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apr
Ho letto su Famiglia Cristiana
(n. 16/2013) l’intervento di don
Mazzi sulla Chiesa povera. Il cardinale
Biffi sosteneva l’esatto contrario:
la Chiesa deve essere ricca. E portava
a dimostrazione la differenza tra il
Battista e Gesù: questi era chiamato
Signore, non vestiva peli di cammello
ed era invitato a cena da personaggi
di riguardo. Certo, Gesù non era ricco.
Credo che il cardinale volesse mettere
l’accento su una questione ancora
oggi dibattuta. A mio parere, c’è un
equivoco di fondo: lo sfoggio di ori,
auto con autista e abiti lussuosi da
parte degli alti prelati non è una bella
testimonianza, specialmente per chi
non crede. Ma parlare di svendere
quadri, candelabri, mobili d’epoca...
mi sembra fuorviante. Gli oggetti
devozionali dei secoli passati non sono
responsabili né della crisi né della fame
nel mondo, come non lo è il Guercino
conservato nella mia parrocchia.
Sono stati donati per fini devozionali
e devono mantenere la loro funzione,
anche se confezionati con ori e pietre
preziose. Utilizzarli per altri motivi
sarebbe sacrilego. Per aiutare i poveri
la Chiesa si liberi piuttosto di certe
operazioni finanziarie, o venda beni
che non hanno nulla a che vedere con
la fede. Allo stesso modo, per ripianare
il debito, lo Stato non può mettere
all’asta gli oggetti preziosi dei musei
per venderli ad americani o cinesi:
si farebbe un torto alla nazione
e si scatenerebbe la rivoluzione.
Marco
In concomitanza con la Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni,
avete pubblicato un pezzo di don Mazzi
che darà un notevole contributo alla
crescita delle vocazioni! C’è da giurare
che, grazie a quell’articolo, i seminari
saranno presto presi d’assalto da giovani
che non vedono l’ora di entrare nella
“casta” di coloro che se la spassano fra
gli ori delle chiese, gli agi delle case
canoniche e tanti altri privilegi. Che si
vuole di più dalla vita? Ma don Mazzi
dove vive? Ma davvero conosce la vita
dei preti? Non sa che quasi tutti i preti
fanno da sacrestani, si cucinano da soli,
stirano, lavano panni e pavimenti, e se
si ammalano è un dramma? Lo sa che
significa stare in una parrocchia per
quarant’anni, quasi dimenticati, senza
andare per salotti televisivi e senza una
vacanza di una sola ora al mese? Ho
una foto con lui a Cortina d’Ampezzo,
dove passeggiava con i Vip (io ero di
passaggio con i miei giovani per una
gita): quel soggiorno gliel’hanno
regalato o l’ha pagato di suo? E i
poveri? Vendere, poi, i calici: a chi? Ai
rigattieri? In questa crisi, tante famiglie
vengono a bussare alle porte delle
parrocchie e nessuno se ne torna
indietro senza aiuto. E con i magri
fondi della Caritas, spesso mettiamo
mano al nostro portafoglio, senza far
tante storie. E per un prete che invita a
rubare, si fa giustizia sommaria di tutti?
Ma che Vangelo è questo di don Mazzi,
non nuovo a mostrarsi primo della
classe e dar pagelle a tutti i confratelli?
Anche questa mia lettera è brutta, certo.
E non merita di essere ospitata. Ma
Famiglia Cristiana non batte ciglio su
quella di don Mazzi. E speriamo che mi
si dica che non ho capito lo spirito della
nota, e che ho interpretato male.
E ti pareva? Con ossequi.
Don Gino
Caro don Antonio ti scrivo due righe
e se troverai tempo mi risponderai a
titolo personale, visto che hai avuto la
bontà di pubblicare già due mie e-mail
sulla rivista. Mi chiedo: chi siamo noi
cristiani? Fino al giorno prima che fosse
eletto papa Francesco, sentivo tutti
(anch’io tra questi) criticare la gerarchia
per il lusso che è in netto contrasto con
il Vangelo. Ora, invece, mi tocca sentire
critiche per le rinunce che ha fatto papa
Francesco. Nella mia famiglia, come in
tantissime altre, si è aperto
il cuore quando abbiamo sentito parole
che aspettavamo da tanto tempo. E che
dobbiamo fare nostre per non “tradire”
il Vangelo.
Guido B.
Non sono il difensore d’ufficio di don
Mazzi e avrei potuto far rispondere direttamente
a lui alle contestazioni mosse al
suo intervento su Famiglia Cristiana (n.
16/2013) dal titolo “Che bello se tutti noi
preti fossimo esempio di povertà”. Ma
non vorrei che la polemica si riducesse a
una questione personale, di accuse e controaccuse
rispetto a stili di vita, comparsate
televisive e frequentazioni di Vip, e perdessimo
di vista il vero tema del dibattito.
Al di là delle provocazioni e dei paradossi,
don Mazzi da sempre è sulla stessa onda
di papa Francesco che, appena eletto, ha
detto: «Ah, come vorrei una Chiesa povera
e per i poveri». Possiamo disquisire quanto
vogliamo su quale sia il significato della
povertà, ma la sobrietà negli stili di vita
e la concreta vicinanza ai poveri sono nel
cuore del Vangelo. Credo che don Gino sia
vicino a don Mazzi più di quanto non immagini.
In fondo, al netto dei paradossi,
entrambi vogliono una Chiesa povera.
Pubblicato il
30 aprile 2013 - Commenti
(16)
07
set
Ho apprezzato molto la risposta che
ha dato, la settimana scorsa, alla
signora Gaia, una “pecorella smarrita”.
È un periodo in cui la Chiesa è attaccata
su molti fronti, dall’Ici all’8 per mille.
Ma il bene che fa è così invisibile? Eppure,
le case d’accoglienza, le mense per i poveri,
sono diffuse su tutto il territorio. Nella
mia città ce ne sono tre, una gestita dalla
Caritas, le altre due da suore. In una ha
operato come volontario anche mio marito.
Conosco stranieri che grazie alle suore sono
riusciti a trovare un lavoro e a integrarsi.
La Chiesa fa tanto per chi soffre, per gli
emarginati, per gli ultimi. Dà da mangiare
agli affamati, eppure si vuole cercare
“il pelo nell’uovo”. In questi tempi, si sta
impegnando per i profughi che arrivano
a Lampedusa. Ma questa notizia non
interessa i media nazionali, hanno altro
cui pensare. È facile puntare il dito. Più
difficile l’impegno personale. Propongo
a Gaia di rimboccarsi le maniche, forse si
sentirà meno smarrita.
Alma B. - Lodi
La Chiesa non è fatta solo di santi. Ci sono
peccati e peccatori.Ma spararle addosso, come
avviene periodicamente, prendendo a pretesto
false notizie su presunti privilegi, ormai è stucchevole.
Se non fosse ancora chiaro, lo ribadiamo:
solo i luoghi di culto e le attività destinate
ad attività sociali non pagano tasse. E questo
vale anche per le altre confessioni che hanno
intese con lo Stato. Voler tassare la solidarietà
è aberrante. Se per un giorno si fermassero preti
e parrocchie, si bloccherebbe l’Italia.
d.A.
Pubblicato il
07 settembre 2011 - Commenti
(9)
18
mag
Leggo sui giornali che il ministro della Giustizia belga ha giudicato
irresponsabile il comportamento dell’ex vescovo di Bruges, già
al centro dello scandalo pedofilia, che in un’intervista televisiva ha
confessato di aver abusato di due suoi nipoti. «Con le sue dichiarazioni
in Tv», ha detto il ministro, «l’ex vescovo di Bruges ha superato
il limite di ciò che è accettabile». Confesso che quando si viene a
conoscenza di situazioni simili, la fede traballa. Non si può essere fieri del
comportamento di questi uomini di Chiesa, che dovrebbero essere le
nostre guide. So che sto giudicando, ma non posso farne a meno. Questo è
un crimine orrendo, in abominio a Dio. Ancor più perché commesso
da un uomo che ha consacrato la sua vita al Signore.
Doriano C.
Su questo abominevole delitto deve
esserci “tolleranza zero”. A maggior ragione
quando sono coinvolti sacerdoti
o vescovi, cui le famiglie hanno affidato,
con tanta fiducia, l’educazione spirituale
dei propri figli. Una condanna inequivocabile.
E senza tanti distinguo. «I
preti pedofili», ha detto Benedetto XVI
nel suo viaggio in Australia (2008), «devono
essere portati davanti alla giustizia
». Per i loro misfatti c’è solo da avere
profonda «vergogna». Così come, nei
confronti delle vittime, va manifestata
ampia «condivisione del dolore e della
sofferenza». I bambini vanno sempre
salvaguardati, garantendo loro ambienti
sani e sicuri. I preti pedofili che lacerano
il corpo e l’animo dei più piccoli
sfregiano anche il volto di Cristo. Sono
indegni del loro sacerdozio.
D.A.
Pubblicato il
18 maggio 2011 - Commenti
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