23
mag
Negli ultimi anni si sono verificati
in Europa più di venti episodi
gravi di razzismo nell’ambiente
dello sport. Nella cultura moderna
lo sport ha fatto della lotta alla
discriminazione, non solo quella
etnica, uno dei valori più alti
contribuendo allo sviluppo di
un concetto privo di pregiudizi.
È la mancanza di un’educazione
culturale che spinge l’individuo
ad assumere atteggiamenti
discriminatori. Bisogna iniziare
dalla scuola, insegnando ai più
piccoli il rispetto verso gli altri e
sviluppando la conoscenza reciproca.
Giovanni Paolo II, il “Papa sportivo”,
ricordava al Giubileo del 1984
che «lo sport può recare un valido
apporto alla coesistenza di tutti
i popoli al di sopra di ogni
discriminazione di razza, di lingua
e di nazioni».
Angelo P. - Lecco
Gli sportivi, da parte loro, per la vasta
popolarità di cui godono hanno
una grande responsabilità, nel bene e
nel male, con i loro atteggiamenti durante
e al di fuori delle attività sportive.
Tante campagne di solidarietà promosse
da un noto personaggio dello
sport hanno un’immensa forza trainante,
perché i “tifosi” tendono a imitare
i comportamenti del proprio idolo.
Lo sport in quanto tale, quando si attiene
ai princìpi della lealtà e della correttezza,
è un volano e un moltiplicatore
di “buoni sentimenti”. Per questo andrebbero
stroncati sul nascere tutti
quei fenomeni che “sporcano” lo sport.
Tra questi, l’inciviltà e l’ignoranza rozza
dei presunti tifosi che approfittano
del tifo sportivo per sfogare il peggio
dei loro istinti, con cori razzisti che dovrebbero
indignare tutti.
Pubblicato il
23 maggio 2013 - Commenti
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16
mag
A due settimane dal
referendum sui
finanziamenti comunali
alle scuole dell’infanzia
paritarie di Bologna,
andrebbe ricordato che,
in base a una legge del
2000 voluta da Giovanni
Berlinguer, queste scuole
sono da considerarsi
pubbliche come quelle
comunali e statali. In tutta
Europa le scuole pubbliche
non statali di ispirazione
laica o religiosa sono
finanziate dallo Stato.
In Italia ricevono modesti
contributi, nonostante
facciano risparmiare allo
Stato circa sei miliardi di
euro all’anno. A Bologna
una scuola per l’infanzia
paritaria costa al Comune
600 euro per bambino
l’anno, quella comunale
costa 6.900 euro. Basta con
le guerre ideologiche!
Luca
A nessuno giova la guerra
tra scuola pubblica e paritaria.
Al di là del fatto che entrambe
svolgono un ruolo pubblico, lo
sforzo comune da fare è battersi
per migliorare tutta la scuola,
senza distinzioni.
Pubblicato il
16 maggio 2013 - Commenti
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14
giu
Sono volontario in una casa di accoglienza. Da anni leggo Famiglia Cristiana. Da quando lei è direttore, la lettura del giornale è per me un’elevazione culturale e spirituale. Insomma, un salto in avanti, fuori da tanto integralismo che ci circonda. La sua capacità di equidistanza dalla politica e dai fatti di cronaca le dà autorevolezza e credibilità. Negli anni peggiori della nostra politica, per noi cristiani è stato un baluardo inaffondabile. Sempre ispirato al Vangelo. A questo proposito, volevo chiederle: perché ci si interessa tanto della Bibbia e poco del Vangelo? Sembra quasi che la parola di Gesù sia d’impaccio. Forse ce ne vergogniamo? In un’indagine di qualche anno fa, proprio di Famiglia Cristiana, risultava che il sessantanove per cento dei cattolici non aveva mai letto i Vangeli. Certo, la parola di Gesù non è facile da capire, come mi ha detto un sacerdote. Ma, forse, che la Bibbia sia più semplice? Se io mi innamoro di una ragazza, prima voglio conoscere bene lei, poi anche i suoi genitori. Non le pare?
FERNANDO
Non esagerare, caro Fernando, con i complimenti. Mi metti in imbarazzo e difficoltà. Assieme a tutti i giornalisti di Famiglia Cristiana, abbiamo solo fatto il nostro dovere. Quello di informare con correttezza. E di vagliare la cronaca e l’attualità di ogni giorno alla luce dei princìpi evangelici e della dottrina sociale della Chiesa. Senza pregiudizi. E con coraggio, soprattutto quando tacere sarebbe stato più comodo. Ci saremmo evitati tanti attacchi. Non solo da fuori. Quanto alla preparazione religiosa, non metterei in contrapposizione Bibbia e Vangelo. Purtroppo, l’ignoranza di tantissimi cristiani è generale. E anche preoccupante. Lo dimostrano tante indagini, come quella di Famiglia Cristiana di qualche anno fa. Ignoranza, nel senso di scarsa conoscenza, che dovrebbe farci interrogare seriamente sull’efficacia della preparazione religiosa in famiglia e nelle parrocchie. Ma anche nelle scuole con l’insegnamento della religione cattolica. L’ignoranza delle Scritture, come ricordava san Girolamo, è ignoranza di Cristo stesso. Come possiamo, allora, dirci cristiani, se non sappiamo dare ragione della nostra fede?
Pubblicato il
14 giugno 2012 - Commenti
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13
lug
Mi rivolgo a lei in tono confidenziale perché sono una lettrice di “vecchia data”. Poiché ci tengo a un’informazione corretta, mi permetto di dissentire da quanto ha scritto don Mazzi sulla scuola e i docenti di Milano (FC n. 24/2011): «Come è impostata oggi la scuola, può solo aumentare il disagio giovanile e adolescenziale, con una classe docente specializzata nell’aumentare i problemi».
Io insegno ormai da oltre 23 anni e ho sempre svolto il mio lavoro con
molta passione, preoccupandomi non solo di fornire nozioni ai ragazzi,
ma di aiutarli anche nella loro formazione e crescita. Il giudizio di
don Mazzi sui docenti è troppo negativo. Anche se lo Stato non investe
su di noi, e i tagli sulla scuola ci costringono a lavorare con classi
troppo numerose. Spesso i genitori non collaborano con i docenti, ma
difendono sempre e comunque l’operato dei propri figli.
Una docente di scuola secondaria
Le parole di don Mazzi sono una salutare provocazione. E hanno il pregio di non passare inosservate, ma di suscitare un sano dibattito. Che sul mondo della scuola è quanto mai necessario. Se non vogliamo che vada alla deriva, nel generale menefreghismo e insensibilità istituzionale. Eppure, stiamo parlando di una cosa preziosa, di un luogo dove i nostri ragazzi passano gran parte del loro tempo negli anni dell’obbligo scolastico. Per ricevere non solo nozioni, ma una formazione che li prepara alla vita. Perché stiamo svalutando questo fondamentale compito, negando alla scuola e agli insegnanti, non solo un riconoscimento pubblico, ma tagliando anche il necessario? È una politica autolesionista.
Pubblicato il
13 luglio 2011 - Commenti
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