24
apr

Rossini e il suo Stabat Mater

In questo percorso fra i capolavori della musica sacra si è già detto che l’ispirazione e la motivazione che hanno spinto i grandi compositori a concepire le loro opere divergono da un caso all’altro. Ma, come sostiene un autore d’oggi, Gianvincenzo Cresta, “ scrivere per il sacro significa comunque comunicare con il Divino attraverso la musica”. Gioachino Rossini è molto riluttante nell’affrontare la composizione di uno Stabat Mater, consapevole dell’inarrivabilità del precedente capolavoro di Pergolesi. In circostanze curiose (un prelato spagnolo desiderava possedere un suo autografo) il Pesarese inizia però la stesura di una pagina la cui teatralità è adattissima ai grandi interpreti delle sue opere liriche, come mostra questo video:

Dopo varie vicissitudini Rossini completa la stesura dell’opera (rimasta a lungo incompiuta) e la fa eseguire prima a Parigi e poi a Bologna (con la direzione di Donizetti). E’ un grande successo, per una versione dello Stabat volutamente non mistica. Ma intensa dal punto di vista dell’ispirazione, dell’inventiva e della struttura armonica. Nella quale lo spirito religioso, come è giusto che sia, non si maschera, ma riflette la natura ed il genio dell’Autore.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 24 aprile 2013 - Commenti (0)
23
apr

Rossini e Delacroix cantano il dolore di Maria

Eugene Delacroix, La Pietà, 1850 olio su tela Oslo, Nasjonalgalleriet

Irresistibile compositore di opere come Il Barbiere Di Siviglia (1816) e il Guglielmo Tell (1829), Gioacchino Rossini (Pesaro, 1792 - Parigi, 1868) visse la maggior parte della sua vita a Parigi e scrisse nel 1832 uno Stabat Mater che fu accolto con un entusiasmo incredibile.
La prima esecuzione pubblica ha luogo a Parigi nel 1842. «Il nome di Rossini è stato gridato tra gli applausi. L’intera opera ha trasportato il pubblico. Il trionfo era completo. Si sono dovuti ripetere tre numeri… e il pubblico ha lasciato il teatro commosso e colto da un’ammirazione che presto ha conquistato tutta Parigi». L’opera riscuote un successo straordinario.
La prima italiana avviene il 4 marzo 1842 nella Chiesa di Sant’Antonio a Milano, seguita dall’esecuzione in forma privata a Firenze, il 14 marzo, in casa MacDonald. A Bologna, nella grande sala dell’Archiginnasio, le sere del 18, 19 e 20 marzo 1842, l’opera viene eseguita in forma pubblica. Rossini contribuisce personalmente all’allestimento e, come direttore dell’orchestra, viene chiamato Gaetano Donizetti.

A Rossini, compositore romantico intriso di ideali patriottici e risorgimentali, possiamo accostare un pittore come Eugene Delacroix, anch’egli acceso di sentimenti patriottici e rivoluzionari. Entrambi si interessano alla storia, al mito, al racconto popolare. Nonostante la laicità di entrambi quando si occupano del sacro Rossini e Delacroix – che vivono entrambi nel clima culturale della Parigi della prima metà dell’Ottocento – lo fanno con risultati sorprendenti. Delacroix è autore di una vibrante Pietà che possiamo accostare per forza e sentimento del colore alle note dello Stabat Mater del geniale musicista pesarese.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 23 aprile 2013 - Commenti (0)
18
apr

Fauré, un requiem che sa di poesia e serenità

Poesia. E’ la definizione che più si avvicina allo spirito, alla purezza, al respiro del Requiem di Gabriel Fauré. Scritto per “le esequie di un parrocchiano qualunque” (che in realtà erano i solenni funerali di Joseph-Michel Le Soufaché, celebre architetto), il Requiem ci regala una straordinaria visione della morte. Delicatissima:  “come una lieta liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà e non un doloroso trapasso” per usare le parole del grande Autore, certamente influenzate dalla scomparsa di entrambi i genitori avvenuta nel periodo della composizione. Una visione cullata dalla melodia sublime di un Sanctus che sembra cantato dagli angeli:

Del resto l’eliminazione di un episodio così drammatico come il Dies Irae appare una scelta significativa. Fauré mostra insomma una grande “fiducia nel riposo eterno”.  E ci trasmette una serenità che non è un puro piacere d’ascolto, ma un vero abbandono allo scorrere della bellezza. Non per nulla egli recupera per il suo Requiem dall’antica tradizione l’In paradisum finale. Regalando a molti cori (come il Winchester Cathedral Choir di questo filmato) la gioia di poter intonare un capolavoro:





Giorgio Vitali

Pubblicato il 18 aprile 2013 - Commenti (0)
16
apr

Un requiem che è quasi una ninna nanna

Danza funebre. Ruvo, Puglia affresco tombale etrusco. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (Scala).

Una concezione serena della morte affiora dal Requiem del compositore francese Gabriel Faurè 1845 - 1924) scritto già nel 1887 ma la cui versione completa  fu eseguita il 12 luglio 1900 all’Esposizione Mondiale di Parigi riscuotendo un immediato successo. Ecco le considerazioni dello stesso Faurè: «Ho scritto il mio Requiem senza motivo, per il piacere di farlo, se così posso dire. È stato eseguito alla Madeleine per le esequie di un parrocchiano qualunque. Si è detto che quest’opera non esprime il terrore della morte; qualcuno l’ha chiamata una berceuse funebre. Eppure è così che io sento la morte: come una lieta liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà e non un doloroso trapasso.  Può darsi che io abbia tentato di uscire dalle convenzioni, dopo tutti gli anni in cui ho accompagnato all’organo le funzioni funebri. Ho voluto fare un’altra cosa».

 

Le parole di Faurè sembrano quelle di un saggio pensatore che vede la morte come sonno e oppone a una visione lugubre del trapasso finale la speranza cristiana della Vita dopo la vita. Eterna naturalmente come eterna è la musica. E che fa pensare, ascoltandola, che la musica di grandi autori come Fauré sia la colonna sonora ideale per ben vivere e ben camminare verso quella vita eterna che la genialità dei musicisti anticipa già per noi oggi qui sulla terra. Ascoltiamoli.      

 

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 16 aprile 2013 - Commenti (0)
11
apr

Berlioz, la musica intima che stupisce

Una collana dedicata alla grande musica di ispirazione sacra non può che comprendere “voci” ed ispirazioni molti diverse fra di loro. Da un autore fantasmagorico come Hector Berlioz ad esempio è difficile immaginarsi una musica intima, che stimoli la riflessione ed il silenzio. Eppure Berlioz ha scritto pagine sacre straordinarie!
Certo, già dal titolo la sua Messe Solennelle induce a pensare a quelle architetture sinfoniche, piene di colori, colpi di scena, melodie, effetti che hanno fatto di Berlioz l’incarnazione del Romanticismo. E l’ascolto di uno degli episodi chiave non fa che confermare questo pensiero:


Scritta a 20 anni, eseguita da allievi del Conservatorio, apprezzata dagli insegnanti e da chi la ascoltò, la Messa andò poi perduta. Solo in anni recenti la partitura è stata ritrovata: ed in Italia è stato Riccardo Muti a farla di nuovo rivivere. Dopo di lui, molti interpreti hanno compreso e valorizzato una pagina di straordinaria suggestione. Nella quale non mancano affatto momenti di pura poesia:




Giorgio Vitali

Pubblicato il 11 aprile 2013 - Commenti (0)
10
apr

La Montmartre di Berlioz e Utrillo

Maurice Utrillo (1883-1955) La casa di Berlioz. Parigi, Orangerie.

“Salta fuori dalle casse di legno di quercia nella cantoria della chiesa di San Carlo Borromeo ad Anversa, in Belgio. un voluminoso spartito musicale, circa quattrocento pagine vergate da Hector Berlioz”. Così nel novembre del 1992 il Corriere della Sera dava la notizia del ritrovamento del prezioso manoscritto della Messa solenne che il compositore francese, nato a Côte-Saint-André l’ 11 dicembre del 1803, aveva scritto all’età di ventidue anni.

La Messa è stata eseguita ai nostri giorni, dopo un silenzio di due secoli, nelle due chiese parigine dove fu diretta per la prima volta nel 1825 e per la seconda volta nel 1827 dallo stesso Berlioz che così ricorda l’esecuzione: «Fui colto da un tremore compulsivo che cercai di tenere sotto controllo sino alla fine del movimento, benché poi fui costretto a sedermi e a lasciar riposare l’orchestra per un po’. Non sarei potuto rimanere ancora in piedi e avevo paura che la bacchetta potesse scivolarmi di mano». Dopo un brillante carriera di compositore ma soprattutto di direzione d’orchestra Berlioz muore a Parigi l’8 marzo del 1869 e viene sepolto nel cimitero di Montmartre. 



Qualche decennio dopo, siamo nel 1883, nasce a Parigi, nel quartiere di Montmartre uno degli artisti maledetti, Maurice Utrillo. La madre è una ragazza diciottenne che faceva da modella agli artisti e il giovane Maurice cresce senza padre in un ambiente difficile, è dedito all’alcool e soffre di disturbi psichici. Tuttavia si afferma fino a ricevere la Legione d’onore. Utrillo riprende e interpreta la casa dove Berlioz viveva a Parigi vicino al Sacre Coeur. La semplicità e la povertà dell’abitazione ci dicono della condizione di vita del musicista che all’iniziò della sua carriera rinunciò a studiare medicina per andare al Conservatorio e che per mantenersi faceva il corista. Anche Utrillo come Berlioz fu sepolto nel cimitero di Montmartre.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 10 aprile 2013 - Commenti (0)
03
apr

Chi semina nelle lacrime raccoglie con gioia

Rouault, Georges (1871-1958) Notturno autunnale (Siae 2013)

In questa feria pasquale la vicenda dei discepoli di Emmaus sembra così vicina a noi e al nostro destino: abbiamo visto Gesù risorto con gli occhi della fede nella notte di Pasqua… ma poi lo abbiamo perso e ce ne andiamo tristi verso i fatti nostri… senza accorgerci che ci cammina accanto. Alla sera lo ritroviamo a tavola, a mangiare con noi. Ed ecco la gioia! Quella gioia che il nostro cuore non può contenere. Il Requiem tedesco composto da Brahms tra il 1865, anno della morte della madre, e il 1866, anno della prima esecuzione a Vienna di questo splendido oratorio, che ottenne a Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna, 1897) il suo primo grande successo internazionale. L’opera venne poi ripresa dall’autore e completata nella sua versione definitiva del 1897 che comprende ben sette movimenti e che si conclude con le parole dell’Apocalisse: Dice lo Spirito, sì vengo presto!

 

Il grande compositore tedesco utilizzò liberamente nella sua opera brani tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento per esprimere la vanità della carne  (primo movimento: Poiché tutta la carne è come l’erba) ma soprattutto la gioia della resurrezione  ((secondo movimento: I redenti dal Signore ritorneranno e andranno verso Sion con giubilo). È infatti soprattutto la certezza che chi muore è nel Signore (terzo movimento Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio)  ad animare i Requiem tedesco. La profondità delle emozioni suscitate da Bramhs, che non si accontenta di facili sentimenti, scava nel profondo del cuore umano: l’uso della viola al posto dei violini, per esempio, concorre a comunicare un timbro caldo e intimista. Lo stesso sentimento religioso, la stessa profondità di segno ritroviamo nell’opera di un grande pittore francese, Georges Rouault (1871 –1958) che nel suo ciclo Miserere affronta lo stesso tema della vita umana come passaggio doloroso ma necessario verso la gioia; quel passaggio che si riassume nel brano del primo movimento musicato da Brahms e tratto dal salmo 125: Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni.  


Alfredo Tradigo

Pubblicato il 03 aprile 2013 - Commenti (0)
02
apr

Requem di Bramhs, musica per i vivi

Contrariamente a Le Ultime Sette Parole di Cristo Sulla Croce di Haydn che come abbiamo visto è un capolavoro pensato per i fedeli e per la funzione del Venerdì Santo, Ein deutsches Requiem (noto in Italia come Requiem tedesco) di Johannes Brahms è un capolavoro concepito per il concerto.
Una pagina straordinaria, di una forza poetica, drammatica e musicale uniche, il cui libretto è stato composto dallo stesso Brahms con molta libertà ed a partire dalla Bibbia nella versione di Martin Lutero. Basta questo episodio commovente, intensissimo per comprendere la suggestione spirituale del Requiem:

La natura filosofica del Requiem è chiara: le persone cui portare aiuto e consolazione non sono i morti, ma i vivi.
E fu la morte della madre avvenuta nel febbraio del 1865 a dare a Brahms lo stimolo a comporre il Requiem, nel quale profuse la sua sapienza sinfonica ed il suo respiro musicale meraviglioso. Per farci riflettere, ma anche per trovare pace e consolazione. Sin dalle prime battute dell'opera:



Giorgio Vitali

Pubblicato il 02 aprile 2013 - Commenti (0)

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Classica divina

Famiglia Cristiana, in collaborazione con Il Sole 24 Ore, presenta

CLASSICA DIVINA

CAPOLAVORI DELLA MUSICA SACRA

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Ogni CD è accompagnato da un ricco libretto di guida all'ascolto, con una biografia del compositore, elementi storici, e il profilo degli interpreti.

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