03
apr

Chi semina nelle lacrime raccoglie con gioia

Rouault, Georges (1871-1958) Notturno autunnale (Siae 2013)

In questa feria pasquale la vicenda dei discepoli di Emmaus sembra così vicina a noi e al nostro destino: abbiamo visto Gesù risorto con gli occhi della fede nella notte di Pasqua… ma poi lo abbiamo perso e ce ne andiamo tristi verso i fatti nostri… senza accorgerci che ci cammina accanto. Alla sera lo ritroviamo a tavola, a mangiare con noi. Ed ecco la gioia! Quella gioia che il nostro cuore non può contenere. Il Requiem tedesco composto da Brahms tra il 1865, anno della morte della madre, e il 1866, anno della prima esecuzione a Vienna di questo splendido oratorio, che ottenne a Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna, 1897) il suo primo grande successo internazionale. L’opera venne poi ripresa dall’autore e completata nella sua versione definitiva del 1897 che comprende ben sette movimenti e che si conclude con le parole dell’Apocalisse: Dice lo Spirito, sì vengo presto!

 

Il grande compositore tedesco utilizzò liberamente nella sua opera brani tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento per esprimere la vanità della carne  (primo movimento: Poiché tutta la carne è come l’erba) ma soprattutto la gioia della resurrezione  ((secondo movimento: I redenti dal Signore ritorneranno e andranno verso Sion con giubilo). È infatti soprattutto la certezza che chi muore è nel Signore (terzo movimento Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio)  ad animare i Requiem tedesco. La profondità delle emozioni suscitate da Bramhs, che non si accontenta di facili sentimenti, scava nel profondo del cuore umano: l’uso della viola al posto dei violini, per esempio, concorre a comunicare un timbro caldo e intimista. Lo stesso sentimento religioso, la stessa profondità di segno ritroviamo nell’opera di un grande pittore francese, Georges Rouault (1871 –1958) che nel suo ciclo Miserere affronta lo stesso tema della vita umana come passaggio doloroso ma necessario verso la gioia; quel passaggio che si riassume nel brano del primo movimento musicato da Brahms e tratto dal salmo 125: Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni.  


Alfredo Tradigo

Pubblicato il 03 aprile 2013 - Commenti (0)
02
apr

Requem di Bramhs, musica per i vivi

Contrariamente a Le Ultime Sette Parole di Cristo Sulla Croce di Haydn che come abbiamo visto è un capolavoro pensato per i fedeli e per la funzione del Venerdì Santo, Ein deutsches Requiem (noto in Italia come Requiem tedesco) di Johannes Brahms è un capolavoro concepito per il concerto.
Una pagina straordinaria, di una forza poetica, drammatica e musicale uniche, il cui libretto è stato composto dallo stesso Brahms con molta libertà ed a partire dalla Bibbia nella versione di Martin Lutero. Basta questo episodio commovente, intensissimo per comprendere la suggestione spirituale del Requiem:

La natura filosofica del Requiem è chiara: le persone cui portare aiuto e consolazione non sono i morti, ma i vivi.
E fu la morte della madre avvenuta nel febbraio del 1865 a dare a Brahms lo stimolo a comporre il Requiem, nel quale profuse la sua sapienza sinfonica ed il suo respiro musicale meraviglioso. Per farci riflettere, ma anche per trovare pace e consolazione. Sin dalle prime battute dell'opera:



Giorgio Vitali

Pubblicato il 02 aprile 2013 - Commenti (0)
27
mar

Le ultime sette parole di Cristo

Peter Paul Rubens, (1577-1640), Cristo risorto, Firenze, Galleria Palatina.

Domenico Theotokopulos, detto El Greco (1541-1614)
Cristo crocifisso fra due donatori, Parigi, Louvre (immagine Scala)

«Era tradizione eseguire, nella cattedrale di Cadice, durante il periodo quaresimale, un oratorio. I muri, le finestre e le colonne della chiesa venivano coperte di drappi neri e solo un grande lampadario centrale illuminava il buio più profondo. A mezzogiorno tutte le porte venivano chiuse e la musica prendeva inizio. Dopo un preludio appropriato, il vescovo saliva all’ambone e pronunciava una delle sette parole, commentandola. Al termine del sermone scendeva dalla sede e raggiungeva l’altare, prostrandosi dinanzi al crocifisso. La musica veniva suonata successivamente – in queste pause – e così via per tutte le sette parole. La mia composizione si innesta conformemente in questa pratica».

Così lo stesso Franz Joseph Haydn – compositore austriaco nato a Rohrau nel 1732 e morto a Vienna nel 1089 mentre la città era assediata dalle truppe napoleoniche – presentò la struttura del suo oratorio più famoso, Le ultime sette parole del nostro redentore in croce, eseguito per la prima volta nel 1786. L’opera, scritta per essere eseguita nella Settimana santa, riprende sette brani del Vangelo cui corrispondono le prime note dell’attacco delle rispettive sonate: 1. Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. 2. In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso. 3. Donna, ecco il tuo figlio! Ecco la tua madre!. 4. Dio mio, dio mio, perché mi hai abbandonato?. 5. Ho sete. 6. Tutto è compiuto!. 7. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

La corrispondenza testo-musica accende nello spirito umano sentimenti di viva partecipazione alla Passione di Cristo, come lo stesso Haydin sottolineò: «Ciascun frammento di testo ha ricevuto nella musica strumentale un trattamento tale da commuovere anche l‘ascoltatore più inesperto nelle profondità della sua anima». Nella stessa misura il pittore cretese El Greco (1541-1614, che lavorò nella Spagna del Seicento, ci offre questa contemplazione di Cristo crocifisso tra due donatori che, partecipando alle sofferenze del Redentore, ci spingono a fare altrettanto.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 27 marzo 2013 - Commenti (0)
26
mar

Haydn: musica per contemplare la Croce

Se noi fossimo chiamati a raccontare la storia della musica secondo la logica del nostro tempo potremmo dire che Le Ultime Sette Parole di Cristo Sulla Croce di Haydn sono uno dei più grandi successi di ogni tempo. Un successo che ha spinto il sommo autore ad approntare diverse versioni del suo capolavoro, anche per musicisti dilettanti. Ma la definizione farebbe passare in secondo piano la dimensione più intima, riuscita, coinvolgente della partitura del sommo Haydn: l’ispirazione religiosa. Perché poche altre pagine sono nate per essere non ascoltate ma “vissute” dai fedeli come Le Ultime Sette Parole di Cristo Sulla Croce. La musica, sempre profonda e drammatica, è infatti una meditazione che si intercala alla lettura (effettuata dal sacerdote) delle frasi pronunciate dal Cristo sulla Croce. Non è “spettacolo”, non è “concerto”: ma è silenzio, preghiera, contemplazione. Che la storia della musica ha poi di prepotenza inserito nel più eseguito repertorio, grazie ad un valore musicale che si mantiene altissimo dalla prima all’ultima battuta.



Dall’Introduzione:



allo sconvolgente “Terremoto” finale, metafora dell’uomo rimasto solo per la morte del Cristo.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 26 marzo 2013 - Commenti (0)
20
mar

Il Magnificat di Bach

Ramin Barhami, un grande pianista del nostro tempo, è fra i più straordinari interpreti di Bach. Secondo la sua opinione anche la musica profana del sommo Autore è una sorta di continuo colloquio col cosmo e con Dio. Una forma di meditazione e di preghiera. Ancora più vera è questa sensazione quando la musica di Bach è dichiaratamente sacra. Come nel caso dell’Oratorio di Pasqua, straordinaria meditazione in musica lungo il percorso della Passione. O del suo Magnificat, che inizia con una introduzione orchestrale, ma diventa subito canto e poesia:

Nell’intera pagina l’intuizione di Barhami si conferma ad ogni passaggio. Parti strumentali e parti vocali, virtuosismo esecutivo e pura poesia del canto sono strumenti al servizio dell’elevazione dell’anima e della mente. Le parti fugate per esempio non hanno una funzione teatrale, né puramente spettacolare: ma sono gli abbellimenti di un’architettura messa al servizio del Divino. Anche nella conclusione nel segno di un “Gloria” che Bach non ha mai cessato di invocare nella sua vita e con le sue opere.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 20 marzo 2013 - Commenti (0)
20
mar

Bach e Rubens: esplosione di gioia barocca

Peter Paul Rubens, (1577-1640), Cristo risorto, Firenze, Galleria Palatina.

Peter Paul Rubens, (1577-1640), Cristo risorto, Firenze, Galleria Palatina.

Piena, corposa e irresistibile come la musica di Bach è la pittura di Rubens. Peter Paul Rubens (1577-1640) e Johann Sebastian Bach (1685-1750).  Due geni del barocco. Il Cristo risorto di Rubens e l’Oratorio pasquale per orchestra e coro di Bach manifestano la stessa energia positiva e gioiosa cultura barocca europea in cui la divisione medioevale tra sacro e profano, tra carne e spirito è superata. Come Rubens in pittura così Bach in musica non rinunciò al profano, anzi lo inserì a pieno titolo nel sacro. La bourré, la giga, la gavotta, danze tipiche dalla musica profana, danno forza e vigore all’Oratorio sacro bachiano che celebra il mistero pasquale.  Allo stesso modo le carni floride e ben tornite del Cristo risorto di Rubens e dell’angelo con la veste rossa che lo scopre e lo osserva curioso da dietro il sudario aprono la “danza” di una vita nuova che Cristo inaugura risorgendo.

In effetti Bach ricavò l’Oratorio di Pasqua da una cantata profana scritta per il compleanno del duca Christian di Sassonia-Weissenfels (eseguita il 25 febbraio 1725). L’oratorio sacro tornò poi profano per uno strano destino essendo stato riscritto dallo stesso Bach per una nuova occasione: il compleanno del conte Joachim Friedrich von Flemming (e fu eseguita a Lipsia il 25 agosto 1726).

Il Concilio di Trento (1545-1563), superando ogni dualismo, ha riproposto la pienezza del dogma cattolico dell’incarnazione di cui Rubens è l’artista più rappresentativo: Cristo è vero uomo e vero Dio. Così Rubens e Bach, ciascuno nel suo ambito, cattolico o protestante il secondo, si rivelano entrambi uomini di profonda ispirazione religiosa che esprimono, attraverso l’arte, la forza della fede. Rubens lavorò per la committenza cattolica, soprattutto a Roma e Madrid; e Bach fu maestro di cappella, organista e clavicembalista alle corti di Germania e Prussia. In questa loro vocazione sono stati entrambi grandissimi, realizzando opere che attraverso il linguaggio universale dell’arte e della bellezza hanno parlato e ancora parlano a tutti.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 20 marzo 2013 - Commenti (0)
12
mar

Haydn: la Creazione

Poche pagine nella storia della musica esercitano un fascino così profondo come La Creazione di Haydn: per la sua ricchezza musicale, ma anche per il soggetto suggestivo ed ambizioso che segue il racconto biblico sin dai primi passi. Quasi inquietante, misterioso, è l’accordo iniziale: l’Inizio di Tutto.

Del resto Haydn, uomo totalmente diverso per modi ed atteggiamento dal modello di artista romantico tutto genio e sregolatezza, è universalmente riconosciuto come il “papà” del sinfonismo e della musica moderna (fu venerato da Beethoven): e la sua musica è un punto fermo, un modello non discusso. L’idea di un oratorio da lasciare ai posteri venne ad Haydn durante i suoi viaggi in Inghilterra, dove Haendel spopolava. 2 anni gli furono necessari per completare la partitura: ed alla fine lo sfinimento lo portò ad ammalarsi. Ma il successo fu grandioso: alla “prima” pubblica vennero impiegati ben 120 strumentisti e 60 cantanti. Il tempo non ha mai spento l’entusiasmo del pubblico. Il coro, impiegato in una serie di monumentali passaggi, fu ed è ancora uno dei motivi di tanto apprezzamento.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 12 marzo 2013 - Commenti (0)
12
mar

E Dio disse: sia la luce!

Gaetano Previati, (1852-1920) Creazione della luce Roma Galleria Nazionale d'Arte Moderna

Gaetano Previati, (1852-1920) Creazione della luce Roma Galleria Nazionale d'Arte Moderna

Nell’ouverture dell’oratorio La Creazione composto da F. J. Haydn tra i 1796 e il 1798 la musica descrive il buio del caos originario da cui la mano di Dio trae ordine e forma, dando inizio alla danza del tempo e delle stagioni. Un accordo in Do maggiore – l’accordo più positivo e pieno di tutta l’armonia – accompagna la voce solita e il coro che cantano: «E Dio disse: sia la luce!». Con la luce inizia la storia del mondo che Haydn scandisce, secondo il testo biblico, in ampie sezioni sinfoniche che suggeriscono i suoni della natura, il soffio del vento, l’esplodere della folgore e del tuono, il tamburellare della grandine e il silenzio della neve che scende dal cielo. Il compositore viennese si allontana così dai temi strettamente religiosi propri di un oratorio, introducendo quel senso di mistero di fronte alla natura che sarà caratteristico del movimento romantico europeo. Nella seconda metà dell’Ottocento il pittore ferrarese Gaetano Previati (1852-1920) coglie con la sua Creazione della luce lo stesso momento magico e primordiale descritto da Haydn nel suo oratorio, mostrandoci come la musica e la pittura siano davvero linguaggi universali che parlano del mondo e di Dio.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 12 marzo 2013 - Commenti (0)
06
mar

Schubert e la sua Messa che non ascoltò mai

Pochi autori hanno vissuto tanto intensamente la loro vocazione musicale come Franz Schubert. La ricchezza della sua produzione è tale che non può che lasciarci attoniti l’età della sua morte: 31 anni. La stessa Messa in mi bemolle maggiore venne eseguita in sua assenza il 15 novembre 1828, 4 giorni prima del suo addio alla vita e della sua sepoltura a fianco del sommo Beethoven che aveva tanto ammirato. Molti impararono ad amare i suoi capolavori dopo la sua scomparsa: ed ad abbandonarsi ad una vena melodica ed ad una poesia che ha pochi paragoni nella storia della musica. L’ Et incarnatus est dal Credo ci fa partecipi della prodigiosa ispirazione di Schubert sin dalle prime battute.

Ma un'altra caratteristica ci colpisce all’ascolto della Messa, per comporre la quale Schubert ha messo mano all’Ordinarium Missae lasciandone però inalterate le sezioni: il suo respiro sinfonico, e la robustezza della struttura orchestrale e corale. L’intimità dell’ispirazione che si concilia alle complessità della costruzione.

Giorgio Vitali

Pubblicato il 06 marzo 2013 - Commenti (0)
06
mar

Leopardi e Schubert: i due viandanti


David Caspar Friedrich (1774-1840) Due uomini contemplano la luna, 1830 ca.
New York, Metropolitan Museum of Art

Per il carattere incline alla malinconia, il fisico sgraziato, e soprattutto per l’indole romantica portata alla riflessione potremmo paragonare il musicista romantico Franz Schubert, (1797-1828) a uno dei più grandi poeti italiani del primo Ottocento: Giacomo Leopardi nato un anno prima di Schubert. Entrambi sviluppano un carattere incline all’introspezione, all’intimismo;  e soffrono entrambi di depressione, anche a causa della scarsa salute. Li accomuna una morte prematura: Schubert muore a 31 anni, nel 1828, e Leopardi a 39 anni nel 1837. L’icona, del viandante accomuna il senso della loro vita: Schubert compone il leader Der Wanderer, (Il viandante, nel 1816 e poi nel 1922 in Fantasie per pianoforte) e Leopardi il suo Canto di un Pastore errante dell’Asia nel 1829-1830. Leopardi e Schubert appaiono così viaggiatori solitari della geografia dello spirito umano in un mondo che, dopo il congresso di Vienna, vive il clima politico e sociale della Restaurazione e vede i migliori poeti e artisti ripiegarsi su di sé per affrontare le profondità dell’io. Lontananza, condanna, senso di impotenza e il tema ricorrente della morte costituiscono i tratti dell’estetica romantica. Il nulla incombe e la fede cristiana sembra non bastare più. Leopardi da ateo, però, compone versi di un’estrema, profondissima domanda di senso che nasconde in sé una religiosità. E Schubert compone nel 1828, pochi mesi prima della sua morte, la sua quinta messa staccandosi dalle forme tradizionali cattoliche. La prima esecuzione della Messa n. 6 si tenne il 15 novembre 1828, nella Pfarrkirche Maria Trost a Vienna. Schubert non vi presenziò in quanto si era già ammalato di quella febbre tifoide che lo avrebbe condotto alla tomba solo quattro giorno dopo la rappresentazione.       

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 06 marzo 2013 - Commenti (0)
26
feb

Verdi, requiem scritto da un genio del teatro

Verdi era un uomo credente o ateo? Il Requiem è musica sacra o musica “teatrale”? Sono tanti gli interrogativi che accompagnano la lunga storia di un capolavoro, concepito nella sua prima stesura in memoria di Gioachino Rossini e poi completato per la morte di Alessandro Manzoni. Eppure è facile, ascoltandola, capire che Giuseppe Verdi nella sua Messa da Requiem cerca il divino. Gli pone domande. E si pone di fronte al mistero della morte. Come nel famosissimo incipit del Dies Irae:

E’ musica scritta da un genio del teatro, che abbandona il melodramma, ma non la bellezza del canto. Puntiglioso come pochi altri compositori della Storia, egli sottolineò questi aspetti nelle molte lettere che accompagnarono la difficile gestazione della Messa: fino alla prima nella chiesa di S. Marco, concessa benché la partitura prevedesse due donne soliste. Il Requiem di Verdi –vero banco di prova per i grandi interpreti - annovera molte esecuzioni leggendarie. Opera sconvolgente e piena di interrogativi, inquietante e poeticissima, come dimostra la sublime melodia dell’Offertorio che qui ascoltiamo dalla voce di Beniamo Gigli, con la direzione del grande Tullio Serafin.


Giorgio Vitali

Pubblicato il 26 febbraio 2013 - Commenti (0)
26
feb

Manzoni, Verdi e Hayez nella Milano dell’800


Francesco Hayez, Crocifisso con la Maddalena, 1825-1827, Milano, Museo Diocesano
Amburgo, Hamburger Kunsthalle

Verdi, Milano, Manzoni. Questi tre nomi hanno in comune una contemporaneità geografica e culturale: siamo nel capoluogo lombardo, nel clima artistico e sociale del Risorgimento. Nel 1848 con le sue gloriose cinque giornate Milano si liberava dal giogo austriaco. Qualche anno dopo, e siamo nel 1873, a Milano moriva Alessandro Manzoni,il grande romanziere che nei Promessi Sposi aveva coniugato gli ideali risorgimentali ai valori cristiani. Per celebrare l’anniversario della sua morte Giuseppe Verdi (1813-1901) compone e fa eseguire nella chiesa milanese di san Marco la Messa da requiem (22 maggio del 1874). Il grande compositore, nativo di Busseto, aveva già composto il Nabucco e la famosa trilogia nazional-popolare: Rigoletto, Trovatore e Traviata. 

 

Per gli ideali risorgimentali Verdi rappresentava nella musica quel mondo che Manzoni esprimeva in letteratura. Accanto a loro, a completare il terzetto nazional-popolare, Francesco  Hayez che in pittura rappresentò quegli ideali che segnarono l’immaginario collettivo del nostro Ottocento. Sullo sfondo la città di Milano con il conservatorio Giuseppe Verdi, il teatro Manzoni e l’Accademia di Brera dove Hayez insegnò per mezzo secolo, dal 1822 al 1879. Suo è il celebre ritratto di Manzoni dipinto nel 1841 e che si trova a Brera. Sempre nella pinacoteca milanese è conservato il celebratissimo Bacio di Hayez (1859) icona dell’amore romantico e passionale.

 

Tornando alla Messa da Requiem di Verdi i critici notano che sull’elemento religioso prevalgono sentimenti terreni come il dolore, il terrore, l’angoscia, la speranza e l’attesa del giudizio. In parallelo Francesco Hayez, affrontando un tema religioso come Crocifisso con la Maddalena descrive la donna come un’eroina risorgimentale e romantica che langue ai piedi di un Gesù crocifisso di cui è senz’altro, segretamente, innamorata.  

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 26 febbraio 2013 - Commenti (0)
20
feb

Mozart: la Messa dell'Incoronazione

Molti capolavori della storia della musica non trovano spiegazioni storiche certe sulla loro genesi. Ed ancora più misteriosi sono i titoli a loro attribuiti. L’”Incoronazione” a cui fa riferimento una delle più famose ed amate Messe di Mozart per esempio potrebbe essere riferita non all’ascesa al trono di un sovrano, ma alla consacrazione di un’immagine della Vergine. Ma quel che rimane essenziale per noi che ne ammiriamo la bellezza melodica e che rimaniamo rapiti dalla profondità dell’ispirazione è un altro aspetto: molto evidente in questo straordinario frammento

La Messa di Mozart è pensata e scritta per conquistare il cuore, l’attenzione, l’ammirazione del pubblico. Con un termine che non ha nulla di negativo, potremmo dire che è “popolare”. E questo capolavoro, eseguitissimo fino ai nostri giorni, coronò anche un sogno del grande direttore Herbert von Karajan: lo volle infatti dirigere in San Pietro, durante la celebrazione eucaristica del Papa. Accadde nel 1985, con Giovanni Paolo II.
E l’emozione fu grande ed è ancora percepibile in questo video di quella storica esecuzione:

 

Giorgio Vitali

Pubblicato il 20 febbraio 2013 - Commenti (0)
20
feb

Una messa dedicata all’icona della Madonna

L'icona della Vergine.
L'icona della Vergine.

La prima della Messa in do maggiore cosiddetta “dell’Incoronazione,  composta dal ventitreenne Wolfang Amadeus Mozart fu eseguita il 20 giugno 1779 nel Santuario di Maria Plain. Il posto suggestivo situato a Bergheim su una collina a 4 chilometri dalla città offre uno splendido panorama su Salisburgo e le Alpi austriache.

Il santuario, nominato basilica minore nel 1951, è meta di pellegrinaggi da tutta l’Austria e di passeggiate fuori porta da parte dei salisburghesi. L’occasione per comporre questa Messa fu l’anniversario dell’Incoronazione (1751) dell’icona della Vergine qui conservata e ritenuta miracolosa per aver salvato la città durante la Guerra di Successione nel 1744.

Nel dettato musicale Mozart si allontana di canoni della Messa barocca e utilizza un linguaggio più popolare, anticipando addirittura alcuni passaggi poi sviluppati qualche anno dopo nel Flauto magico (1791).  Nel 1781, insofferente al ristretto clima cultura salisburghese, Mozart si trasferirà a Vienna dove morirà prematuramente nel dicembre del 1791.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 20 febbraio 2013 - Commenti (0)
13
feb

Vivaldi, musica per gli ultimi di Venezia

Gli Ospedali della Venezia del XVIII secolo offrivano la loro ospitalità ad orfani, bambini abbandonati e poveri. L’attività musicale che vi si svolgeva era intensissima. Ed Antonio Vivaldi fu chiamato dal Pio Ospedale della Pietà fra il 1713 ed il 1719 ad offrire un contributo, rimasto decisivo nella storia della musica.
Le giovani ospiti degli ospedali erano oggetto di ammirazione e di un passaparola che richiamava addirittura visitatori forestieri. Il cronista Charles de Brosses così ne parlò: “La musica eccezionale è quella degli Ospedali dove le “putte” cantano come gli angeli e suonano il violino, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto”. Ecco una ricostruzione di quelle atmosfere, con l’esecuzione di una delle pagine del cd:

Il contesto che ne ha propiziato la composizione fa comprendere la dimensione intima e poco mondana della straordinaria musica sacra di Vivaldi. Che è stata riscoperta solo nel secolo XIX: con la sua poesia, ma anche con una carica spirituale che fa prorompere il canto.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 13 febbraio 2013 - Commenti (0)

Autore del blog

Classica divina

Famiglia Cristiana, in collaborazione con Il Sole 24 Ore, presenta

CLASSICA DIVINA

CAPOLAVORI DELLA MUSICA SACRA

Una collezione ricercata ed elegante per appassionati di musica classica, amanti del genere e ricercatori della spiritualità nelle espressioni musicali.
Un percorso che offre il meglio della produzione classica: grandi compositori, celebri direttori di orchestra, da Carlo Maria Giulini a Paul Mccreesh, da Leonard Bernstein a Sir Georg Solti, in registrazioni digitali di altissima qualità audio, garantita da marchi come Deutsche Grammophon e Universal.
Ogni CD è accompagnato da un ricco libretto di guida all'ascolto, con una biografia del compositore, elementi storici, e il profilo degli interpreti.

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