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Caro don Antonio, in questo periodo
tramite la rivista vorrei rivolgere un sentimento
di riconoscenza e un augurio di bene alle “badanti”,
presenti in centinaia di migliaia di famiglie italiane.
Queste donne moldave o ucraine di mezza età,
che lasciano la loro famiglia e i figli, sono oltre
seicentomila in Italia. Per tantissime famiglie
di casa nostra sono divenute un supporto prezioso
nell’assistenza degli anziani. E con costi, comunque,
più contenuti rispetto ad altre scelte per assistere
le persone non autosufficienti. Sarebbe doveroso
che le nostre comunità si interrogassero sul modello
sociale che stiamo realizzando. E quale spazio
vogliamo riservare a una presenza multietnica, che
determina molte nostre scelte di vita. Infatti, senza
questa loro presenza, saremmo costretti a rivolgerci
alle Case di riposo o ad altre soluzioni. Dopo aver appena festeggiato
la nascita di Gesù, venuto per riscattare l’umanità,
apriamoci ai migliori sentimenti di amore e di
gioia e anche alle nostre
collaboratrici familiari, per un dono verso le loro
famiglie lasciate “orfane”.
Giuseppe D. - Chiari (Bs)
Nessuno sa, con esattezza, quante siano le badanti in
Italia. C’è chi dice cinquecentomila, chi quasi un milione.
Comunque, un esercito di donne straniere, che curano anziani
e bambini. Evitando all’Italia l’implosione del sistema
dell’assistenza. Persone, spesso, trattate con poco garbo
e umanità. Talora, sfruttate. Costrette anche a sessanta
ore alla settimana, senza una vita privata, lontane dalle
loro famiglie e dagli affetti più cari: figli e mariti. Pur di
mettere assieme un po’ di soldi, un piccolo gruzzolo da far
fruttare nei Paesi d’origine. Per salvare le nostre famiglie,
spesso distruggono le loro. Al punto, che in qualche nazione,
in Ucraina in particolare, le autorità politiche e la Chiesa
cattolica e quella ortodossa stanno facendo pressione
per bloccare il flusso di badanti, che spezza nuclei familiari.
Con conseguenze devastanti sul piano sociale nel Paese.
Ci si accorge di situazioni di sfruttamento spaventoso e
si corre ai ripari. La tua lettera, caro Giuseppe, sia lo stimolo
per una seria riflessione. Per tutti.
Pubblicato il
14 gennaio 2013 - Commenti
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