27
mar
Domenico Theotokopulos, detto El Greco (1541-1614)
Cristo crocifisso fra due donatori, Parigi, Louvre (immagine Scala)
«Era tradizione eseguire, nella cattedrale di Cadice, durante il periodo quaresimale, un oratorio. I muri, le finestre e le colonne della chiesa venivano coperte di drappi neri e solo un grande
lampadario centrale illuminava il buio più profondo. A mezzogiorno tutte le porte venivano chiuse e la musica prendeva inizio. Dopo un preludio appropriato, il vescovo saliva all’ambone e pronunciava una delle sette parole, commentandola. Al termine del sermone scendeva
dalla sede e raggiungeva l’altare, prostrandosi dinanzi al crocifisso. La musica veniva suonata successivamente – in queste pause – e così via per tutte le sette parole. La mia composizione si innesta conformemente in questa pratica».
Così lo stesso Franz Joseph Haydn – compositore austriaco nato a Rohrau nel 1732 e morto a Vienna nel 1089 mentre la città era assediata dalle truppe napoleoniche – presentò la struttura del suo oratorio più famoso, Le ultime sette parole del nostro redentore in croce, eseguito per la prima volta nel 1786. L’opera, scritta per essere eseguita nella Settimana santa, riprende sette brani del Vangelo cui corrispondono le prime note dell’attacco delle rispettive sonate: 1. Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. 2. In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso. 3. Donna, ecco il tuo figlio! Ecco la tua madre!. 4. Dio mio, dio mio, perché mi hai abbandonato?. 5. Ho sete. 6. Tutto è compiuto!. 7. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.
La corrispondenza testo-musica accende nello spirito umano sentimenti di viva partecipazione alla Passione di Cristo, come lo stesso Haydin sottolineò: «Ciascun frammento di testo ha ricevuto nella musica strumentale un trattamento tale da commuovere anche l‘ascoltatore più inesperto nelle profondità della sua anima». Nella stessa misura il pittore cretese El Greco (1541-1614, che lavorò nella Spagna del Seicento, ci offre questa contemplazione di Cristo crocifisso tra due donatori che, partecipando alle sofferenze del Redentore, ci spingono a fare altrettanto.
Alfredo Tradigo
Pubblicato il
27 marzo 2013 - Commenti
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26
mar
Se noi fossimo chiamati a raccontare la storia della musica secondo la logica del nostro tempo potremmo dire che Le Ultime Sette Parole di Cristo Sulla Croce di Haydn sono uno dei più grandi successi di ogni tempo. Un successo che ha spinto il sommo autore ad approntare diverse versioni del suo capolavoro, anche per musicisti dilettanti. Ma la definizione farebbe passare in secondo piano la dimensione più intima, riuscita, coinvolgente della partitura del sommo Haydn: l’ispirazione religiosa. Perché poche altre pagine sono nate per essere non ascoltate ma “vissute” dai fedeli come Le Ultime Sette Parole di Cristo Sulla Croce. La musica, sempre profonda e drammatica, è infatti una meditazione che si intercala alla lettura (effettuata dal sacerdote) delle frasi pronunciate dal Cristo sulla Croce. Non è “spettacolo”, non è “concerto”: ma è silenzio, preghiera, contemplazione. Che la storia della musica ha poi di prepotenza inserito nel più eseguito repertorio, grazie ad un valore musicale che si mantiene altissimo dalla prima all’ultima battuta.
Dall’Introduzione:
allo sconvolgente “Terremoto” finale, metafora dell’uomo rimasto solo per la morte del Cristo.
Giorgio Vitali
Pubblicato il
26 marzo 2013 - Commenti
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12
mar
Poche pagine nella storia della musica esercitano un fascino così profondo come La Creazione di Haydn: per la sua ricchezza musicale, ma anche per il soggetto suggestivo ed ambizioso che segue il racconto biblico sin dai primi passi. Quasi inquietante, misterioso, è l’accordo iniziale: l’Inizio di Tutto.
Del resto Haydn, uomo totalmente diverso per modi ed atteggiamento dal modello di artista romantico tutto genio e sregolatezza, è universalmente riconosciuto come il “papà” del sinfonismo e della musica moderna (fu venerato da Beethoven): e la sua musica è un punto fermo, un modello non discusso. L’idea di un oratorio da lasciare ai posteri venne ad Haydn durante i suoi viaggi in Inghilterra, dove Haendel spopolava. 2 anni gli furono necessari per completare la partitura: ed alla fine lo sfinimento lo portò ad ammalarsi. Ma il successo fu grandioso: alla “prima” pubblica vennero impiegati ben 120 strumentisti e 60 cantanti. Il tempo non ha mai spento l’entusiasmo del pubblico. Il coro, impiegato in una serie di monumentali passaggi, fu ed è ancora uno dei motivi di tanto apprezzamento.
Giorgio Vitali
Pubblicato il
12 marzo 2013 - Commenti
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