidate, che passano per normali. I cittadini, oltre all’informazione sulle entrate fiscali, hanno il diritto di conoscere come viene speso il denaro pubblico. Se per le necessità della comunità civile, oppure per logiche corporative, elettorali e clientelari. Non basta esigere un’equa legislazione fiscale, va anche controllata la gestione e la destinazione dei soldi. Il contribuente non firma una cambiale in bianco, come se si trattasse di una donazione incondizionata allo Stato.

In regime democratico, i cittadini hanno due modi per contrastare distorsioni e prevaricazioni della pubblica amministrazione: la denuncia pubblica e il voto. Anche i mezzi di comunicazione, se davvero fossero a servizio del bene comune, dovrebbero essere “coscienza critica” per inchiodare, di fronte all’opinione pubblica, chi abusa del potere delle istituzioni per interessi personali e di parte. È, infine, urgente riformare la legge elettorale (la famosa “porcata”: una vergogna della nostra democrazia), per restituire ai cittadini il diritto di scegliersi i parlamentari che meritano fiducia. Ai quali, poi, chiedere conto del loro operato, perché eletti dalla gente. E non nominati dalle segreterie dei partiti.

Pubblicato il 29 marzo 2011 - Commenti (58)
09
mar

Il male va sempre condannato

Sono una nuova lettrice di Famiglia Cristiana, spinta ad abbonarmi dal tanto bene di cui ho sentito parlare. Le dico che non sono stata delusa. Anzi, vi leggo con vero interesse, ricevendone una grande ricchezza. Vorrei fare alcune riflessioni, dopo aver letto il numero di questa settimana. Primo: il fatto di andare a Messa non sempre fa di una persona un buon cristiano. Se non si esce cambiati è inutile andarvi. Secondo: il male è male e va riconosciuto sempre come tale. Non c’è giustificazione, né si può dire «Chi è senza peccato scagli la prima pietra», dimenticando che Gesù dice anche «Va’ e non peccare più». Terzo: come credente mi fa male pensare che un posto di lavoro si possa barattare con prestazioni di vario genere.
Anna M. - Pavia

Le tue osservazioni sono pertinenti e condivisibili. Ci richiamano al dovere della coerenza. Non basta dirsi cristiani se la nostra vita contraddice il Vangelo. Il messaggio evangelico va preso nella sua interezza e scomodità. Non possiamo continuare con una religione “fai da te”. Come fossimo al supermercato, dove ognuno sceglie quel che più gli piace o fa comodo. Il male va sempre condannato. Senza indugi. Né vanno fatti sconti ai potenti. A tutti bisognerebbe ricordare il monito del Signore: «Guai a chi dà scandalo».

Pubblicato il 09 marzo 2011 - Commenti (12)
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