14
feb
Il lavoro e la domenica
Di fronte alla crisi economica si diffonde
la convinzione che dobbiamo lavorare di
più. Se questa ipotesi è auspicabile per i tanti
(troppi) disoccupati, precari e cassaintegrati,
lo stesso non può dirsi per padri e madri che,
già ora, hanno poco tempo da dedicare a sé
stessi e alla famiglia. Si dice che il lavoro
nobilita l’uomo, ma perché sia vero occorre
realizzarsi anche al di fuori di esso. Il lavoro
è uno strumento, non il fine della vita.
Alcuni tragici fatti di cronaca di madri che,
nella fretta, hanno dimenticato i figli in
macchina, evidenziano che c’è qualcosa che
non va nei nostri ritmi. Altro che lavorare
la domenica! Dobbiamo ripensare il lavoro
quotidiano. Giustamente si parla di equa
distribuzione delle ricchezze. Ma, forse,
è bene parlare anche di equa distribuzione
del lavoro. Così, chi ne è privo potrà
finalmente averlo. Chi ne ha troppo
alleggerirà il suo peso.
Stefano G.
Più che il lavoro in sé, dobbiamo mettere in
discussione i nostri stili di vita. O, meglio, che tipo
di società vogliamo costruire. E con quali valori
a fondamento. Se il nostro obiettivo è il consumismo,
da realizzare a ogni costo, ogni scelta
è giustificabile. Anche quella che ci opprime.
Ma se vogliamo costruire una società a misura
umana, che non degradi le persone, come fossero
oggetti o semplici ingranaggi di un meccanismo
economico, allora le scelte da fare sono altre.
E con coraggio. Sono quelle che anche tu
suggerisci, caro Stefano. Perché il lavoro sia un
mezzo per vivere e realizzarsi. Non una schiavitù.
Tra l’altro, è dimostrato che dove c’è armonia
tra esigenze lavorative e quelle familiari, la
resa economica è superiore.
Pubblicato il 14 febbraio 2012 - Commenti (0)