29
ott
La seguo da tanti anni,
quasi quaranta. Le scrivo
confidandole un mio grosso
problema: sono disoccupata
e vivo ancora con i miei
genitori. Ho cominciato tanti
lavori (una ventina), ma
non sono mai stata assunta.
Vengo sempre licenziata
dopo il periodo di prova. Ne
ho ricavato tanta amarezza e
dispiaceri. Ormai, sono dieci
anni che cerco lavoro dopo
la laurea, che ho conseguito
fuori corso e con una
votazione bassissima. Fatico
a trovare un’opportunità,
e quando vi riesco, la perdo
subito. Sono andata da
psichiatri, che hanno tentato
di aiutarmi, ma inutilmente.
Il problema è sempre lo
stesso: tutti ne approfittano,
sapendo che ho bisogno
di lavorare. Ho fatto di tutto,
ma ora non ce la faccio più.
Ho pregato anche la
Madonna di soccorrermi,
ma la sento distante.
Una lettrice disperata
La preghiera è vita per il credente.
Dio e la Madonna ci sono
vicini. Danno senso al nostro
esistere. Pensarli, però, come
datori di lavoro in un ufficio
di collocamento, mi pare
fuori luogo. Non è la Madonna
distante da noi. Forse, sono
le nostre pretese (anche su legittime
aspirazioni) a farcela sentire
lontana o disinteressata.
L’esistenza di questa lettrice è
davvero contorta. Non possiamo
che esserle umanamente vicino,
come a tutte le persone affrante
e amareggiate. Per di
più senza un lavoro stabile.
Ma una ventina di “assunzioni
a tempo” andate male, mi
fanno riflettere. Non posso immaginare
che tutti abbiano voluto
approfittare della sua necessità
di lavorare.
Pubblicato il
29 ottobre 2012 - Commenti
(5)
19
ott
Caro don Antonio, a me non fanno pena i ragazzi,
ma gli adulti incapaci di trasmettere quei valori
che sono alla base del vivere civile. Ai nostri figli, oggi,
non facciamo mancare nulla. Ma spesso non abbiamo
tempo per loro. Siamo troppo impegnati a correre
nel nostro vivere quotidiano. E ciò riguarda anche
i sacerdoti. Non ci fermiamo mai a cercare di capire
cosa loro sentono dentro. Siamo bravi a criticarne
i comportamenti, ma non ci chiediamo se anche noi
abbiamo delle responsabilità. Vorrei dire a quei lettori
che le scrivono per contestare i giovani, che la maggior
parte di questi hanno ideali e valori. E si danno da
fare. Sono molto meglio di quanto crediamo. Conosco
laureati che non si vergognano di fare i camerieri.
E poi non credo che le passate generazioni fossero
tutti degli angioletti. Qui da noi, in Veneto, giravano
tutti col coltello in tasca e bruciavano i pagliai.
Diamo più fiducia ai giovani. Magari con qualche
sorriso in più.
Guido B. - Romano d’Ezzelino (Vi)
A ogni tempo il suo affanno. A poco giova il confronto
col passato, se è solo per una classifica qual è la generazione
migliore. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Fin
dall’inizio del mondo, da Caino e Abele. Una tavoletta assira
del 2800 avanti Cristo dava per imminente la fine del
mondo «perché la corruzione e l’insubordinazione sono diventate
cose comuni e i figli non obbediscono più ai genitori
». Ciò detto, va colto l’invito di Guido ad avere più fiducia
nei giovani. Con più ottimismo. E a puntare su di loro
con coraggio. Sono il nostro investimento per il futuro. E
sono molto meglio di come vengono rappresentati. I mass
media parlano solo degli eccessi dei pochi, ma ignorano
l’impegno dei molti. Basterebbe dare un’occhiata al mondo
del volontariato. O alla preziosa opera di tanti giovani
che impegnano il loro tempo, con generosità, per assistere
ammalati, poveri o bambini handicappati. Purtroppo, la
foresta che cresce fa poco rumore.
Pubblicato il
19 ottobre 2012 - Commenti
(4)
05
ott
Vorrei rispondere a Paolo B. (FC n. 38/ 2011), che accusava i giovani di non volersi sposare e avere figli a causa della crisi. Eppure, caro Paolo, non tutti i ragazzi sono come li descrivi tu. Personalmente, io voglio mettere su famiglia. Ho ventinove anni, ma come faccio ad avere un futuro senza lavoro? La precarietà brucia sogni, aspettative e illusioni. Faccio una vita come tanti. Non bevo né mi “sballo”. Credo in Dio e nei sani valori che i miei genitori mi hanno insegnato fin da piccola. Ho una laurea e un master: perché non ho un lavoro? Forse, perché non sono “figlia di papà” né ho “santi in paradiso”. Ho voglia di rimboccarmi le maniche e lavorare. Finora ho ricevuto porte in faccia. Ho una sola speranza: che l’Italia cambi. E che i nostri politici, un giorno, comincino a occuparsi di noi giovani disoccupati.
Un’assidua lettrice
L’auspicio di un’Italia più normale è nella mente di tanti. Ma non si vedono cambiamenti all’orizzonte. Almeno, con questa classe politica che non sa alzare lo sguardo dal ristretto terreno dei propri interessi. Non ha una visione ideale, non un progetto per il futuro del Paese. Dove il ruolo centrale dovrà essere quello di voi giovani. Ma, al di là di tante dichiarazioni retoriche, sembra che il vostro destino non interessi a nessuno. Eppure, i dati che vi riguardano, soprattutto nel Sud Italia, sono davvero preoccupanti. Al limite della disperazione. Nel Mezzogiorno in recessione, lavora meno di un giovane su tre. Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Sud, ha parlato di “tsunami demografico”. «Da un’area giovane e ricca di menti e di braccia», scrive il rapporto Svimez, «il Mezzogiorno si trasformerà nei prossimi decenni in un’area spopolata, anziana ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese». Non c’è in Parlamento uno straccio di legge che si preoccupi di come dare un lavoro e un futuro a voi giovani. Certo, è più urgente mettere il bavaglio a chi denuncia che il “re è nudo”!
Pubblicato il
05 ottobre 2011 - Commenti
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