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lug
Mi chiamo Debora e frequento la terza media. A volte, in parrocchia, mi capita di leggere Famiglia Cristiana. Sfogliando il giornale e sollecitata dal parroco, con cui spesso mi confido, mi son decisa a scriverle di un problema che, oggi, molti ragazzi della mia età si trovano spesso ad affrontare.
Mi riferisco alla solitudine. Una sensazione che provi magari quando qualcuno vuole ostacolare la tua felicità. Causata da un tradimento, da una parola di offesa, da uno sguardo che ti rimanda al punto di partenza, nella tua corsa alla felicità. Un punto in cui ci si ritrova soli, nonostante attorno a te ci sia tanta gente. Nessuno, però, è disposto ad aiutarti, a sprecare del tempo con te. Pronto ad afferrarti prima che tu caschi, a offrirti un sorriso pur di vederti felice. Sei solo, sommerso dai tuoi pensieri, e non sai come venirne fuori. Hai solo paura. E non trovi risposta alle tue domande.
Ma, in fondo, la solitudine può avere uno sbocco positivo. Dopo aver
sofferto e pianto inutilmente, alla ricerca di qualcuno che ti ascolti,
quando hai perso ogni speranza, ecco che trovi un appoggio sicuro in
Colui che sa dare una risposta ai tuoi interrogativi. E sa prenderti per
mano. Quella mano che, anche quando non te ne accorgi, è sempre lì a
sostenerti. È la mano sicura di Dio.
Debora
La tua lettera, cara Debora, è un’invocazione e, al tempo stesso, una denuncia contro noi adulti, perché non sappiamo più prestarvi ascolto. E non “perdiamo” il nostro tempo per stare con voi, a condividere i vostri progetti, sogni e delusioni. La fiducia in Dio è necessaria, attenzione solo che non si trasformi in un rifugio, in un estraniamento dal mondo. Buon per te che hai un prete che ha tempo di accogliere le tue confidenze. Perché la fretta, gli impegni e il correre da un posto all’altro, ha fatto trascurare anche a noi sacerdoti quella grande dote che è la capacità di ascolto.
Pubblicato il
13 luglio 2011 - Commenti
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29
ott
Mi sono sposato a settembre 2008, a ottobre 2009 sono
diventato papà, a febbraio 2010 mia moglie è scappata di
casa con nostro figlio, da luglio 2010 siamo legalmente separati.
Non avevamo problemi economici. Anzi, lavoravamo entrambi,
io come informatico libero professionista, lei come impiegata
amministrativa in un’azienda. Io avevo orari molto flessibili,
per cui cercavo di seguire famiglia e lavoro in base alle necessità
del momento. Lei pretendeva che, di sera e a fine settimana, fossi
totalmente a sua disposizione. Vivevamo in un appartamento
di proprietà di suo padre, per cui i miei suoceri si sentivano
in dovere di dirci come arredarlo e come usarlo. Mia moglie si dava
molto da fare per il suo lavoro, guadagnava più di me, ma dopo
il matrimonio non ha dato un euro per le necessità della famiglia.
Lei è sempre stata sottomessa ai suoi genitori, prima e dopo il
matrimonio. Quasi del tutto plagiata. Adesso non mi parla più.
Manda avanti genitori e avvocati. Vorrei che trovassimo un
accordo pacifico, ma lei si rifiuta a qualsiasi incontro. Il parroco
s’è offerto di fare da
mediatore, ma lei non ne
vuole sapere. Preghi per
me. E, soprattutto, per mio
figlio.
Michele
Prego per tutti voi, per questa
tua famiglia ridotta a
pezzi, nella speranza che i
cocci si possano comporre
con qualche mediazione, di
cui avete tanto bisogno. La
tua esperienza, come altre già pubblicate, confermano quanto sia
sempre più necessaria una seria preparazione al matrimonio. Che
non può fondarsi sull’improvviso colpo di fulmine o su una breve e superficiale
conoscenza. Quel che più colpisce in storie simili è che, subito
dopo il matrimonio, si scopre di avere accanto una persona totalmente
diversa da quella che si era frequentata. O meglio “sognata”.
Che fine ha fatto il cosiddetto fidanzamento? Chi ne parla più?
Pubblicato il
29 ottobre 2010 - Commenti
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