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feb
Errare è umano, perseverare è davvero diabolico.
È quanto ha fatto Celentano al Festival
di Sanremo, con due attacchi, a distanza
di giorni, a preti, frati, vescovi. Con due
sole eccezioni: don Gallo e don Mario. In particolare,
si è scagliato contro Avvenire e Famiglia
Cristiana. Tutti colpevoli di non parlare di
Paradiso e di Dio, ma soltanto di politica e delle
vicende di questo mondo.
Il “molleggiato” come
cantante non si discute. Le sue canzoni fanno
parte della storia della musica italiana. Ma
all’artista manca una piccola virtù cristiana:
l’umiltà. Ma anche il senso del limite. Che, forse,
può aver recuperato quando dall’Ariston,
per la prima volta, gli hanno urlato “basta”
agli sproloqui. Ma anche le sue pause e i silenzi
sono insopportabili. Più che “eloquenti”, esprimono
un vuoto di idee. Ci è parso patetico vederlo
destreggiarsi su terreni a lui inconsueti,
come la teologia. Soprattutto, quando assume
l’aria del “predicatore” o del “profeta”.
«Gli argomenti
alti», ha detto il presidente della Rai
Garimberti, «andrebbero toccati in altro contesto
e con ben altro livello intellettuale».
L’attacco a Famiglia Cristiana e ad Avvenire
ha dimostrato che Celentano non legge la stampa
cattolica. Certo, per il “re degli ignoranti” non
è una colpa. Ma se si aggrediscono due giornali,
invocandone la chiusura (naturalmente, nel nome
della libertà!), bisognerebbe almeno documentarsi.
Parlare a ragion veduta. E non mosso
dall’acredine per una critica, mal digerita, ai suoi
esosi compensi.
Paradossalmente, al di là del clamoroso
successo di audience, Sanremo è stata
una sconfitta per Celentano. Gli si ritorcerà contro
come un boomerang. Ha vinto una battaglia,
ma perso la guerra. I fischi e l’interruzione del
suo monologo in eurovisione ne sono il segno.
Mai successo prima per un artista del suo calibro.
Nonostante il soccorso di un patetico Morandi.
Celentano ha dato un duro colpo, forse mortale,
anche al Festival di Sanremo, che ha sacrificato
tutto alla logica dell’audience. A cominciare
dal buonsenso.
Ma dal disastro non s’è
salvata nemmeno la Rai, smarrita e ipocrita,
che all’Ariston plaudiva alle battute di Celentano.
Una Rai soggiogata dal clan del “molleggiato”,
cui ha permesso tutto. Se è vero che in
democrazia ciascuno è libero di esprimere le
proprie critiche, questo non lo si può fare senza
contraddittorio su una Tv pubblica, pagata
con il canone di tutti. Soprattutto se le parole
hanno il sapore di una vendetta. Non basta
qualche scusa “privata” a chiudere il caso.
Un grazie, infine ai lettori e a tutti coloro che ci hanno manifestato solidarietà (QUI trovate una valanga di interventi), anche sottoscrivendo un nuovo abbonamento. È la migliore risposta a Celentano. Nel frattempo, l’ho abbonato a Famiglia Cristiana. Così, potrà leggere il commento ai Vangeli del cardinale Tettamanzi, la rubrica di monsignor Ravasi, le risposte del teologo, le pagine sul Catechismo... e tutto il resto, che serve a vivere una fede meno disincarnata. Come ci ricorda la Bibbia: «La gloria di Dio è l’uomo vivente».
Pubblicato il
22 febbraio 2012 - Commenti
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27
giu
Sono un affezionato lettore da molti anni e le scrivo per avere un parere sulle multe che l’Autorità della comunicazione ha dato ad alcuni Telegiornali per aver violato la legge sul regolamento elettorale. Tra questi spicca il Tg1 con un’ammenda di 258.000 euro. Chi pagherà, realmente, questa multa?
Come sempre, i soldi saranno presi dal canone. Noi cittadini, oltre a pagare fior di stipendi ai direttori dei notiziari televisivi, ci facciamo carico anche dei loro errori. Perché non tirano fuori un soldo di tasca propria? Altrimenti, con un atto di umiltà, si dimettano, non essendo stati all’altezza dell’incarico ricevuto. Perché non si applicano in Tv le buone regole civili che valgono per tutti in società?
Amedeo Z. - Vicenza
La Tv pubblica si sta degradando a livelli mai toccati in passato. Per via di una logica che non risponde al bene degli utenti, ma agli interessi dei politici. Senza distinzione di colore, perché a ogni cambio di Governo si perpetuano gli stessi mali. A cominciare dalla lottizzazione e dalla mortificazione delle competenze professionali. Contro le stesse leggi di mercato e dell’editoria, il servilismo è premiato più della bravura. Complici gli stessi giornalisti, senza più dignità ed etica, che a ogni cambio fiutano l’aria che tira, per farsi trovare già proni davanti al potente di turno. Sarebbe bene ricordare a chi spadroneggia in Tv che i veri “padroni” cui rispondere sono i cittadini, che pagano il canone.
Pubblicato il
27 giugno 2011 - Commenti
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