17
ago
Davanti ai poveri mi sento in colpa
Sono un pensionato,
ex preside di scuola
media. Abbonato da tempo
immemorabile a Famiglia
Cristiana, le scrivo per
un parere sulle richieste
di sostegno da parte di tante
sigle e associazioni. Non solo
in periodo natalizio, ma ormai
tutto l’anno. Io ho un bonifico
mensile, per l’intero anno,
a favore della Caritas italiana
e della Chiesa cattolica. Ogni
tanto mando altre offerte
per circostanze eccezionali:
terremoti, disastri naturali.
In Italia e all’estero. Lo faccio
volentieri, perché so che le
offerte vanno a buon fine.
Mi sembra molto utile aiutare
i missionari. Poi, però, quando
tutti i giorni trovo nella mia
cassetta postale tre-quattro
(e anche più) bollettini con
richieste di soldi, allora vado
in crisi. E comincio a pensare
male: dove andranno tutti
quei soldi? A chi serviranno?
Parlandone con amici, alcuni
mi hanno detto: «Ma che
problemi ti fai? Butta tutto nel
cestino». La mia pensione non
è ricca, ma a me basta. Quando
sento o vedo situazioni di estrema
miseria, o persone che dormono
per strada, mi sento in colpa di
non poter (o voler) fare di più.
Da qui il dubbio: sono ancora
un buon cristiano?
Abelardo
Nel tuo caso, caro Abelardo, verrebbe
da dire: «Hai già dato». Non
avere rimorsi. Anche se, parafrasando
le parole di una nota canzone,
«si può dare di più». La carità ha solo
il limite dell’amore, che non ha limiti.
Ma i beni non sono solo quelli
materiali. Si può donare il proprio
tempo, l’esperienza e la professionalità.
Da mettere a servizio di ammalati
o bambini denutriti, nelle missioni,
ospedali e campi del Terzo
mondo. Più che fare ragioneria della
carità, un euro in più o in meno,
a questo o quell’ente, è meglio offrire
disponibilità. A forza di spaccare
il capello, si diventa aridi.
Pubblicato il 17 agosto 2011 - Commenti (3)