di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
02 nov
Da decenni, dai tempi della mia
militanza nelle file dell’Azione
cattolica, non compravo più Famiglia
Cristiana. Un giorno, nella sala d’attesa
di un dentista, mi sono messo a sfogliarne
una copia. Ho letto, con stupore, parole
giuste contro una classe politica inetta,
abbarbicata al potere e menefreghista
del danno che sta arrecando ai cittadini.
Mi colpisce l’indifferenza dei governanti
verso i giovani, i poveri e chi vive di stenti.
Bisognerebbe provare che cosa vuol dire
non avere i soldi per arrivare a fine mese.
Anch’io, fino a qualche anno fa, vivevo
in discrete condizioni. Dopo, con la
separazione e un lavoro precario, ho
sperimentato sulla mia pelle le difficoltà
della vita. Mi sconforta il baratro in cui
stiamo precipitando. Il cardinale Bagnasco
ha detto ai cattolici di impegnarsi per
le sorti del Paese. Ma come? Non bastano
belle parole o convegni. Occorre agire.
Avendo come bussola la moralità e il senso
del buon governo. Il Paese ci appartiene.
È di tutti. Non è affare privato di pochi.
Francesco - Vicenza
Fasce sempre più larghe della popolazione
stanno provando le difficoltà del vivere quotidiano.
Nessuno può negare la crisi, che colpisce
non solo il nostro Paese, ma il mondo intero.
Quel che davvero stupisce da noi è l’assenza
totale di un piano per uscire da questo nero
tunnel. Di cui, ancora, non si intravede la
fine. Un piano che sia condiviso da tutte le forze
sane e responsabili del Paese. Non è più
tempo di sterili contrapposizioni. O di difesa
del proprio orticello. Questo è un gioco al massacro.
Con tutti perdenti. Occorre guardare al
futuro. E al bene comune dell’Italia. I sacrifici
vanno equamente ripartiti. E mirare, soprattutto,
non a ciò che conviene all’uno o all’altro,
ma a quello che davvero giova a tutti e al
Paese. Questa è vera politica. Nel senso di servizio,
e non di potere. Qui si vede la differenza
tra lo statista e chi, invece, profitta della
politica per sistemare i propri affari.
Pubblicato il 02 novembre 2011 - Commenti (11)
19 ott
Stiamo attraversando periodi molto brutti.
Difficili da sopportare, senza indignarci: ma
a che scopo? Per uscire dalla crisi, i politici non
hanno soluzioni. Anzi, non sanno cosa siano.
La Chiesa non muove un dito. Sì, ogni tanto,
si alza la voce del Papa contro i soprusi, ma chi
lo ascolta? Tutto si risolve in un applauso, al
massimo una fiaccolata. Nella realtà, aumentano
le tasse e cresce il malessere. Forse, è tempo
di svegliarsi e agire.
Enzo - Biella
Il quadro, forse, è troppo pessimistico. Non perché
non siano vere le cose che dici, ma per l’assenza
di uno spiraglio di luce. E perché il giudizio negativo
è esteso a tutti, in modo indistinto.
Anche se la
Chiesa non è sempre stata tempestiva nelle sue denunce,
metterla sullo stesso piano dei politici è farle
torto. Soprattutto di questi politici, servili “a livelli
inauditi”. Senza ideali e amore per il Paese.
Se c’è
una cosa che offende i cittadini, è l’attaccamento
che hanno alla poltrona. Pur di non perderla, si mettono
in vendita, ricattano, fanno la questua. Non vogliono
rinunciare a privilegi e rendite. Su cui non solo
non è calata la scure, tanto annunciata, ma nemmeno
un piccolo taglio. Invocano la privacy per nascondere
doppi e tripli vitalizi, o conflitti di interessi.
Se il Paese va alla malora, pazienza. Prima vanno
salvaguardati i propri affari. Per questo sono in Parlamento.
Non certo eletti dal popolo, ma “nominati”
dai segretari di partito. La loro libertà è soggetta alla
prossima lista per le elezioni.
Pubblicato il 19 ottobre 2011 - Commenti (2)
14 set
Ho sentito alla radio un ragazzo sostenere che i giovani non si sposano e non fanno figli perché c’è la crisi. Ma i concerti rock sono affollatissimi. Così come le discoteche, dove si ubriacano e fanno uso di droga. Da dove prendono il denaro per telefonini e abiti firmati? Quanto costa il motorino, e chi mantiene le auto per ogni componente della famiglia? Nessuno rinuncia alle vacanze. Le ragazzine fanno ricorso a costosi ritocchi chirurgici. Nessun pensiero, invece, ai figli. Almeno fino a quarant’anni, quando scatta il raptus di maternità. Cinque milioni di immigrati hanno trovato lavoro in Italia. La litania sugli aiuti ai giovani è deviante, quasi quanto le quote rosa. Chi vuole farcela, si rimbocchi le maniche. Come hanno fatto i nostri nonni nel dopoguerra.
Paolo B.
Analisi impietosa la tua, caro Paolo. Ma anche poco generosa nei confronti dei giovani, di cui salvi proprio ben poco. Non hai torto nell’invocare uno stile di vita più sobrio. E nel denunciare che viviamo al di sopra delle nostre possibilità. Come dimostra la crisi economica, da cui facciamo fatica a risollevarci. Ma il vero problema non sono i giovani. Prima di puntare il dito, dovremmo interrogarci sugli squallidi modelli di vita che stiamo loro offrendo. Gli stiamo “rubando” il futuro e la speranza. Vivono e si sfogano di notte, tra discoteche e bar, forse perché di giorno non li facciamo sentire protagonisti. Li abbiamo abbandonati al loro destino.
Pubblicato il 14 settembre 2011 - Commenti (9)
07 set
Ho apprezzato molto la risposta che
ha dato, la settimana scorsa, alla
signora Gaia, una “pecorella smarrita”.
È un periodo in cui la Chiesa è attaccata
su molti fronti, dall’Ici all’8 per mille.
Ma il bene che fa è così invisibile? Eppure,
le case d’accoglienza, le mense per i poveri,
sono diffuse su tutto il territorio. Nella
mia città ce ne sono tre, una gestita dalla
Caritas, le altre due da suore. In una ha
operato come volontario anche mio marito.
Conosco stranieri che grazie alle suore sono
riusciti a trovare un lavoro e a integrarsi.
La Chiesa fa tanto per chi soffre, per gli
emarginati, per gli ultimi. Dà da mangiare
agli affamati, eppure si vuole cercare
“il pelo nell’uovo”. In questi tempi, si sta
impegnando per i profughi che arrivano
a Lampedusa. Ma questa notizia non
interessa i media nazionali, hanno altro
cui pensare. È facile puntare il dito. Più
difficile l’impegno personale. Propongo
a Gaia di rimboccarsi le maniche, forse si
sentirà meno smarrita.
Alma B. - Lodi
La Chiesa non è fatta solo di santi. Ci sono
peccati e peccatori.Ma spararle addosso, come
avviene periodicamente, prendendo a pretesto
false notizie su presunti privilegi, ormai è stucchevole.
Se non fosse ancora chiaro, lo ribadiamo:
solo i luoghi di culto e le attività destinate
ad attività sociali non pagano tasse. E questo
vale anche per le altre confessioni che hanno
intese con lo Stato. Voler tassare la solidarietà
è aberrante. Se per un giorno si fermassero preti
e parrocchie, si bloccherebbe l’Italia.
d.A.
Pubblicato il 07 settembre 2011 - Commenti (9)
10 dic
La chiusura della Camera è una decisione
inquietante. Ultimo di una serie di atti che svilisce
le istituzioni democratiche e offende i cittadini elettori.
Chiedo almeno un segno riparatorio e di decenza:
che la quota corrispondente alle giornate lavorative
soppresse, sia tolta ai parlamentari e destinata
al finanziamento del 5 per mille, a favore delle
associazioni di volontariato.
Oriana A. - Roma
All’indecenza non c’è limite. Così come all’arroganza
del potere politico. Se a prevalere sono “interessi di bottega”,
e si chiude il Parlamento per timore che la maggioranza
vada sotto nelle votazioni, davvero abbiamo perso
di vista l’interesse del Paese e il bene comune. Se c’è un momento
in cui la Camera deve stare aperta, in seduta costante,
è proprio questo. Lo richiederebbe la gravità del
difficile momento che vive il Paese, sempre più smarrito e
confuso. Se questa è la risposta che si dà ai problemi, verrebbe
la tentazione di invitare i parlamentari a starsene
in vacanza più a lungo. Perché già ora il Paese reale, da
cui sono lontani, procede nonostante loro. Nonostante
tanta insipienza e irresponsabilità. Certo, va in salita e col
fiato grosso. La “casta” sa solo salvaguardare i propri interessi.
E guai a toccarglieli, come proponi tu Oriana. Strillerebbero
come aquile (o polli!) spennati al vivo.
Pubblicato il 10 dicembre 2010 - Commenti (0)
29 ott
Mi sono sposato a settembre 2008, a ottobre 2009 sono
diventato papà, a febbraio 2010 mia moglie è scappata di
casa con nostro figlio, da luglio 2010 siamo legalmente separati.
Non avevamo problemi economici. Anzi, lavoravamo entrambi,
io come informatico libero professionista, lei come impiegata
amministrativa in un’azienda. Io avevo orari molto flessibili,
per cui cercavo di seguire famiglia e lavoro in base alle necessità
del momento. Lei pretendeva che, di sera e a fine settimana, fossi
totalmente a sua disposizione. Vivevamo in un appartamento
di proprietà di suo padre, per cui i miei suoceri si sentivano
in dovere di dirci come arredarlo e come usarlo. Mia moglie si dava
molto da fare per il suo lavoro, guadagnava più di me, ma dopo
il matrimonio non ha dato un euro per le necessità della famiglia.
Lei è sempre stata sottomessa ai suoi genitori, prima e dopo il
matrimonio. Quasi del tutto plagiata. Adesso non mi parla più.
Manda avanti genitori e avvocati. Vorrei che trovassimo un
accordo pacifico, ma lei si rifiuta a qualsiasi incontro. Il parroco
s’è offerto di fare da
mediatore, ma lei non ne
vuole sapere. Preghi per
me. E, soprattutto, per mio
figlio.
Michele
Prego per tutti voi, per questa
tua famiglia ridotta a
pezzi, nella speranza che i
cocci si possano comporre
con qualche mediazione, di
cui avete tanto bisogno. La
tua esperienza, come altre già pubblicate, confermano quanto sia
sempre più necessaria una seria preparazione al matrimonio. Che
non può fondarsi sull’improvviso colpo di fulmine o su una breve e superficiale
conoscenza. Quel che più colpisce in storie simili è che, subito
dopo il matrimonio, si scopre di avere accanto una persona totalmente
diversa da quella che si era frequentata. O meglio “sognata”.
Che fine ha fatto il cosiddetto fidanzamento? Chi ne parla più?
Pubblicato il 29 ottobre 2010 - Commenti (0)
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