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giu
Scandalo di don Seppia e scritte sui muri
La chiesa di Genova dove era parroco don Riccardo Seppia.
Ho visto su Famiglia Cristiana (n. 22/2011) la fotografia della
chiesa dove era parroco don Riccardo Seppia, con le indegne
scritte sulla facciata. Se scrivere sui muri è un reato, pubblicizzare
tali scritte riproducendole su Tv e giornali, dovrebbe essere
“apologia di reato”, perché così gli incivili autori di quelle scritte
si vedrebbero incoraggiati nelle loro imprese, con i mass media
che fungerebbero da cassa di risonanza ai loro criminosi atti.
Bisogna smetterla di fare pubblicità a tali ignoranti “scrittori”, che
devono aver scritto ben poco sulle lavagne e sui banchi di scuola,
per non saperlo fare meglio che sui muri. Nello storico quartiere
di Trastevere in Roma, ad esempio, non c’è più un centimetro
di muro pulito. E ora si sono messi a scrivere sui portoni. Uno
scempio e una vergogna davanti a tutto il mondo. Perché
Famiglia Cristiana non si fa promotrice, magari iniziando con
la pubblicazione di questa mia lettera, di una campagna per
l’approvazione di una legge che definisca “apologia di reato”
la pubblicizzazione delle scritte sui muri e preveda severissime
sanzioni sia per gli autori delle scritte, sia per chi le pubblicizza sui
mass media? La ringrazio dell’attenzione e, nel caso decidesse di
pubblicare, le chiedo la cortesia dell’anonimato.
Un prete di Roma
D’accordissimo con te nello stigmatizzare l’indecente opera di imbrattare
ogni spazio pubblico a disposizione. Spacciarla per attività dell’ingegno
sa un po’ di truffaldino. L’arte è ben altra cosa, e la si può esercitare
meglio in spazi ben definiti. Ormai le nostre città sono “ferite” da
scritte e segni che non risparmiano più nulla: muri, monumenti, chiese,
mezzi pubblici… Uno spettacolo indecoroso che non ha eguale in altre
città del mondo. Una soluzione, che non sia però la sola via della repressione,
va senz’altro trovata. Detto ciò, leggendo la tua lettera, confesso
d’essere rimasto allibito per l’assenza anche di un solo cenno all’altro
sfregio, infinitamente più grave, che don Seppia ha fatto alla sua comunità
parrocchiale. I muri si possono facilmente ripulire. Più difficile, invece,
è rimediare allo sfregio del “volto di Cristo” operato da un prete pedofilo.
Doverlo ricordare a un sacerdote è davvero deprimente. Anche
nell’indignazione c’è una scala di priorità.
Pubblicato il 08 giugno 2011 - Commenti (24)