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feb
Sono una mamma credente, con due bambini. Lavoro non per scelta, ma per necessità. E faccio fatica a conciliare tutto. Ma, almeno, la domenica posso dedicarla alla famiglia, andare a Messa, pranzare tutti insieme, fare una passeggiata o andare all’oratorio. Mi metto, però, nei panni di una povera commessa che, grazie alla liberalizzazione degli orari dei negozi, dovrà lavorare anche nei giorni festivi. Certo, ci sono lavori socialmente utili che non si possono fermare. Ma è proprio necessario fare la spesa di domenica e togliere un altro giorno alla famiglia? La Chiesa dovrebbe intervenire.
Barbara G.
«E il settimo giorno, Dio si riposò». Così è scritto nella Bibbia. Ma questo non vale per noi dipendenti del commercio. La domenica non è più un giorno di festa, da trascorrere in armonia con la propria famiglia. E andare a Messa, per chi ci crede. Tutto ciò ci è impedito dal Governo Monti. Mi dispiace che nessuno tuteli i nostri diritti. Neppure il suo settimanale ne ha parlato. Come mai?
Daniele
Mi spiace dovervi smentire, cari Barbara e Daniele. La Chiesa è intervenuta in più occasioni. Di recente, a gennaio, il cardinale Bagnasco ha detto parole chiare al Consiglio permanente della Cei. Ma anche sulle nostre pagine e su FC on-line non sono mancati interventi a difesa della domenica come “giorno del Signore” e momento di ritrovo per la famiglia. Non più tardi della settimana scorsa, il nostro teologo, Luigi Lorenzetti, ci ha ricordato come una società civile deve darsi una giusta legislazione sul lavoro. «Non è proprio un modello di società», ha scritto, «quello che vede le persone, per tutta la giornata e buona parte della notte, in negozio o in ufficio, quasi che tutto il resto sia secondario. La preoccupazione aumenta se questa logica occupa anche la domenica e i giorni festivi». Il riposo, la festa e le relazioni familiari non vanno sacrificati al “dio consumismo”.
Pubblicato il
22 febbraio 2012 - Commenti
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14
feb
Di fronte alla crisi economica si diffonde
la convinzione che dobbiamo lavorare di
più. Se questa ipotesi è auspicabile per i tanti
(troppi) disoccupati, precari e cassaintegrati,
lo stesso non può dirsi per padri e madri che,
già ora, hanno poco tempo da dedicare a sé
stessi e alla famiglia. Si dice che il lavoro
nobilita l’uomo, ma perché sia vero occorre
realizzarsi anche al di fuori di esso. Il lavoro
è uno strumento, non il fine della vita.
Alcuni tragici fatti di cronaca di madri che,
nella fretta, hanno dimenticato i figli in
macchina, evidenziano che c’è qualcosa che
non va nei nostri ritmi. Altro che lavorare
la domenica! Dobbiamo ripensare il lavoro
quotidiano. Giustamente si parla di equa
distribuzione delle ricchezze. Ma, forse,
è bene parlare anche di equa distribuzione
del lavoro. Così, chi ne è privo potrà
finalmente averlo. Chi ne ha troppo
alleggerirà il suo peso.
Stefano G.
Più che il lavoro in sé, dobbiamo mettere in
discussione i nostri stili di vita. O, meglio, che tipo
di società vogliamo costruire. E con quali valori
a fondamento. Se il nostro obiettivo è il consumismo,
da realizzare a ogni costo, ogni scelta
è giustificabile. Anche quella che ci opprime.
Ma se vogliamo costruire una società a misura
umana, che non degradi le persone, come fossero
oggetti o semplici ingranaggi di un meccanismo
economico, allora le scelte da fare sono altre.
E con coraggio. Sono quelle che anche tu
suggerisci, caro Stefano. Perché il lavoro sia un
mezzo per vivere e realizzarsi. Non una schiavitù.
Tra l’altro, è dimostrato che dove c’è armonia
tra esigenze lavorative e quelle familiari, la
resa economica è superiore.
Pubblicato il
14 febbraio 2012 - Commenti
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13
gen
La stampa ha messo in evidenza che il senatore Monti, subito dopo aver ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo, s’è recato a Messa. È stato un bell’esempio per molti cattolici, che non vanno in chiesa la domenica. Ora, però, il presidente del Consiglio fa un decreto che permette ai negozi di stare aperti tutti i giorni, anche quelli festivi. Se Monti ha avuto il tempo per andare a Messa la domenica, un dipendente di un negozio non potrà avere la stessa possibilità. Sarà difficile “santificare le feste”, come ci chiede il comandamento. Lei ha sempre preso posizione contro norme ingiuste. Forse, è il caso di farlo ancora contro questo decreto anticattolico.
B.V.
Finalmente, ho letto un commento sulla Più rispetto e riconoscenza per le “badanti” liberalizzazione degli orari dei negozi. Anche molti non cattolici sono rimasti sorpresi dal silenzio della Chiesa su un tema così importante. I lavoratori hanno diritto a celebrare la festa in famiglia. Sorprende che una legge così liberista sia stata voluta da un Governo con un presidente cattolico. Il provvedimento, oltre a non creare posti di lavoro, contribuirà invece a secolarizzare la società. Gli unici valori saranno profitto e individualismo. Auspico che la stampa cattolica rompa il silenzio.
Un lettore
Non sono mancati gli interventi al riguardo. Né è la prima volta che si mette in discussione la domenica, come giorno del Signore e del riposo, da dedicare alla famiglia e a una sana cura dello spirito. Non tutto può essere finalizzato al fine economico, al profitto e ai soldi. Né si può accettare qualsiasi modo per raggiungere questo obiettivo. Un’economia senza etica, che non abbia al centro la dignità della persona, ci porta ai dissesti di cui stiamo pagando conto e conseguenze. La crescita economica deve andare di pari passo con lo sviluppo integrale della persona. Il tempo per la festa, da dedicare al Signore e alla famiglia, è indispensabile se vogliamo una società dal volto umano. Un altro mondo è possibile, se solo ci crediamo. Più equo e più giusto. Così come è possibile un’economia non solo di mercato, ma di comunione e condivisione. Dove le “buone azioni” hanno un doppio valore. In tutti i sensi.
Pubblicato il
13 gennaio 2012 - Commenti
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