27
giu
Leggo Famiglia Cristiana da tempi immemorabili. Ho lavorato in una grande azienda, con molta soddisfazione morale ed economica. Pensavo a una vecchiaia serena, con una decente pensione, frutto dei soldi accantonati. La realtà è ben diversa. I miei figli sono disoccupati e insoddisfatti. Se va bene, avranno qualche lavoro a tempo determinato. Per anni abbiamo "mangiato cipolle" per dare loro un futuro. Se accendo la Tv, vedo le solite facce che hanno portato l'Italia alla rovina. In alternativa, c'è il demagogo di turno, che incanta la gioventù. Perciò mi unisco a lei nel dire: «Caro Monti, osi di più contro i vincoli dei partiti. L'Italia migliore sarà con lei».
Pietro T.
Quando i sacrifici hanno un senso, come dare un futuro ai propri figli, è più facile chiederli e ottenerli. Ma ci vuole credibilità. E, soprattutto, buoni esempi da parte di chi li "impone". È proprio quel che manca, in questi momenti di crisi, dove tutti sono chiamati a stringere la cinghia. I politici continuano il balletto dell'irresponsabilità, sull'orlo del cratere. Con una rinnovata vocazione allo sfascio. Puntano il Governo e lo minacciano, come se in tasca avessero pronta una soluzione. Purtroppo, brancolano nel buio. Intenti solo a salvaguardare la carriera e gli spazi di potere. Quel che non gli difetta, da sempre, è il ricorso al ricatto. Pazienza se i loro interessi non coincidono con il bene del Paese e dei cittadini. Si lamentano dell'antipolitica che avanza. E temono d'esserne travolti. Ma non si accorgono che ad alimentarla sono i loro irresponsabili comportamenti.
Pubblicato il
27 giugno 2012 - Commenti
(8)
17
apr
Sono un giovane insegnante di
Lettere e Religione nella Scuola
secondaria. Dopo l’intervento di
Celentano al Festival di Sanremo, i miei
ragazzi mi hanno chiesto come mai
la rivista si chiami Famiglia Cristiana.
La maggior parte di loro pensano
che sia un settimanale solo per preti
e suore. O, comunque, per “addetti
ai lavori”. Inoltre, sostengono che,
in un contesto pluralista, l’aggettivo
“cristiana” può sembrare elitario.
Ho cercato di dire loro, secondo
l’intuizione del beato Giacomo
Alberione, che Famiglia Cristiana «non
deve parlare solo di religione, ma di
tutto cristianamente». E che, quindi, c’è
posto per tutto!
Sandro P. - Vicenza
Grazie, caro Sandro, per la risposta corretta
data ai tuoi studenti. Sì, Famiglia Cristiana
«parla di tutto cristianamente». O,
in altre parole, non parla solo di religione,
ma di «tutto quello che è vero, nobile, giusto,
puro, amabile, onorato, quello che è
virtù e merita lode», per usare le parole di
san Paolo (Fil 4, 8-9). Forse, come Gesù disse
ai primi apostoli «venite e vedete», si potrebbe
dire ai tuoi studenti «provate e giudicate
». Solo così si supera la non conoscenza
o il pregiudizio che la nostra sia
una rivista per preti, suore e “addetti ai lavori”.
E che parla solo di religione. Fin dalla
sua origine, nel 1931, Famiglia Cristiana
si è rivolta alle famiglie e a ogni componente
della famiglia. Per tutti ha una parola
interessante. Basta sfogliarla. Quanto
all’aggettivo “cristiana” che campeggia
nella testata, accanto al sostantivo “famiglia”,
esso rappresenta la nostra “bandiera”.
È la nostra identità. Il modo con cui
leggiamo i fatti della vita e della cronaca
quotidiana. In una società pluralista ci distingue,
ma non ci restringe gli orizzonti.
È, semmai, un surplus di responsabilità,
tra tanta stampa frivola. Tra i nostri lettori
non ci sono solo cattolici e praticanti. Ci
leggono tantissimi non credenti. E ci apprezzano
per la coerenza e la credibilità.
Ma anche per la nostra autonomia e libertà
di giudizio, nella ricerca sincera della verità.
Senza pregiudizi.
Pubblicato il
17 aprile 2012 - Commenti
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